Without You (The Carter Family 3)

Prologo

Da quando avevo smesso di parlare con Jason, avevo deciso di seguire il consiglio di Nathan, ed ero cambiata. Completamente. Avevo preso in mano tutta la mia vita, e l'avevo cambiata iniziando da me stessa, dal mio aspetto.
Ero partita con i capelli, prima gli avevo tagliati e fatti completamente rosa, poi con il tempo erano cresciuti nuovamente ed ero tornata al mio colore naturale, ovvero il biondo. Prima gli portavo la maggior parte del tempo mossi, lasciandoli al naturale, mentre adesso passavo la piastra ogni due per tre. Era raro che gli lasciassi al naturale.
Avevo migliorato le poche tecniche che sapevo sul trucco, avevo imparato i modi giusti per poter mettere in risalto ogni angolo del mio viso, e solo con quello ero completamente diversa. Più adulta, più bella. Non amavo il trucco pesante, e se lo creavo era solo per qualche evento importante di lavoro o qualche festa a cui venivo invitata.
Dopo il trucco ero passata ai vestiti. Avevo buttato, con l'aiuto di Nathan, tutti quelli che avevo e mi ero completamente rifatta il guardaroba nuovo. Ora i vestiti che indossavo erano più sexy, mi rendevano più donna, mentre quelli di prima erano più da ragazzina.
Nathan mi era stato accanto per tutto, sin da quando lo avevo conosciuto.
Nessuno dei due aveva mai detto niente a Jason. Nathan mi aveva cercata quando ero in Inghilterra, e incinta grossa di Madison. Gli avevo raccontato tutta la mia versione della storia, mentre lui essendo amico di Jason sapeva già quella di quest'ultimo. Era giunto alla conclusione che avevo ragione io, che non potevo sopportare tutto quello. Mi aveva ripetuto tantissime volte che anch'io ero un essere umano, che avevo dei sentimenti che non potevo reprimere o farmi distruggere dagli altri. Mi era stato accanto, per tutto quel tempo, ed era diventato il mio migliore amico, l'unica persona della quale mi fidavo.
Ero cambiata tantissimo anche nel modo di atteggiarmi, e anche nel carattere. Ero diventata più stronza e menefreghista verso l'altro. Avevo iniziato a pensare più a me stessa, e a mia figlia. Io e lei eravamo le persone più importanti.
Madison cresceva sempre di più, era una bambina molto intelligente e quando riteneva giusto riportare qualcosa lo faceva, altrimenti stava in silenzio e se lo teneva per se. Anche il suo carattere era cambiato tantissimo, ed era tornata ad essere la bambina dolce ed educata che avevo cresciuto. C'era il periodo in cui, nonostante la sua tenera età, mi andava sempre contro e non capiva che non doveva usare un determinato tono di voce, o determinate parole, con me. Aveva poi capito il rapporto che c'era tra me e Nathan, e adesso stravedeva per lui. Voleva che andasse a prenderla a scuola, se poteva, che le insegnasse tutte le cose che avrebbe dovuto insegnarle Jason. Nathan accettava ogni singola cosa, perché non voleva che le mancasse niente, ma aveva sempre messo in chiaro a Madison che lui non avrebbe mai preso il posto del padre, che Jason aveva un motivo valido se non veniva a trovarci, e che non doveva mai andargli contro.
Io non parlavo più con Jason, ma ogni giorno chiamava lo stesso per parlare con Madison, e l'importante era che avesse un rapporto con la bambina, nonostante la distanza.

Una mattina avevano bussato alla porta di casa, ed era andato ad aprire Nathan, chiamandomi per andare a firmare perché era un pacchettino per me. Dopo aver firmato avevo aperto la scatola dorata e dentro ci trovai una rosa rossa, bellissima, con un bigliettino sopra che riportava alcune parole della canzone Roses, di Shawn Mendes.

"Non sto cercando di accendere un fuoco con questa fiamma
Ma ho bisogno di sapere
La lascerai morire o la lascerai crescere?"

Non gli avevo mai riposto, ma avevo tenuto la rosa in un vaso, prendendomene cura il più possibile finché poi, ovviamente, morì.

Infine, mia madre era andata via lasciando tutta la casa per me e Madison, e ora anche per Nathan dato che si era trasferito qui per aiutarmi. Lei aveva conosciuto una persona che la rendeva felice, ed era andava a vivere con lui. Ero felice per lei, perché l'avevo vista soffrire per molte persone, e un po' di felicità e tranquillità se la meritava.