Capitoli 5-6

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V



Il risveglio fu sancito dalla semplice rimessa in funzione dei globi che, tornando ad illuminare l'intero scantinato, davano inizio ad un nuovo ciclo di asperità e difficoltà.
Molti si muovevano per inerzia, aggirandosi fiacchi e snervati per l'ampio stanzone. Era come se la cappa di paura che aleggiava tra le mura li avesse completamente prosciugati di energie, rendendoli simili a zombi.

Marcus, dal canto suo, cercò di mantenersi positivo. Infondo, dopo quello che aveva passato, se l'era cavata abbastanza bene. Perciò, dopo essersi abbondantemente stiracchiato ed aver fatto quattro passi per rimettere il sangue in circolazione, si era appropriato di una sedia restandosene tranquillamente per conto suo. Le gambe, per quanto ancora incerte, si erano fatte molto più stabili e forti. Ormai l'unico ricordo della sua disavventura giaceva perennemente avvolto nella vecchia fasciatura che portava al braccio sinistro.
Osservò i suoi nuovi abiti con una punta di contentezza. Proprio come promesso, al risveglio li aveva trovati piegati alla buona accanto a dove dormiva. Ancora un po' abbondanti, erano comunque molto meno ingombranti rispetto ai precedenti, ed una semplice risvolta gli consentiva di renderli accettabili.
Si permise perciò di essere positivo, lasciando che la sua mente si perdesse nelle varie conversazioni che aleggiavano per la stanza. Conversazione di, seppur non riusciva a cogliere i dettaglia, apprezzava senza dubbio la compagnia.
Aveva inoltre notato che persino accenti, modi di parlare ed intercalari vari erano molto diversi tra loro. Un vecchietto non molto lontano biascicava qualcosa sottovoce, lasciandosi sfuggire di tanto in tanto degli "gniv" che dovevano comprendere gran parte del suo vocabolario complessivo.

Osservando pigramente in giro vide Sherry arrabattarsi dietro le gambe della madre. In effetti, in mezzo a tutta quella gente non aveva visto nessun altro della sua età, cosa che la portava a stare sempre attaccata al genitore per avere delle attenzioni. L'unico altro individuo con cui la vedeva interagire era il bestione che lo aveva trasportato fino a lì. Da qualunque angolo li si osservasse non avevano molti tratti in comune, cose che portò Marcus a chiedersi se avessero un qualche tipo di parentela.
In realtà, più di questo gli interessava parlare di nuovo con Wevyr. Non aveva dimenticato come la donna avesse più volta evaso le sue domande, come nemmeno il sogno che aveva fatto su di lei. Non capiva cosa tutto ciò potesse voler dire, ma non la credeva di certo una mera coincidenza. Di tanto in tanto, gli sorgeva persino il dubbio che la donna gli nascondesse qualcosa, tuttavia, soffocato dalla confusione che schiacciava la sua mente, non aveva ancora trovato il coraggio di farsi avanti.

Ad ogni modo, fu proprio la donna, verso l'ora del pranzo, ad interrompere la sua attesa. Avvicinatasi in compagnia della figlioletta con la scusa di portargli il rancio (una sorta di stopposo pezzo di carne essiccato dal sapore molto forte), apparve subito chiaro che le sue intenzioni erano ben diverse.
Difatti, dopo avergli dato il tempo di mangiare (discutendo nel frattempo di cose di poca importanza), congedò la figlioletta con un buffetto sulla guancia, lasciandola così libera di schizzare via per andare a giocare.

Così, oramai libera dall'ingombrante presenza della piccola, la donna poté tornare a concentrarsi su di lui. Si notava chiaramente che il suo sguardo si era fatto più stanco dall'ultima loro conversazione. Questa osservazione preoccupò non poco Marcus, che non trovò tuttavia il coraggio di aprire bocca.
« So che hai tantissime domande », gli si rivolse improvvisamente la rossa con voce stridula. « Ma purtroppo non posso dirti tutto ciò che desideri sapere. Vorrei solo che ti ricordassi quanto ho fatto per te e che, se sei ancora vivo, lo devi principalmente al mio intervento. Perciò, quando verrà il momento, non dimenticarti del debito che hai contratto. Altrimenti, che gli Antichi mi siano testimoni, la loro ira possa ricadere su di te! ».
La voce di lei non fu più di un sussurro, ma bastò a fargli venire i sudori freddi. Suonava inflessibile e perentoria allo stesso tempo. Né più, né meno, come una minaccia. Tuttavia, non fu tanto questo a spaventarlo (in fondo era pur vero che gli avevano salvato la vita), quanto invece l'espressione dipinta sul volto di lei. L'espressione di un chiaro condannato a morte.

Nome in codice "Lune di Sangue"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora