Capitolo 14

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XIV

Con cautela la figura uscì dal suo nascondiglio, strisciando tra la sabbia, i corpi ed i ripari offertigli dall'intricato caos.
Più si avvicinava e più la sua forma si delineava sotto la luce dei soli. Giunto in prossimità dell'acqua, ritto sulla sua statura, si fermò un momento ad osservare i giovani beatamente nel mondo dei sogni.
« Muoviti e sei morto ».
Una voce metallica alle sue spalle lo fece sussultare. Da chi o cosa provenisse non gli era dato sapere. Tuttavia, data la facilità con cui era riuscito a prenderlo di sorpresa, non gli parve il caso di sfidare la sorte. Sarnaras, da soldato e vigilante quale era, capiva perfettamente quanto precaria e delicata fosse la situazione in cui si era appena cacciato. La persona dietro di lui aveva parlato con tono calmo e controllato, cosa che lo metteva ancora più in agitazione.
Nascosto al di fuori della sua linea visiva, l'interlocutore non fece alcuna mossa. Probabilmente era ancora intento a soppesare cosa ci facesse qualcuno ancora vivo in mezzo a tutto quel bordello.
Nel tentativo di calmare le acque, si presentò come un soldato rimasto ferito durante la battaglia, spiegando di essersi finto morto mimetizzandosi sotto i cadaveri dei suoi compagni. Sempre rimanendo con le mani alzate (così da far capire che non aveva cattive intenzioni), si voltò molto lentamente. L'uomo che gli stava di fronte pochi metri più avanti, era completamente avvolto da un mantello color pece e gli puntava contro una strana arma Feers dalla forma bizzarra, la cui canna puntava in direzione della sua fronte.
Bastò una sola occhiata per avere i brividi. Chiaramente si trattava un assassino, non c'era alcun dubbio. Un individuo abituato a fare della morte il suo pane quotidiano e che non avrebbe esitato a fargli la pelle senza troppe remore. Sempre tenendolo sotto tiro, questi lo fece inginocchiare e, con la dolcezza di un'arma puntata alla testa, lo esortò cortesemente a raccontagli i fatti che si erano svolti lì.
« La nostra compagnia era di istanza qui allo scopo di soccorrere e proteggere i superstiti recuperati da Terrotanis e dintorni », la voce gli guizzò fuori a getto dalle labbra. « Avevamo ormai perso ogni contatto con la zona da oltre mezzo Shila, ed eravamo giunti per indagare. Avevamo inoltre l'ordine di scortare al sicuro chiunque fossimo riusciti a ritrovare...».
« Non me ne frega assolutamente un cazzo del motivo per cui vi trovavate qui. È un qualcosa che so già, perciò risparmiami le stronzate », lo interruppe altrettanto velocemente l'incappucciato. « Quello che voglio sapere, ed anche con una certa urgenza, è per quale fottuto motivo l'intero accampamento si trova ridotto in queste condizioni. Meno di tredici cicli fa, quando sono partito, tutto filava liscio come l'olio. Perciò spiegami come è stato possibile che in così poco tempo una base fortificata dell'esercito, con oltre quattromila tra vigilanti e soldati regolari, sia stata spazzata via. Cazzo, secondo i vostri esploratori questa era un'area a basso rischio e non dovevano esserci infetti per un raggio di oltre dieci chilometri. Era stata scelta proprio perché ritenuta sicura, facilmente difendibile e quindi virtualmente al di sopra di ogni pericolo. Ed ora mi ritrovo tagliato fuori dal resto del mondo, in una zona tremendamente calda, con dei poppanti al seguito e dio solo sa cosa nelle immediate vicinanze. Perciò non farmi perdere altro tempo, o avrai un problema molto più grave di quanto ti immagini ».
L'atteggiamento dello sconosciuto non sembrava molto propenso a giri di parole, ed il suo innegabile metodo di persuasione era decisamente convincente. Così, lasciando perdere i dettagli meno interessanti, Sarnaras andò dritto al punto. Spiegò come, dal loro arrivo, si fossero trovati a respingere solo alcuni sporadici gruppetti di infetti, ma niente che potesse presagire quello che sarebbe successo in seguito.
«... È stato terrificante...». Richiamare i ricordi alla mente non era una cosa piacevo,le ma la fretta del suo interlocutore non concedeva remore.

«... Tutto ha avuto inizio due cicli fa...».
Pian piano le parole cominciarono a trasformarsi in frasi intere. «... Avevamo da poco ricevuto i rapporti dagli esploratori, che ci confermavano un'esigua presenza di infetti nelle vicinanze. I nostri uomini avevano oramai finito di rendere sicuro questo posto, perciò ci preparavamo ad accogliere gli eventuali rifugiati recuperati dalle nostre squadre. Già parecchi gruppi erano giunti fino a noi e stimavano dovessero arrivarne molti altri...».
Mandò giù il groppo in gola.
«... Poi dal nulla sono cominciate le urla... Erano strazianti e angosciose... e ci sentivamo dilaniare le budella al solo sentirle. Gli ufficiali, presi dal panico, non seppero come reagire... e noi con loro. Provammo perciò a metterci in contatto con i nostri esploratori sparsi sulle colline, ma non ottenemmo alcuna risposta... Improvvisamente avevamo perso ogni contatto al di fuori del perimetro. Così, mentre ancora cercavamo di capire cosa stesse succedendo, decidemmo di prepararci al peggio... Ma gli ordini giungevano lenti, ed i nostri superiori sembravano incapaci di gestire la situazione. Non eravamo pronti ad affrontare quello che si verificò non appena le urla terminarono ».
Tornò a concentrarsi un momento sul suo interlocutore, rimasto in silenzio per tutto il tempo.
« Così, mentre le nostre truppe ancora annaspavano nel caos, una marea di infetti si è materializzata dal nulla, scendendo dalle colline, circondandoci, ed arrivando alle fortificazioni esterne in pochi minuti. Abbiamo fatto fuoco con tutto quello che avevamo, scagliandogli addosso un inferno, senza riuscire però ad arrestarne la corsa. Per quanti ne uccidessimo altrettanti ne prendevano subito il posto. Sembravano dei demoni, creature senza timore nè stanchezza. Con i nostri cuori e le braccia che si intorpidivano sempre più per la fatica, sembrava che loro ne traessero addirittura giovamento. Alla fine siamo stati costretti a retrocedere, ma una di quelle cose mi ha ferito, facendomi cadere a terra svenuto. Non so cosa sia successo dopo, quando mi sono risvegliato tutto era finito ed ero rimasto solo. Posso però immaginare che qualcuno dei nostri sia riuscito a scampare alla morte, dato che il valico è stato fatto crollare ».
Ne approfittò perciò per mostrargli i segni ancora freschi sulla carne, come prova della veridicità delle sue parole.
« Date le mie ferite, e con i miei compagni in fuga o morti, non potevo andare molto lontano. Ero stordito ed avevo una serie di lacerazioni sul braccio e sul fianco destro, così ho aspettato che le mie condizioni migliorassero prima di rimettermi in viaggio. Quando vi ho visti aggirarvi in mezzo a questo pandemonio, non sapevo cosa aspettarmi. Speravo foste una squadra di recupero o qualcosa del genere. Pensa poi la mia perplessità quando ho scoperto che si trattava di un gruppetto di ragazzini. Non ci potevo assolutamente credere. Ed ecco che, nel mentre mi avvicinavo per controllare più da vicino, mi sbuchi tu alle spalle come uno spettro. Immagino sia merito tuo se non sono ancora finiti sotto terra, sembri proprio uno che sa il fatto suo ».
Malgrado le varie goccioline di sudore che gli imperlavano la fronte e che ne tradivano la reale agitazione, cercò di dimostrarsi affabile, chiedendo la possibilità di abbassare le mani. Gli riusciva difficile capire se il tale con il cappuccio gli credesse o meno, anche se il fatto che non lo avesse ancora fatto fuori lo faceva propendere più per la prima. Senza dire una parola, l'altro fece sparire l'arma chissà dove sotto il mantello e, con un cenno, lo invitò a precederlo.
« Forza », disse. « Abbiamo molti preparativi da fare, se vogliamo andarcene di qua ».

Nome in codice "Lune di Sangue"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora