Capitolo 2.

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Sono passate solo tre ore da quando ho cacciato Dylan, e già mi sento un idiota. Ne ho parlato con Lexi, un'amica fidata che ho conosciuto quasi un anno fa; anche lei mi ha detto che sono stato troppo avventato e che non sempre rivedrsi con l'ex equivale a tradire.

Ho deciso di andare da lui, voglio scusarmi e chiedergli di tornare a casa.

Salgo in auto e vado nell'unico posto in cui sono sicuro di trovarlo, il Monroe.
Il Monroe è una caffetteria poco distante da questa città, ci va ogni volta che litighiamo.

Dopo circa venti minuti di tragitto sono arrivato. Scendo e vado verso l'ingresso, ma la vista oltre la vetrata mi fa cambiare idea. Mi apposto dietro ad un muro e cerco di capire se ho visto bene.

Ho visto benissimo.

Entro nella caffetteria visibilmente incazzato, e vado a passo svelto verso il tavolo in cui sono seduti Dylan e Devon, il suo ex.

Non appena mi vede, Dylan si alza di scatto e cerca di farfugliare spiegazioni:
- Jonathan non è successo niente -
- Niente? Cazzo lo stavi baciando! -
- Ascoltami -
- No, ascoltami tu. Tu adesso vai a casa a prendere le tue cose e poi sparisci per sempre! -
- Jo, ci guardano tutti -
- Mi hai sentito!? -
- Jonathan, aspetta. Scusami -
- Cazzo ma perché!? Perché!? -
- Jo -
- Zitto. Fai quello che ho chiesto -

Esco dal locale e monto in auto.
Con le guance piene di lacrime, passo dalla mia vecchia casa per prendere le chiavi di quella al mare; lascio sul tavolo un biglietto, nulla di più.
Mi rimetto alla guida e parto verso la mia meta, cercando di non pensare che la mia vita si sta praticamente sgretolando.
Dio, avrei davvero dovuto sposare Colette, sarei stato più felice ed avrei avuto mia figlia accanto sempre.

RESTA IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora