LA SORPRESA

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CAPITOLO 11

17 anni. Che emozione. Sto crescendo sempre di più in maniera inarrestabile. 17 anni e infiniti sogni nel cassetto. Il punto è che quando hai quattordici, quindici, sedici, diciassette anni, puoi fare tutto. Puoi permetterti di sbagliare. Il fatto è che è bellissimo e non ce ne rendiamo conto. E' l'età delle peggio feste, nei peggio locali, con la peggio musica. E' l'età del saltare la scuola e falsificare la giustifica. I maglioni troppo larghi, i tè sotto le coperte la domenica con le amiche. Le passeggiate avanti e indietro per le stesse vie. I diari segreti, le cicatrici sulle braccia, le scritte nei bagni della scuola, i concerti. E' l'età degli errori, se non lo avete ancora capito, l'età che non torna, l'età di qualsiasi cosa fai puoi ancora rimediare. E' l'età dei pianti per cose che non sono niente e sembrano tutto, l'età dei primi amori, i primi baci, il dolore di quando finisce, i per sempre che non lo saranno mai. Il fatto è che tutto è stupendo e non ce ne rendiamo conto, ci mettiamo in gabbia per paura della vita, senza pensare che la vita è proprio ora. La vita è ora, cominciamo a respirare, gridare e vivere. Viviamo fino a consumarci l'anima. Questi anni non torneranno più indietro.

I miei 17 anni passarono e neanche me ne resi conto. La vita era stata a volte clemente e generosa con me, altre volte spietata e crudele, ma è la vita. La mia vita. Dovevo solo viverla, ovviamente. Ci fu una bella festicciola a casa. Vennero a trovarmi molte mie compagne di squadra, alcune mie compagne di classe, certamente Teresa, e la famiglia di papà. Avevo 17 anni, ma probabilmente ne dimostravo di più per quello che la vita mi aveva riservato. Gli spostamenti dovuti alla mia situazione famigliare, l'adolescenza ancora in atto consegnata al pallone, l'infortunio grave, tutti scogli messi sulla via che mi era stata tracciata. Il mio obbiettivo era di superarli senza troppi danni collaterali per me. Soffiai sulle candeline, pensando al futuro. Di solito non lo faccio, ma quella volta non so perché qualcosa che mi veniva da dentro mi suggerì di immaginare in quell'istante il mio futuro.

Lo vedevo ancora come nebuloso e indecifrabile, ma sentivo che fosse qualcosa di grande, enorme, quasi insostenibile. Percepivo potesse trattarsi di un evento di grande portata. La mia speranza era sempre al mondiale, ma non ci credevo per via dell'infortunio. Ma la mente era sempre là. D'altronde questa era l'età dei sogni e delle speranze, delle partenze e degli errori. Quindi perché non sognare lo stesso.

Il futuro più prossimo era legato al finale di stagione con la Juventus. Mancavano 3 partite e dovevamo amministrare un vantaggio di 4 punti sulla Fiorentina. Prima del mio compleanno, prima di quel sette aprile così festoso a casa mia, ci fu una grande sorpresa in negativo che colpì la nostra squadra. Tre giorni dopo la festa dello Juventus Stadium, giocammo fuori casa contro il Sassuolo e perdemmo 2 a 1. Fu una sconfitta dolorosa, inaspettata e che ci fece stare sull'attenti fino alla fine della stagione. A quel punto, il vantaggio non fu più di quattro, ma bensì di un solo punto. La mia festa servì anche come cura contro lo stress e la tensione che invasero lo spogliatoio in Emilia. Io rimasi 90 minuti in panchina. Giocammo contro delle avversarie molto toste e vogliose di vincere, e una partita dal numero così alto di falli poteva creare delle complicazioni al mio recupero. Rimasi a soffrire in panchina, avvolta nel mio giubbino, impotente verso quello che stava succedendo in campo.

Durante la mia festa, cercai di far sorridere le mie compagne. Tutte, però, erano contente e felici lo stesso, anche senza il mio vano tentativo. Eravamo settate verso le ultime partite. Erano tranquille, esperte e per nulla impaurite. Quelle erano da non sbagliare e noi tranquillamente potevamo farlo.

Le ultime due partite le vincemmo facilmente. Battemmo 5-0 il Tavagnacco a Vinovo, mentre, durante l'ultima giornata, battemmo 0-3 il Verona in trasferta. Giocai uno spezzone di gara in entrambe le partite. Una ventina di minuti in entrambe le gare. In entrambe, però, siglai un assist. Uno nei confronti della bomber Girelli, l'altro nei confronti di Eniola. La festa scudetto fu incredibile. Spumante, birre, brindisi e coriandoli ovunque quella sera al centro di Vinovo. Io ero in disparte quasi. Non me lo sentivo mio. Avevo giocato solo 5 partite con quattro assist e zero gol.

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