Capitolo 40

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Piombai in casa facendo un frastuono che probabilmente svegliò la brutta racchia del piano di sotto. Sobbalzai quando vidi Marta sul divano nella penombra, con Spettro accucciato ai suoi piedi.

– Ciao. – dissi in modo forse troppo euforico, ma stavo cercando in tutti i modi di camuffare la bella sbronza che mi ero presa.
Erano le tre di notte, e stavo cominciando piano piano a tornare in me, ma le condizioni in cui ero non lasciavano molto spazio all'immaginazione. Cosa avrei dovuto dire a Marta? Che mi ero ubriacata con il suo amico e che poi me l'ero baciato? Forse non sarebbe stata una mossa saggia.

– Sono le tre di notte. – disse con tono piatto. Era visibilmente assonnata, e il modo in cui disse quell'affermazione mi fece venire i brividi. Mi mancava solo una sua ramanzina per completare il disastro che era stata quella serata. Mi ero divertita parecchio con Marco, non potevo negarlo, ma quello che avevo fatto era assurdo. Se avessi ucciso una persona mi sarei sentita meno in colpa.

– Sì, lo so. Come mai tu sei qui? Pensavo che restassi a dormire da Tommaso... - dissi, cercando di mettere le parole in fila nel modo giusto per non destare sospetti.

– No, domani è sabato. È il nostro giorno. Sono tornata perché così domani mattina ci saremmo potute alzare presto e andare a correre, come sempre. Ma forse tu non hai avuto la stessa idea. – disse, e inclinò la testa analizzandomi per bene. Spettro si mise sulle zampe e fece la stessa cosa. Mi sentivo sotto interrogatorio, e in quel momento non ero in grado di mettere in scena un bel teatrino, quindi probabilmente la verità sarebbe venuta a galla.

– Perché no? Domai si va a correre! – esclamai come una di quelle ragazze che sprizzavano positività e gioia da tutti i pori, a cui io non assomigliavo per niente. Marta mi guardò con il viso piegato in una smorfia che non seppi decifrare. Disgusto? Pietà? Stupore?

– Puzzi di alcol in modo assurdo. – disse tappandosi il naso con le dita. Nel frattempo anche Spettro mi ispezionò come se fosse un cane antidroga da sempre.

– Sì. – annuii e guardai per terra, assumendo l'atteggiamento del colpevole pentito.

– Posso sapere per quale motivo? – mi chiese, mettendosi a braccia conserte. Vedevo che stava lottando contro se stessa per non prendermi e ficcarmi la testa nel water.

– Mmh... - mi guardai attorno, calcolando un attimo nella mia testa i pro e i contro di dirle la verità

– No. – feci spallucce, quando arrivai alla conclusione. Raccontare a qualcuno l'oscuro segreto di quel bacio maledetto gli avrebbe attribuito ancora più importanza, io invece volevo dimenticarmi di tutto.

Non dicevano che quando ci si ubriaca dopo non si ricorda più nulla? Perché quando dimenticare sarebbe stato un bene non succedeva? Ma soprattutto... Marco se lo ricordava? Quando sembrava essersi un po' ripreso ne approfittai per convincerlo ad accompagnarmi a casa con la sua macchina, e durante tutto il tragitto eravamo rimasti in silenzio. Prima di scendere dalla sua macchina mi aveva lanciato uno sguardo pieno di cose che non riuscii ad afferrare, ma nient'altro.

– Mi stai ascoltando? O è da cinque minuti che sto parlando da sola? – Marta mi prese per la spalle, scuotendomi. Io ritornai alla realtà, e spalancai gli occhi per cercare di tenerli bene aperti.

– Ci sono. – dissi come un robot.

– Ne dubito. Comunque, ti stavo dicendo, che è meglio che tu vada a farti una bella doccia. Io rimarrò in bagno con te se dovessi svenire nella doccia, e dopo ci mettiamo a letto. Domani mattina, viste le tue condizioni, niente jogging. Ci sveglieremo a mezzogiorno e guarderemo Grey's Anatomy. Ma poi tu dovrai raccontarmi tutto. Non te la scamperai così facilmente. – mi puntò il dito contro, ma la sua voce rimase calma, e il suo programmino mi piacque molto.

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