IL DRAMMA

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CAPITOLO 6

L'anno della svolta cominciò ai primi di agosto. La società ci contattò per programmare, coordinati dal coach e dal suo staff, l'inizio della preparazione atletica in vista della nuova stagione. Quel giorno, ricevetti un messaggio da Sara Gama, il nostro capitano, la quale mi informò del raduno il giorno successivo a Vinovo. Il primo giorno si rivelò molto teorico: provammo il nuovo abbigliamento, facemmo delle foto di gruppo in compagnia dei capi dei nostri sponsor e venimmo informate dei nuovi innesti della nostra rosa.

Il nostro direttore sportivo, Stefano Braghin, ha lavorato tanti anni dell'ambito del calciomercato a livello giovanile. E' una persona molto sapiente nel mercato, con un occhio molto sofisticato nello scovare i talenti e nelle scelte preponderate del creare la nuova rosa. Una ragazza mi colpì in particolare quel giorno. Eniola Aluko. Una calciatrice di fama mondiale. Il fiore all'occhiello della nostra rosa. La classica ciliegina sulla torta. Mi colpì, perché aveva il classico sguardo di chi non aveva paura di niente e nessuno.

Mi presentai anche io diversa il primo giorno. Mi tagliai i capelli, ad esempio. Quella lunga coda liscia e bionda lasciò il posto ad un taglio più corto e meno luminoso. Volevo dare una nuova immagine di me. Questa idea mi venne il giorno del mio sedicesimo compleanno. Un mio zio che non vedevo da tempo, appena mi vide, mi disse

<<Incredibile, Charlotte! Già sedici anni. Sembri molto più piccolina>>

Non so perché ma quella frase mi fece pensare molto. Mi arrabbiavo ogni qual volta mi capitava di pensarci. Volevo far vedere a tutti che non ero più la piccola Charlotte, ma la decisa Charlotte. Tutti dovevano avere l'impressione, dopo avermi vista, di una ragazza giovane, ma decisa, capace di prendersi con caparbietà quello che vuole quando lo vuole. Quale miglior momento, allora, per fare tutto ciò.

Gli allenamenti volti alla preparazione fisica sono molto duri. Non vedi mai il pallone, si corre quasi sempre dall'inizio alla fine, spesso ci si allena sotto un caldo infernale. D'altronde in tutte le categorie di questo sport il tutto si svolge d'estate. Io non sentivo tutto ciò. Per niente. Sudavo, correvo, mi allenavo, ma avevo un solo obbiettivo in testa. Un chiodo fisso che era impossibile da smuovere. Nei vari allenamenti io ero tra le migliori. Corsa, pressione sul portatore di palla, palla al piede, scatti; io ero tra le migliori sempre. Nell'ambiente si dice che, di solito, chi ha un baricentro basso o comunque piccolino riesce ad entrare in condizione prima dei loro opposti, ossia di coloro che, invece, avevano un baricentro più alto. Tradotto in poche parole; chi è più piccolino e agile dovrebbe essere in forma partita prima degli altri. Vi assicuro che io ero in formissima. Dopo tutto, era la stagione della svolta. Non dovevo sbagliare niente.

Passato più o meno dall'inizio della preparazione atletica, il coach, al termine di un allenamento, uno dei tanti, si congratulò con me, stupita dalla mia voglia di emergere e dalla mia grinta. <<Complimenti Charlotte! Continua così>> Mi resi conto che stavo sulla strada giusta. Mi resi conto che tutto stava andando come doveva andare. Ero un altra persona. Mi sentivo una novella Re Mida. Mi sentivo un essere magico capace di trasformare in oro tutto ciò che facevo. Fisicamente ero una leonessa. Velocità nello sprint, potenza nel tiro, facilità nel dribbling. Ero pronta ad esplodere. Ogni tanto ripensavo alle difficoltà degli inizi. Dei primi tempi. Tutte le difficoltà ogni volta che riaffioravano nella mente le spazzavo via all'istante.

Mi sentivo diversa anche nel quotidiano. Caratterialmente, ero più decisa. Ero più convinta dei miei mezzi. Lo notarono tutti questo cambiamento. I miei compagni di classe si avvicinarono di più a me. Cominciai a parlare più assiduamente con le altre ragazze in classe. Era come se tutti si fossero accorti di me. Lontani i tempi delle difficoltà di aggregazione. Lontani i tempi dove mi vedevano per stramba, la strana o la pazza. Lontani i tempi dove stare in classe con loro era come stare in un deserto senza rifornimenti, come stare da soli in un'eterna agonia. Ero finalmente felice, perché esistevo. Ed ora tutti cominciavano a notarlo e a notarmi.

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