Capitolo 29

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Eravamo bloccate nel traffico mentre stavamo andando da Davide. Finalmente era arrivato il giorno che Marta attendeva con ansia.

– Non posso credere che si sia presentato a casa nostra così di punto in bianco senza un motivo apparente. – disse lei scuotendo la testa incredula.

– Lo so, eppure l'ha fatto. – sbuffai, stringendo il volante.

– Non riesco a capre il perché dei suoi comportamenti, a volte. – disse Marta pensierosa.

– Io ormai non lo faccio nemmeno più. Non voglio più farmi domande su di lui, perché so che non otterrò mai risposte. – dissi nervosa, pensando alla sera prima.

– Emma... - mormorò la mia amica, come per rimproverami.

– Che c'è? Mi sono stufata di lui, e del dramma che si trascina dietro. – dissi duramente.

– Te l'ho spiegato cosa sta passando, e non oso immaginare quante pressioni abbia ora in questa nuova sede dell'azienda. Il padre si aspetta grandi cose da lui, ma allo stesso tempo gli tappa le ali perché non si fida del figlio. – Marta era seriamente triste e preoccupata per il pallone gonfiato. Lo sarei dovuta essere anche io? In teoria no.

– Lo so, ma non puoi usare questa faccenda per giustificarlo ogni volta! – esclamai battendo le mani sul volante.
Lei sobbalzò, sorpresa dalla mia reazione così violenta. Non aveva ancora capito quanto fossi arrabbiata con Marco.

– E tu invece dovresti provare a capirlo! – parlò con il mio stesso tono, credendo che avrebbe fatto la differenza. Ma niente l'avrebbe fatta. Non mi avrebbe convinta ad essere più indulgente verso una persona che era come uno tsunami.

– Capirlo?! – dissi quasi ridendo dall'esasperazione.

– Il rapporto tra me e Andrea è appeso a un filo, Marta. – dissi, rivolgendole un'occhiataccia.

– E sarebbe colpa di Marco? – chiese con un sorriso, quello che faceva quando pensava di sapere qualcosa in più di me sulle mie stesse questioni. Ma che ne poteva sapere lei? Marta era l'unica con cui Marco non combinava casini.

– Cosa stai insinuando? – le chiesi assottigliando gli occhi. Nel frattempo eravamo finalmente arrivate al palazzo e scendemmo dalla macchina.

– Che non dovresti dare la colpa a Marco per tutte le cose. Dovresti provare a guardarti dentro e a trovare la verità. – mi mise una mano sulla spalla e poi iniziò a salire le scale del pianerottolo. Io sbuffai e la seguii.

– Adesso togliti quella faccia imbronciata che mi voglio divertire, anche se questo discorso non finisce qui. – disse puntandomi il dito contro come se fosse una minaccia.



Eravamo sedute su quelle poltrone che io adoravo, e mentre le ragazze stavano finendo di prepararci, Davide ci stava spiegando quale fosse il progetto a cui stessimo prendendo parte.

– Allora, è una campagna promossa da Chanel, ed è essenzialmente per le donne. L'obiettivo è spingere le ragazze della nuova generazione ad essere più unite, a combattere l'una di fianco all'altra anziché contro. – ci spiegò lui.

Io guardai la mia amica e le sorrisi dolcemente. Lei sprizzava gioia da tutti i pori, e la sua felicità mi riempiva il cuore. Sapere che ero stata io in grado di realizzare un sogno che aveva sempre tenuto nel cassetto ed immaginato impossibile, era la cosa più appagante di quel lavoro. Non mi interessava di essere ovunque sui social, e sulla bocca di tutti. Far felice la mia compagna di vita era il più bel traguardo che potessi raggiungere.

– Noi siamo super felici di far parte di questo progetto così importante. – Marta sorrise a Davide e lui ci guardò compiaciuto.

– Voi due insieme lascerete un bel segno nei cuori della gente. Al diavolo gli uomini, o Marco. – ridacchiò il mio capo prima di andarsene nell'altra stanza.

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