~un urlo, un segno di libertà~

687 38 3
                                    

Mia
Sono in classe cercando di stare attenta alla lezione di lettura, ma Dante non è proprio una mia priorità, soprattutto se poi la professoressa ci aggiunge anche da ripassare le poesie di codesto, ci aveva chiesto di impararle a memoria, però non ho avuto molto tempo per impararle, soprattutto se in casa si crea il delirio con; Niall che le prende sulle gambe di Louis, quindi urla per il dolore, Zayn che se la prende con Liam e Harry che urla per cercare di dormire, non credo che sia un ambiente adatto per studiare o solo sentire i propri pensieri, anche se i miei non sono proprio pensieri, ma futuri atti che prevalgono la mia vita. Ad un tratto sentii un tocco leggero sulla mia spalla e un "psh psh" richiamare la mia attenzione, mi giro facendo combaciare i miei occhi azzurri con quelli neri di Vanessa, una ragazza che si trova in classe con me

"Thomson mi dai le tue parafrasi" più che domanda sembra un ordine, sospiro leggermente prendendo il mio quaderno e dandoglielo, lei mi fa un sorrisetto befferdo che io non ricambio, mi giro soltanto in avanti per continuare a fantasticare su quello che potrei fare durante l'ora di Francese. Ad un tratto sento un libro sbattere e il rumore provenire da dietro le mie spalle

"Colucci, che cosa scrive di bello" sospiro pesantemente cercando di non dar peso alle parole della mia compagna

"Io..emh..niente, prendevo appunti...sisisi..appunti per il fantastico e unico Manzoni" la classe scoppia a ridere e io mi metto le mani sul volto ormai rassegnata a prendere un bel due e una nota sul registro per aver fatto copiare a quella sceme della Colucci

"A ma davvero? Peccato che stiamo facendo Dante. Ma Colucci, visto che è così alcuturata da scrivere appunti inesistenti su poeti molto famosi...perché non ci ripete un bel canto della divina commedia?" So per certo che la mia compagna ha cambiato colore e ora sta provando a scamparla contro il tempo o mischiando il tutto in chiacchiere

"Ma ce ne sono tanti" dice Vanessa pensando di scamparsela, cosa che non è affatto servita

"Oh, ma ti aiuto io; inferno tredicesimo canto" dice la prof mettendosi davanti a me con il mio quaderno tra le mani, abbasso la testa guardando le mie mani

"Quivi le..emh...le brutte arpi...emh"cerca di recitare la mia compagna, ma non avendo studiato risulta poco fattibile

"Ci vuole aiutare Thomson per caso?" Impone con una risatina la professoressa, faccio un respiro profondo e comincio a parlare

"Quivi-" mi interrompe la professoressa

"Alza la voce Mia" il suo tono è più dolce, quasi comprensivo, si avvicina a me e io mi sbrigo a coprire i lividi creati da Zayn questa mattina

"Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,
che cacciar de le Strofade i Troiani
con tristo annunzio di futuro danno..."

"...Uomini fummo, e or sem fatti sterpi:
ben dovrebb'esser la tua man più pia,
se state fossimo anime di serpi..."

"... L'animo mio, per disdegnoso gusto,
credendo col morir fuggir disdegno,
ingiusto fece me contra me giusto..."

la campanella della ricreazione suona e tutti i miei compagni si alzano dalle sedie iniziando a mangiare le loro merende, ma gli occhi della prof non si staccano da me, ho ancora lo sguardo basso, con le gambe chiuse e strette per evitare un contatto fisico e le braccia in mezzo a esse coprendo i polsi, la professoressa si inginocchia davanti a me posando il quaderno sul mio banco

"Mia, perché dai i tuoi compiti ai tuoi compagni?" Mi chiede con tono gentile, io sospiro non alzando lo sguardo

"Mia, ti conosco da tanto, puoi parlarmi, lo sai" dice mettendo la mano sulla mia spalla facendo una piccola pressione che mi fa urlare dal dolore, mi alzo di scatto dalla sedia e mi accorgo che ho tutti gli sguardi dei miei compagni e con gli occhi verdi smeraldo della prof, abbasso la testa ricoprendo i polsi che mi si sono scoperti

"P-posso andare al bagno?" Chiedo con un filo di voce, la professoressa si alza e annuisce soltanto scrutando ogni mio movimento e ogni mia singola parte del corpo. Con la testa bassa e con la coda nell'occhio esco dall'aula correndo verso il cortile per prendere una boccata d'aria, scendo gli scalini in marmo bagnati dalla pioggia, mi avvicino al laghetto e mi siedo sul quel poco d'erba ancora non bruciata dalla cicche di sigarette buttate sul terreno prima di varcare l'ingresso di quella tortura chiamata "scuola"

Incomincio a fare vari respiri profondi cercando di non piangere, ma non credo che la cosa finzioni; sento gli occhi inumidirsi, il naso gocciare, il cuore battere velocemente e i singhiozzi fare strage nei miei pensieri, in tanto le lacrime scendono velocemente segnando il mio viso. Io non ne posso più di tutto questo.

Mi avvicinai al laghetto fino a specchiarmi in quella massa d'acqua, avvicino le mani fino a toccare il tutto, dei piccoli cerchi si formano, dei cerchi che mi fanno pensare a tutte le giornate passate al lago con i miei fratelli cercando di capire come facessero a far rimbalzare il sasso sull'acqua senza farlo affondare come il Titanic. Un sorriso percorre il mio viso, un sorriso di nostalgia, un sorriso ricorrente ai becchi momenti passati tra risate e scherzi. Sento una mano calda sopra la mia gelida, mi giro e mi ritrovo Marcus con un mezzo sorriso. Marcus è l'unico a sapere dei miei problemi familiari ed è con lui che mi sfogo le maggior parti delle volte. Voi vi chiederete come abbiamo fatto a mantenere i contatti? Non lo sappiamo neanche noi, è stata la sorte a volere che lui capitasse nella mia scuola, anche se sarebbe stato meglio che fosse capitato con me in classe, ma non si può avere tutto. Gli sorrisi dolcemente alzandomi dal prato umido, lui ricambia il sorriso stringendomi in un abbraccio caldo e accogliente, uno dei quei pochi abbracci che non ricevi normalmente, ma da persone che ti vogliono un bene infinito. Ricambio l'abbraccio con un po' di insicurezza e di dolore per il contatto, ma lo ricambio. Quanto vorrei ricevere ancora  questi abbracci dai miei fratelloni.

cuore di vetroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora