Capitolo 42

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Stavo uscendo dall'università, ed ero esausta, affamata, e con la testa che scoppiava. Non vedevo l'ora di tornare a casa e farmi un bel piatto di pasta.

Varcai la soglia del portone principale, e nel cortile vidi un gruppetto di ragazze esaltate.

– Oh no. – mormorai quando, dopo essermi avvicinata, vidi Marco che faceva autografi e foto con quelle ragazze.

– Che diavolo ci fai qui? – dissi scocciata.

– Emmh... mi spiace ragazze, ora devo proprio andare. È stato un piacere. – le congedò con quel suo fare gentile e quel sorriso da latin lover, quella parte di lui che metteva in scena come se fosse una recita. Io alzai gli occhi al cielo, e lui mi raggiunse.

– Sono venuto a prenderti. – disse, prendendomi per il braccio, conducendomi dove voleva lui. Io mi liberai dalla sua presa e mi fermai.

– Per andare dove? Voglio solo andare a casa, mettermi una tuta e mangiare. Mi ci mancavi solo tu oggi, guarda. – gli dissi acida, e lui incrociò le braccia al petto.

Quella mattina non era andato a lavoro evidentemente, indossava un cappotto color cammello e dei jeans neri. Sembrava riposato, ma il mio modo di fare lo stava facendo spazientire.

– Senti biondina – mi puntò il dito contro, ed io alzai un sopracciglio perché non mi piaceva per niente essere chiamata così – non avrei mai voluto venire a prenderti qui all'una del pomeriggio, ma non avevo scelta. Quando Davide Bianchi chiama, c'è poco da fare. – mi riprese il braccio di nuovo, ed io puntualmente mi ribellai al suo tocco. Ma visto che si trattava di Davide, continuai a camminare al suo fianco.

– Perché? Cosa dobbiamo fare? – gli chiesi confusa.

– Vuole che proviamo a fare uno shooting insieme. Non chiedermi altro, non mi ha detto praticamente nulla al telefono. – mi rispose con tono freddo.

– Ah. – dissi sorpresa.

– Perché se ne è uscito con questa cosa? – chiesi ancora. L'idea di lavorare con Marco dopo quel venerdì sera mi piaceva ancora di meno di quando avevo deciso di smettere di lavorarci insieme.
Dalla padella alla brace.

– Beh, forse perché è da settimane che si aspetta qualche passo in avanti da parte nostra. La gente vuole vederci insieme, e i brand ci marciano su questa cosa. – disse come se fosse ovvio. Odiavo quando assumeva quell'espressione saccente.

– Peccato che io e te facciamo solo passi indietro. – mormorai mentre salii nella sua macchina.


- Oh, eccovi qui! – esclamò Davide non appena ci vide. Era contento di vederci insieme, e non vedeva l'ora di renderci burattini nelle sue mani.

– Allora, Emma non mi guardare così, tesoro. – ridacchiò lui, ed io alzai un sopracciglio confusa.

– So che hai fame e che Marco ti ha praticamente rapita dall'università, non ti preoccupare. Mentre le ragazze ti preparano puoi mangiare quello che vuoi, ho ordinato un po' di cose. – mi fece l'occhiolino, ed io gli sorrisi riconoscente. Quando sarei diventata un medico, mi sarebbe mancato avere un capo così meraviglioso.

– Comunque... oggi ci divertiremo. Dovrete indossare dei vestiti eleganti come se doveste andare ad una festa di gala, sarete bellissimi! – batté le mani contento come un bambino. Io e il pallone gonfiato ci guardammo spaventati e poi spostammo di nuovo lo sguardo su Davide.

– Che sono quelle facce? Avanti, andate dal vostro staff! Di certo non potete farvi le foto con quei visi smorti e quei capelli che non sanno di niente. – disse, guardandoci disgustato, e con un gesto delle mani ci cacciò. Io sospirai e andai nella solita stanza.

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