IL RADUNO PRE MONDIALE

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CAPITOLO 13

Tutti noi vorremmo realizzare i nostri sogni, ma solo in pochi ci riescono. Vi siete chiesti come mai? Cos’è che fa la differenza? La fortuna o il talento, forse. Senza dubbio questi due e tanti altri giocano un ruolo fondamentale e importante nella strada verso il successo, ma sono molto meno determinanti di quanto ci vogliano far credere, o di quanto noi stessi vogliamo credere. In fondo, pensare che si possa realizzare i propri sogni solo grazie ad una botta di fortuna o ad un patrimonio genetico adatto è un gran sollievo, perché se dipende tutto da questi due fattori, tanto vale non impegnarsi più del dovuto. Tanto vale fare il minimo indispensabile. Tanto vale arrendersi al nostro destino.

Invece no. Queste sono le scuse preferite dai perdenti. Un perdente trova sempre una scusa. Un vincente, invece, trova sempre una strada. Durante le ore estenuanti di palestra che facevo durante la riabilitazione dall’infortunio, lo psicologo dello staff del coach Guarino mi fece un discorso legato alla voglia e al coraggio di ogni atleta che mi lasciò di stucco.

<<Il talento, secondo me, rappresenta uno svantaggio per gli sportivi. I piccoli campioncini sono abituati a vincere senza particolari sforzi nelle gare giovanili, quindi quando arriverà il momento del salto di qualità negli allenamenti non sono poi disposti ad impegnarsi più del dovuto e si perdono nel passaggio alla carriera professionale>>

Tutto vero. Tutto giusto. Continuare a raccontarci scuse è controproducente. Rischiamo solo di perdere tempo ed energie. Il vero segreto per realizzare i nostri sogni si cela altrove. La metafora giusta è quella con il respiro: quando tratteniamo il respiro sott’acqua, arriva sempre un momento in cui il desiderio di aria  pervade ogni centimetro del nostro corpo. Quando succede ciò, noi siamo pervasi da una semplice ricerca del metodo più semplice per trovare l’aria. In questo caso, quando il desiderio è così forte e radicato, noi agiamo semplicemente. Devi desiderare di realizzare i tuoi sogni come desideresti respirare un istante prima di soffocare. Ecco. Questo è l’unico vero segreto per il successo. Questa è la mia visione. Io non ho mai mollato e alla fine sono arrivata in Nazionale.

Il primo giorno, appena misi i piedi sul campo di gioco, dopo la colazione, il CT ci fece radunare a centrocampo. Ero carica, grintosa, ero la dinamite pronta ad esplodere. Dovevo stupire tutti, dovevo prendermi il mio posto sull’aereo verso la Francia, dovevo rientrare nei 23 convocati finali. Il CT ci guardò negli occhi una per una. Fece un discorso altamente motivazionale. Come se io ne avessi bisogno!

<<Ragazze, buongiorno. Sono orgogliosa di potervi allenare. Sono pronta ad accompagnarvi in questo viaggio che cambierà la nostra vita. Io sarò sempre orgogliosa di voi, qualunque sia il risultato finale. Se siamo qui, significa che ognuno di noi ha preferito sacrificare qualcosa di importante della propria vita privata. Siamo pronte per un’avventura che noi possiamo rendere leggendaria. Voglio vedervi costruire un gruppo. Non importa se ci prendiamo a scarpate durante gli allenamenti, la nostra forza sarà il gruppo. E il gruppo non deve mai accettare di perdere. Se riusciamo a fare questo, saremmo già a metà dell’opera. E questa sarà la mia grande vittoria. Allora, buona avventura a tutte voi. Buon viaggio verso il Mondiale>> e diede il via agli allenamenti, non prima di averci abbracciato una alla volta.

Solo un discorso come quello poteva caricarmi di più. Non eravamo tra le favorite per il Mondiale, ma solo la forza del gruppo e la dannata voglia di non perdere mai poteva farci guerreggiare con le altre formazioni molto più avanti come preparazione, tattica e tecnica. Avevamo circa un mese abbondante per creare un gruppo coeso e unito. Avevamo tutto il tempo a disposizione. I primi allenamenti con il gruppo furono un po’ complicati. In effetti, i metodi di allenamento e le differenze con i miei soliti alla Juventus si notavano subito. Molta corsa, molto lavoro atletico, molto lavoro tattico e di unione tra i reparti della squadra, esercizi volti a cercare di tenere sempre la squadra quanto prima corta possibile. In questo modo, potevamo diventare come un muro, un fortino in fase difensiva e di non possesso, ma eravamo pronte a ripartire in caso di riconquista di palla immediata in contropiede, cercando di impensierire la retroguardia avversaria con passeggi veloci e scambi di palla rapidi.

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