Il ritorno dei Deckerstar

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~ Capitolo sette ~

Il tempo a Los Angeles scivolava via in fretta e tutto sembrava essere tornato alla normalità. Chloe aveva ripreso a condurre la sua vita di sempre, fatta di pomeriggi passati con Trixie e di poco tempo dedicato a sé stessa. Dan ed Ella, dopo un periodo in cui sembravano aver messo in pausa la loro conoscenza, timorosi di peccare di insensibilità nei confronti  della detective che inevitabilmente e soprattutto contro la sua volontà, soffriva per amore, finalmente avevano ricominciato a vedersi dopo il lavoro e a riprendere la loro relazione da dove l'avevano lasciata. Chloe era sinceramente felice per loro due, poiché sapeva che avevano molto in comune. Entrambi vivevano la vita con la giusta leggerezza e spensieratezza, ma soprattutto, nessuno dei due aveva rinunciato alla voglia di affrontare le sfide che il destino gli riservava, nonostante il carico di sofferenze che entrambi avevano accumulato nel tempo. L'ingenuità e l'autocontrollo di Dan, che manteneva la calma in ogni tipo di situazione, tranne in quelle in cui qualcuno faceva sparire il suo "pudding" e l'aria sognante e meravigliata con cui Ella guardava il mondo e che faceva di lei la persona più gentile dell'universo, li rendeva perfetti l'uno per l'altro. Certo, non si sarebbero mai resi conto se qualcuno li stava truffando, o se qualcuno aveva intenzione di prendersi gioco di loro, ma d'altronde non si poteva avere tutto dalla vita, e quello, sembrava un prezzo che entrambi avrebbero pagato volentieri, per un po' di  felicità. Tutto sembrava procedere verso il giusto ordine e Chloe si sforzava di credere che anche per lei sarebbe arrivata la pace. Alla felicità non puntava più. Troppe erano le volte in cui credeva di averla finalmente raggiunta, ma poi, proprio nel momento in cui tendeva la mano per afferrarla, quest'ultima, beffarda, le voltava le spalle, ritenendola forse indegna della sua attenzione. Avrebbe forse dovuto smettere di vivere? Ovvio che no. Si sarebbe accontentata della quiete, di quello stato di tranquillità emotiva che non le avrebbe permesso di provare sensazioni in grado di ribollirle il sangue, ma che le avrebbe anche evitato di bruciarsi più di quanto non avesse già fatto in passato. E poi c'era Trixie. Con lei aveva conosciuto la felicità più grande del mondo. Un amore puro così intenso, da bastarle per il resto della vita. Era a brava a convincersi la detective. L'unica cosa che non riusciva ad accettare, però, era di dover sopportare la piattezza della sua vita lavorativa e di dover disciplinare dei reati di poco conto, ancora per molto tempo. Da quand'è che non lavorava ad un caso serio? Davvero avrebbe trascorso il resto della sua vita da detective ad interrogare adolescenti che fumavano erba nei corridoi della scuola? Dov'erano finiti gli inseguimenti? Le sparatorie? Si era quasi rassegnata a passare il resto dei suoi anni nell'L.A.P.D chiusa nell'archivio a catalogare pile e pile dì scartoffie, quando finalmente le si presentò l'occasione di scendere in campo.
Chloe, si era appena accomodata alla sua scrivania, in un Martedì qualunque, quando fu raggiunta da un suo collega, l'ispettore Martinez, che senza troppi giri di parole, le comunicò di un omicidio avvenuto nei pressi di Stanford Avenue, nel Fashion Disctrict.
Ricevute le informazioni preliminari, la detective si recò sulla scena del crimine dove si imbatté in Ella, intenta ad esaminare il corpo della vittima.
<< Che cosa abbiamo qui?>> chiese Chloe con fare professionale.
<< La vittima è una donna. Si tratta di Emma Lype, 28 anni. Era la proprietaria di quel negozio di abbigliamento>> e nel dire il nome del negozio, Ella indicò alla detective la posizione di quest'ultimo.
<< Chi ha trovato il cadavere?>> continuò Chloe.
<< Samantha Bullock, la socia di Emma>> rispose puntuale la Lopez.
<< Conosciamo la causa della morte?>> << Da una prima analisi, sembrerebbe che sia stata investita. Ha una ferita piuttosto profonda sul lato sinistro dell'addome, da cui si riescono a vedere quasi gli organi interni. E poi ha una ferita alla testa, provocata probabilmente dalla caduta>> e nel concludere la sua analisi, la Lopez indicò a Chloe il marciapiede vicino al quale era stata trovata la vittima, ricoperto di sangue. Presumibilmente, quindi, la ragazza era stata colpita dall'auto, procurandosi così  la ferita all'addome, mentre quella alla testa, se l'era fatta sbattendo la testa. Era plausibile come ricostruzione, ma mancava qualcosa.
<<Ella. Dell'auto che ha investito la vittima? Si sa qualcosa?>>
<< Niente. Nada de nada. È come se fosse sparita nel nulla ed è come se alla guida ci fosse stato un fantasma>> spiegò la Lopez con il suo modo teatrale, ma poi, come se si fosse resa conto di aver detto una brutta cosa, si affrettò ad aggiungere: << Ah ah, sì simpatica. I fantasmi. Ma sappiamo tutti che non esistono no?>> e nel dire ciò sembrava intenta a convincere più sé stessa, mentre guardava Chloe con uno sguardo colpevole. La detective però non aveva fatto caso alle parole di Ella, era troppo concentrata sulla dinamica dell'accaduto, per prestare attenzione alle stranezze del suo medico legale.
<<Orario del decesso?>> chiese infine Chloe.
<< Mmmh non posso essere precisa, ma così, ad occhio, direi che è morta da almeno 12 ore. Quindi presumo che sia stata uccisa, ieri, intorno alle 22.00>> rispose Ella.
<<Possiamo escludere che si tratti di un pirata della strada, che l'ha investita e poi è fuggito? Siamo sicuri si tratti di omicidio premeditato?>> continuò la detective, rivolgendosi alla Lopez.
<< È stata la mia prima ipotesi, ma guarda laggiù?>> ribatté Ella indicandole un cartello stradale che recitava "Lavori in corso"
<< La strada era interrotta per lavori. In questa zona nessuno poteva accedervi con un auto, a meno che, ovvio, qualcuno non avesse un buon motivo per farlo>> concluse la coroner.
<<Bene! Vado a scambiare due chiacchiere con la socia della vittima>> disse alla fine Chloe,  e si allontanò dalla scena del crimine, raggiungendo il negozio di abbigliamento, in cui si trovava Samantha Bullock, visibilmente sconvolta.
<< Salve Samantha. Sono il detective Decker e se non le dispiace vorrei farle alcune domande>>
<< P-p-prego, chieda pure>> rispose la ragazza, visibilmente turbata.
Chloe era pronta alle sue domande di repertorio, ma fu interrotta da Dan che entrò nel negozio, per prendere parte a quell'interrogatorio informale.
<<Salve, sono il detective Espinoza>> esordì, e fece segno alla sua ex moglie di continuare.
<<Signorina Bullock, da quanto tempo lei e Emma Lype eravate socie?>> cominciò Chloe.
<< Da un paio di anni. Dopo aver studiato moda insieme, mio padre mi ha regalato questo negozio. Io però, non me la sentivo di cominciare quest'avventura da sola e quindi ho coinvolto anche Emma. Era il nostro sogno>> rispose Samantha.
<< Sa se qualcuno poteva avercela con Emma?>>
"Oh per favore. Sul serio? Ecco di nuovo la sfilza di domande inutili che non ci porteranno da nessuna parte"
<<Eh?>> sussultò Chloe. Ma nessuno aveva parlato.
<<Io non ho detto nulla>> replicò Samantha, che a quel punto non era più solo turbata, ma anche spaventata dall'atteggiamento strano della poliziotta di fronte a lei.
<<Dan, hai detto qualcosa?>> chiese impaziente la detective.
<<Mi sono solo presentato>> ammise quest'ultimo.
Chloe scosse il capo e rivolgendosi di nuovo alla ragazza, disse: <<Mi scusi. Mi era sembrato che qualcuno avesse detto...non importa, continui pure>> e si mise in ascolto di Samantha.
<<Mmh onestamente no. Emma era apprezzata da tutti. Aveva un ottimo rapporto con le clienti e riusciva a strappare ottimi accordi con i fornitori>> seguitò la ragazza, con un pizzico di invidia e di ammirazione nella voce.
<<Come erano i vostri rapporti? Andavate d'accordo?>> chiese allora Chloe
<< Beh, ultimamente non molto. Litigavamo spesso>> ammise lei
"Bingo" . Ma cosa? Di nuovo? Di chi era quella voce fuori campo?
<< Deve sapere, però, che non sempre è stato facile lavorare con lei. Emma era, piuttosto autoritaria. Spesso dimenticava che eravamo in due a gestire l'attività e prendeva le decisioni autonomamente, senza chiedere il mio parere, e vedere che era lei a scegliere per entrambe, mi faceva sentire messa da parte, come se non fossi importante>> si affrettò ad aggiungere Samantha.
"Puah! Che puerile tentativo di giustificare la propria incapacità. Samantha era invidiosa delle abilità di Emma e ha deciso di stroncare sul nascere la loro competizione, uccidendola. È ovvio no?". Chloe era paralizzata. Che cosa stava succedendo? Perché nessuno sembrava accorgersi di quella voce? Era strano, ma le sembrava familiare. Possibile che fosse? No... impossibile.
<<Lavorare con qualcuno che non ha interesse a capire il tuo punto di vista. Condividere esperienze lavorative con un "partner" che ti considera inadatta a lui e che prende lui tutte le decisioni, anche quelle che riguardano entrambi. Credimi, ti capisco>> rispose Chloe, che però si pentì subito di ciò che aveva detto. Che le stava accadendo? Non aveva mai approfittato di un caso per manifestare un suo malcontento personale. Almeno, non era lei quella che quando indagava confondeva la sua vita privata con i vissuti delle vittime e dei sospettati.
Samantha era interdetta e quando sentì la detective, parlare di "partner" insensibili, rivolse per un attimo lo sguardo a Dan, che si limitò solo a scuotere il capo.
<< Dov'era ieri sera intorno alle 22.00?>> chiese Chloe con il solo intento di uscire da quell'impasse e mettere a tacere quel ronzio che a quanto pare, si divertiva a torturare solo lei.
<< Ero a casa dai miei genitori. Il Lunedì ceniamo sempre insieme>> rispose la ragazza.
"Ah il tripudio dell'armonia familiare. Voglio vomitare".
<<B-bene>> sbottò Chloe, con un tono involontariamente troppo alto,
<< Mi accerterò di parlare con i suoi genitori. Ho bisogno che confermino il tuo alibi>> concluse alla fine.
<<Alibi? Non pensavo di averne bisogno di uno. Io non ho ucciso Emma. Non l'avrei mai fatto>> affermò implorante Samantha.
<< Mi auguro che sia così>> terminò Chloe, mettendo fine alla conversazione. Aveva bisogno di prendere aria. Stava per uscire e respirare a pieni polmoni quando qualcosa la bloccò.
" Detective! Non vorrai credere a quel surrogato di stylist che si è proclamato innocente? È evidente che sta mentendo!"
<< Lucifer>> disse all'improvviso.
<< Cosa?>> le chiese Dan che si trovava proprio dietro di lei e che era paralizzato quanto lei.
<<Niente... Ah Dan, procuriamoci un mandato per reperire i filmati di sorveglianza di tutti i negozi di questa strada. Potrebbero aver ripreso l'auto dell'assassino>> si affrettò a dire Chloe, che intanto cercava una qualsiasi ragione per non sentirsi una pazza. Si allontanò a grandi passi da tutti e si infilò nel primo bar che si trovò davanti.
Davvero Chloe Decker? Siamo passati a sentire la sua voce nella testa? Quanti anni hai? 13? Ti senti come un'adolescente che non riesce a digerire il finale de "I Passi dell'amore"? Che c'è, Lucifer è come il vento? Non lo vedi ma lo percepisci?
Colta da un vero e proprio delirio, Chloe si lasciò scivolare lungo uno sgabello e appoggiandosi al bancone del bar, si prese la testa tra le mani e cominciò a chiedersi che cosa le stesse accadendo. Era pronta. Finalmente aveva un caso importante tra le mani a cui poter lavorare e cosa faceva? Si metteva a rimuginare sui tempi in cui le indagini le portava avanti con Lucifer? Non aveva senso e soprattutto non era da lei. Se c'era una cosa che sapeva fare, era la detective ed aveva dimostrato di essere una brava poliziotta anche prima dell'arrivo di quella specie di consulente con il papillon. Che le prendeva?
<< Cosa le porto?>> le chiese ad un tratto il cameriere, interrompendo i suoi pensieri.
<< Una birra, grazie!>> rispose automaticamente lei.
"Mmh alcool in servizio. Lucifer approva"  sghignazzò quella specie di brusio nel suo cervello.
In effetti, in teoria, in quel momento stava lavorando.
<<Aspetti>> urlò subito Chloe, facendo segno con la mano al cameriere.
<<Mi dica>> replicò quest'ultimo
<<Ho cambiato idea, mi porti un caffè>> ordinò gentilmente lei.
"Corretto, per favore. Anzi no, lasci stare. Ho qui la mia fiasche..."
<<Zitto>> esplose la detective
<<Cosa?>> le chiese il cameriere che cominciava a guardarla come se avesse perso il senno. Poteva dargli torto?
<< No, mi scusi. Non dicevo a lei>> si giustificò Chloe. Il cameriere, desideroso di voler spicciare in fretta l'ennesima cliente fuori dal normale, si voltò, occupandosi della sua ordinazione. Dunque, pazza non era. Ne era quasi sicura. Quindi perché continuare ad ossessionarsi con il passato? Era solo la mancanza di Lucifer a riportarla con la mente a quando lavorava con lui? Non aveva senso. Se fosse stato così, avrebbe dovuto cominciare a sentirlo vicino a lei, già nel momento in cui le avevano comunicato del caso. Avrebbe dovuto subirsi mentalmente le sue battute idiote già da quando Ella aveva fatto la prima ricostruzione dell'omicidio. Perché ripensare a lui proprio durante quella specie di interrogatorio?
"Ma certo!" Si illuminò all'improvviso. Il momento in cui Chloe procedeva con le domande di routine, rivolgendosi al primo ipotetico sospettato, era quello in cui lei e Lucifer erano più vicini, quello in cui lui faceva quella specie di magia con gli occhi e tutti rivelavano i propri desideri. Era questo che Luci.. oh per l'amor di Dio, che il suo subconscio cercava di suggerirle? Sicuro. Doveva cercare di conoscere meglio i sospettati, penetrare le loro menti, mettere a nudo le loro passioni. Chiaro!
"Detective" e Chloe avvertì di nuovo il tono provocatorio nella sua mente "Sentirti parlare in questo modo è così eccitante. E, a proposito di eccitazione, hai mai sentito parlare della coda del diavolo? È davvero molto lunga e in questo momento, con tutti i tuoi discorsi sul "penetrare" e sul "mettere al nudo", fa fatica a starsene buona". Incredibile, percepiva il suo ghigno malizioso.
" Devi sapere, che tutti pensano che sia attaccata alla parte posteriore del mio corpo ma...".
Ora che Chloe sapeva che era non era pazza, poteva lasciarsi andare per un po' alla sua immaginazione e permettere al il finto Lucifer di finire il suo delirio, per cui, mentre sorseggiava il suo caffè, sorrise incuriosita da come il suo ex "partner", secondo il suo inconscio, avrebbe terminato il suo monologo.
"Ti dirò un segreto" continuò il diavolo nella sua testa "In realtà si trova davanti, in corrispondenza del pe..."
Di una cosa era certa, che fosse reale o meno, il Lucifer nella sua mente era il solito idiota.

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