Capitolo 14.

2.7K 157 51
                                    

...la cartella contiene decine e decine ti fax non inviati, tutto indirizzati a me!

In quei fax Dylan ha scritto tutto quello che non mi ha mai detto: parole d'amore, sincere, quasi imbarazzate; negli ultimi ci sono anche messaggi di preoccupazione, ansia di perdermi e rimorso. Righe e righe di descrizioni di giornate per lui perfette, progetti dettagliati del nostro futuro insieme.
Ognuna di quelle lettere ha una data, vanno dal mese in cui ci siamo reincontrati, ormai più di un anno fa, fino a ieri!

Non trovo le parole.
Se non mi avesse davvero amato non avrebbe mai scritto quelle cose.
Per tutto questo tempo ho creduto che Dy non dicesse mai niente di carino perché non è il tipo, quando in realtà tutto quello ch avrei sempre voluto sentirmi dire era racchiuso in questa stupida cartella nascosta.
Mi sento terribilmente in colpa, ho creduto a quell'egocentrico e psicopatico di Davon invece di credere all'unica persona che forse mi abbia mai davvero amato.

Ciò che è sicuro è che io l'ho amato tanto e lo amo ancora.

Raccolgo le mie cose e mi precipito di nuovo in auto per poter correre da Dylan e giurargli che qualunque cosa accada io per lui ci sarò fin quando lo vorrà.

Spingo il piede sull'acceleratore ma qualcosa non va. Cavolo! Ho finito la benzina, sono a terra.
Questa è l'ultima cosa al mondo che ci voleva.

Prendo il cellulare e cerco di chiamare Dy ma dove sono ora c'è zero campo.

Devo inventarmi qualcosa, presto Dylan tornerà a casa e scoprirà che non ci sono e sicuramente Davon, se non l'ha già trovato, cercherà un modo per fargli sapere di quello che è successo.
Non posso permettermi di far vacillare la fiducia che ha ancora di me un'altra volta.

Sta iniziando a fare buio e io non posso assolutamente restare qua.

Per quanto questa decisione possa sembrare sbagliata, corro fino al bungalow di Abel, il ragazzo che ho baciato prima di riconciliarmi con Dy.
In realtà per me lui si è rivelato un amico, e mi ha dato buoni consigli quando ero in crisi, per cui so che posso contare sul suo aiuto.

Appena arrivo di fronte al bungalow busso insistentemente alla porta.

Dopo poco la porta si apre e sulla soglia compare Abel, con una faccia comprensibilmente confusa.

- Abel, devi aiutarmi.
- Ciao anche a te, che ci fai qui? Litigato ancora con il fidanzato?
- Si se non mi farai un favore.
- Quale favore?
- Devi prestarmi il tuo cellulare.
- Ma che scherzi, Jo? Dovrei aiutarti per le tue idiozie dopo che mi hai piantato in asso?

In effetti mi sono davvero comportato male con lui, forse l'ho solo usato per cercare di dimenticare Dylan, per questo so che gli sto chiedendo molto.

- Ti prego, Abel. Ne va della mia intera esistenza.
- Addirittura?
- Fallo per me, giuro che se me lo presterai per due minuti non mi rivedrai mai più e ti lascerò in pace per sempre.

Mi scruta qualche secondo.
- E va bene. Mi devi un favore, Jonathan.

Lo ringrazio e compongo subito il numero, per poi avviare la chiamata. Non vedo l'ora di tornare da lui.

- Dylan, sono Jo.

Non faccio in tempo a dire altro che subito Dy parte a parlare.

- Jonathan, Davon mi ha detto tutto. Dimmi che non gli hai creduto! Non dirmi che te ne sei andato un'altra volta, non lo sopporterei.
- Credo a te, Dylan. Sono alla casa al mare, non vedo l'ora di vederti ma la mia auto è a terra.
- Aspetta, monto in moto e arrivo.

È passata più di un'ora ma non è ancora arrivato.

Dato che non posso più chiedere il cellulare ad Abel, prendo il mio e mi sposto verso la strada, per cercare segnale.
Appena lo trovo sul display compaiono decide di chiamate perse di Colette. Dato che di solito se mi telefona è per qualche problema con la bambina, la richiamo.

- Colette, tutto ok?
- Dannazione, Jo!! Ma dove sei!?
- Sono bloccato al mare. Cosa succede? Perché piangi, Col?
- Dylan ha fatto un incidente! È in sala operatoria, devi venire qui! Non fanno altro che dire che stanno facendo il possibile ma non vogliono dirmi se ha possibilità di sopravvivere. Jonathan, devi venire!!

Il telefono mi scivola dalle mani.
Non riesco a respirare.
Non sta succedendo.

RESTA IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora