«Eccomi capo!» morsi la mia lingua, ma stavolta essa sprigionò un sapore ferroso. Era di routine addentare la mia povera lingua dopo aver richiamato con quell'appellativo la rovina della mia vita.
Il capo mi aveva trascinato con sé non consensualmente. Mia madre e mio padre lottarono per quel bambino mingherlino dagli occhi come carbone, uscendone vinti. Assistettero al rapimento dell'unico loro figlio, strappato con ferocia dalla propria famiglia e dalla propria terra. Il capo mi costrinse a fingere che lui e la sua ciurma fossero la mia nuova casa.
Tristano sapeva bene il rancore che serbavo nei suoi confronti, ma si divertiva a torturarmi con le mie stesse bugie. Se avessi detto la verità sarei stato ammazzato senza indugio, così mi restava soccombere ai suoi ordini. Lei era viva, il mio cuore batteva per questo.
«Dopo tutta questa intimità lo chiami ancora capo, coso?» La rossa scese dalla scrivania del capitano, facendo riferimento alla mia carica come spalla destra.
«Sta' zitta Michelle!» sputai velenoso assottigliando gli occhi scuri e guardandola con astio.
Quella era la ragazza più scaltra e perfida che non avevo mai incontrato in vita mia, l'esatto opposto del sottoscritto. Per questo lei era considerata la spalla sinistra, per un tangibile sadismo di Tristano.
Veniva etichettata come una volpe, difatti ci assomigliava. La sua riccia chioma rossa non passava inosservata, così come il taglio allungato degli occhi dorati e la delicata pelle diafana. Il suo sguardo da cerbiatta e la sua bocca a forma di cuore avrebbero ammaliato chiunque, ma non tutti sapevano che veniva soprannominata volpeelle non solo per la sua fisicità, ma anche per la sua astuzia miscelata al carisma. Sapeva come portarti all'esasperazione per puro divertimento personale, era capace di sedurre e versare sangue della povera vittima sulle sue mani per puro piacere. Far soffrire gli altri era la sua specialità e godeva nel vedere le persone cercare misericordia.
«Tu!» la ragazza si avvicinò minacciosa puntando l'indice verso di me, «Non provare mai più a zittirmi, perché ti faccio fare la fin-» Ella non terminò mai quella frase per un colpo di tosse del biondo che aveva osservato la scena con sufficienza.
«Basta!» gridò per poi abbassare la voce, «I bulbi oculari vi verranno squarciati dai rapaci se non la smetterete di parlare» sibilò con un tono inquietante che mi faceva venire i brividi tutte le volte. Terrorizzava le genti con una semplice occhiata, anche senza alzare troppo la voce. «Trovatela!» sibilò con il fuoco negli occhi. Sembrava una metafora ma le sue iridi erano davvero colorate della tonalità delle fiamme tenebrose e abbaglianti, impenetrabili quanto intriganti, come nelle miglior storie immaginarie che si rispettino.
Ripugnavo quell'uomo dall'altezza disumana e lo sguardo crudele e manipolatore, la sua cicatrice su gran parte del braccio sinistro lo rendeva ancora più minaccioso.
Il capo era la causa dei miei malesseri, ma poteva condurmi a lei.
***
«Nella mia città natale siamo sempre stata gente diversa da quella che conosci» disse Achille incrociando le dita e guardandomi, «Non comuni bensì speciali. Io non ci vedevo nulla di bello a essere unico o differente dagli umani e non ho mai sopportato le mie origini. Sai perché? Eravamo incaricati di fare lavori difficili già dalla piccola età e seppur creature maestose, dovevamo lottare contro chi disprezzava la nostra forma. Persi mio fratello in uno di questi incarichi che gli era stato assegnato.»
«Mia madre non c'è più da quando ha dato alla luce mia sorella Brianna» dissi trovando stranamente interessante la finestra da cui si intravedeva la sfera bianca.
Non si considerava umano? Che aveva di tanto diverso dagli altri? Era una sorta di metafora per farmi intendere che si trattasse di un sicario?
Corrugai la fronte dubbiosa scostandomi meccanicamente dal moro, poi lo sentii parlare: «Mi hanno disprezzato e ammirato per la mia fisionomia e davo maggiore peso all'odio. Lentamente ho imparato a capire cosa fossi e che il bene che facevo mi valorizzava» disse per rasserenarmi. Sembrava stessimo parlando in codice e in un certo senso voleva farmi capire, indirettamente, che ciò che faceva non era nulla di improbo.
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I pirati di Ethis.
Fantastik[Quest'opera è in continua revisione.] Avevo avuto otto anni quando fui obbligata a lasciare la mia isola assieme a mio fratello e la mia sorellina. Quel gesto mi fece fuggire dal mio passato, ove la mia genuinità venne estirpata con un meschino ges...