Capitolo 5.

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Mi sveglio ancora frastornato per la vodka di ieri. Mi faccio una doccia, poi mi preparo una tazza di caffè e decido di andarmelo a godere sul portico, mentre osservo le onde infrangersi sugli scogli.

Mentre sorseggio il caffè, sento alla mie spalle una voce molto familiare:
- Quindi ti nascondi qui? -

Mi volto di scatto e nel vederlo lascio cadere a terra la tazza:
- Dylan che cazzo ci fai qui? -
- Ti volevo vedere, Jona -
- Non mi importa. Sparisci -
- Jonathan, ascoltami. È vero, ti ho tradito, ma credimi, me ne sono pentito subito ed ho capito che ti amo troppo per perderti -
- E dovevi baciare un altro per capire che mi ami? Fai schifo -
- Jonathan! Ora basta. Torniamo a casa -
- Io in quella casa non ci torno -
- Jo, muoviti - mi afferra un polso.
- Lasciami! Vai via, è finita -
- Jo ti amo, cazzo! -
- Se mi ami vattene -

Entro in casa e mi rintano sotto le lenzuola del letto perché nessuno nei paraggi possa sentire il mio pianto.
È così difficile odiarlo, non ci riesco; ma devo, non posso permettermi di soffrire così un'altra volta.

[ ... ]

Sono le due del pomeriggio ed io mi sono abbastanza calmato da questa mattina.

Mi affaccio alla finestra per respirare una boccata d'aria salmastra. Lo sguardo mi cade sulla sagoma di una persona incappucciata, seduta sugli scogli. Sembra che stia scrivendo qualcosa su carta, ma non riesco a capire bene.
Decido di avvicinarmi e capire di chi si tratta.

Mi siedo su uno scoglio poco distante da quello su cui è seduto il tipo incappucciato.
- Ciao - dico un po' senza pensarci.
- Ciao Jo - risponde levando il cappuccio e facendo scendere sulla schiena la chioma di capelli biondi.

Mi alzo di scatto, quasi spaventato nel vederla.
- Tranquillo - prosegue lei.
- Colette che ci fai qui?! -
- Manchi molto a Dylan. Parlaci -
- Tuo fratello sa difendersi da solo -
- Jonathan, sa di aver sbagliato -
- Siete pazzi, lasciatemi in pace -
- Ascolta, ha bisogno di te -
- Non me ne frega niente. Dove nostra figlia piuttosto? -
- È con tua madre -
- Vattene, va dalla bambina -
- Jona -
- Ti prego -

Mi trascino in casa, sconvolto dalla situazione surreale che si sta creando. Ora sì che non posso fare a meno di odiare Dylan.
La sua solita voglia di trasgressione ha distrutto la nostra vita perfetta.

Qualcuno bussa alla porta.
Sono terrorizzato all'idea che possa essere ancora qualcuno inviato da lui.
- Chi è? - domando prima di aprire.
- Abel De La Cruz, l'amico di Penny -
- Ah, Abel. Entra - apro la porta.

Ci sediamo al tavolo mentre beviamo una tazza di caffè; è l'unica cosa che riesco a trangugiare di questi tempi:
- Allora, chi è quella gente? - domanda.
- Quale? -
- Quella da cui scappi. Ti ho visto -
- Ah -
- Beh? Hai debiti in sospeso? -
- No no. Prometti di non dirlo? -
- Che siamo all'asilo? Dai, ok -
- Ecco - prendo fiato - Il tipo che credo tu abbia visto è il mio ex ragazzo. L'ho dovuto lasciare perché ho scoperto che mi tradiva -

Abel resta zitto un istante.
- Non giudicarmi, ti prego - proseguo.
- Non ti giudico. Penny lo sa? -
- Che sono gay? -
- Non volevo metterla così, ma sì -
- No, non lo sa nessuno -
- Te ne vergogni? - mi chiede.
- Non dovrei, scusa? -
Mi osserva - No -

Abel si alza dal tavolo e mi liquida in qualche modo, dicendo che si è fatto tardi e che se ne deve andare.

È stato strano, per la prima volta non mi sento sbagliato, anzi, quasi compreso. Anche se il che è impossibile dato che Abel è tutto fuor che gay. Credo.

RESTA IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora