Modern History Of Japan

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I giorni ripresero a scorrere regolarmente per Pierantonio dopo quella serata frizzicarella. L'unica eccezione stava nel fatto che molti altri colleghi avevano cominciato a salutarlo e, anzi, poteva succedere che si intrattenesse con loro in qualche conversazione prima o dopo una lezione. Da un lato era grato a Bonaventura per averlo invitato a quella cena, dall'altro aveva come la sensazione che Andrea lo trattasse in modo diverso. Del resto quando pensava alla sua sbronza selvaggia con conseguente risveglio a casa del suddetto, un moto di imbarazzo lo colpiva dritto in faccia. Poteva forse essere che aveva combinato qualcosa che non ricordava nemmeno? Da bravo protagonista ormonato di fanfiction aveva bisogno di un confidente su cui poter contare ciecamente.
"Bonaventura, ho un problema." Il collega lo guardò con un mezzo sorriso mentre sorseggiava il tè delle macchinette.
"Che succede Pierantonio-chan?"
"Penso di aver fatto qualcosa da ubriaco da poter fare arrabbiare Andrea." Sputò tutto d'un fiato sentendo le guance bruciare. Bonaventura lo guardò perplesso.
"La sera della festa dici? Ma se sei tornato a casa subito.." Pierantonio si morse un labbro.
"Ecco, beh, in realtà mi ha portato a casa Andrea... cioè almeno credo. La mattina dopo mi sono svegliato in camera sua." Bonaventura spalancò la bocca mentre lo colpiva uno stupore simile a quello che colpì il mondo letterario alla morte di Osamu Dazai.
"Oh per Amaterasu! Avevi ancora tutti i vestiti addosso?" Pierantonio si facepalmó.
"CERTO. Che domande sono?" Bonaventura fece spallucce.
"Non si sa mai..anche se effettivamente Andrea non è il tipo, no no."
"Insomma, il punto è che da quando mi sono svegliato a casa sua e sono fuggito dopo una veloce colazione, lui sembra aver cominciato ad evitarmi o comunque sembra più schivo del solito." Spiegò con una leggera preoccupazione nella voce.
"Hai provato a parlargli? Magari si sente in colpa per averti portato da lui al posto di averti riaccompagnato a casa e non sa come dirtelo?" disse con la nonchalance di un ministro della guerra giapponese durante la seconda guerra mondiale.
"È da due settimane che non riusciamo a vederci... prima era come in Sanshiro: i nostri incontri erano fin troppo casuali." A quel punto l'espressione di Bonaventura si fece ammiccante fino all'inverosimile.
"Cosa?" domandò Pierantonio non riuscendo a capire quel cambio repentino di comportamento.
"Niente, Pierantonio-chan. Tu parlagli, io tifo per te." Stava per rispondergli che non capiva cosa intendesse quando un'ombra nera si frappose tra di loro.
"Perché tifi per lui?" chiese Toshio rubando dalle mani di Bonaventura il bicchierini di tè.
"Toshio! Lo stavo bevendo io! Cosa abbiamo detto riguardo al prendere le cose mie?" il giapponese sbuffò poco prima di restituire il bicchierino al suo proprietario.
"Hai ragione, tu prendi sempre questi maledetti tè verdi." A quel punto rivolse uno sguardo tagliente a Pierantonio, dal basso ovviamente perché uno sembrava la Tour d'Eiffel l'altro la Tokyo Tower.
"Che intenzioni hai tu?" Gli chiese a quel punto. Pierantonio lo guardò accigliato.
"In che senso?" Toshio si mise una mano sul fianco e assunse un'espressione di bad bitch come Regina George.
"Non fare il finto tonto. Cosa vuoi da Bonaventura?" Pierantonio alzò le mani in segno di arresa.
"Nulla, ero solo alla ricerca di un parere su una faccenda personale." Toshio assottiglió gli occhi non ancora convinto e stava per ribattere quando Bonaventura con uno sbuffo gli mise un braccio attorno alle spalle e lo allontanò da Pierantonio.
"Toshio dobbiamo provare a controllare anche questi scatti di gelosia, ok? Non vorrai trasformarti nella Rokujo del Noh, vero?" il giapponese spostò il suo sguardo sull'altro e immediatamente si addolcì. Era un po' come se Mishima avesse trovato il suo Kawabata.
"Beh, grazie mille della dritta, cercherò di risolvere in qualche modo." Pierantonio decise di lasciarli alle loro cose e con un cenno salutò entrambi prima di allontanarsi. Il giorno dopo aveva lezione dopo Andrea e decise che gli avrebbe parlato fuori dall'aula no matter what.

***

Pierantonio si appostò fuori dall'aula con almeno mezz'ora d'anticipo. Doveva essere sicuro di incontrarlo questa volta quindi riportando alla luce le sue doti di stalker che aveva abbandonato dalla terza superiore, si mise a leggere un libro per ingannare l'attesa. Era Kokoro di Natsume Soseki.
Non trascorse troppo tempo prima che i primi studenti cominciassero ad uscire. Attese qualche istante ancora e finalmente uscì Andrea, camminava veloce e a testa bassa. Pierantonio chiuse il libro e lo ripose nella borsa per poi intercettare il braccio di Andrea come fecero gli americani con le comunicazioni giapponesi durante le trattative per la Conferenza di Washington.
"Ehi." disse con un mezzo sorriso. Non appena Andrea alzò la testa e si rese conto della situazione sgranò di poco gli occhi ma subito riacquistò la sua compostezza.
"Ciao."
"Come va? È da un po' che non ci vediamo.." disse Pierantonio spostando lo sguardo sulla sua mano che stringeva l'avambraccio dell'altro. Non ci aveva pensato all'inizio a quel contatto ma provò una strana sensazione, quasi come il generale persiano non appena toccò la mummia nel racconto di "Cronaca della Luna sul Monte".
Gli era mancato?
"Tutto bene." Disse con un sorrisetto di cortesia l'altro "Sono stato molto impegnato ですが。。。"
Pierantonio annuì anche se sapeva che quello non poteva essere un fattore valido per quelle settimane di completo silenzio.
"Non è che la sera della cena con i colleghi o la mattina dopo ho fatto qualcosa di strano?" Chiese prendendo il coraggio a due mani. Andrea si irrigidì un po' come se a fare la stessa domanda fosse stato Baba all'economia giapponese degli anni '40.
Andrea si riprese in tempo record. "No, certo che no. Perché pensi una cosa del genere?" Pierantonio si ravvivó i capelli con la mano.
"Perché ho avuto l'impressione che tu stessi cercando di evitarmi e quindi volevo sapere se avevo fatto qualcosa di sbagliato, ecco." il docente di storia scosse la testa e ripeté che era solo stato impegnato, probabilmente lo diceva più per convincere se stesso che l'altro.
Pierantonio guardò l'ora e si accorse che tra qualche minuto sarebbe cominciata la sua lezione.
"Beh, in tal caso, vorrei invitarti a casa mia per un pranzo o una cena o anche solo per il tè delle 5." Andrea voleva ribattere come l'armata imperiale dopo la battaglia delle Midway ma non ne ebbe il tempo perché Pierantonio estrasse un foglietto di carta e ci scrisse sopra qualcosa.
"Ti lascio la mia email così puoi scrivermi quando ti va meglio. Ora devo proprio scappare." Disse porgendogli il pezzo di carta. Andrea lo prese tra le dita senza avere la possibilità di fare altro.
"Scrivimi mi raccomando." Ripeté Pierantonio poco prima di sparire dietro alla porta dell'aula. Andrea puntó gli occhi sul foglietto e lesse l'indirizzo email dell'altro. Il suo cuore prese a battere più forte mentre i ricordi di due settimane fa gli allietavano la mente. Forse c'era ancora speranza per loro due. Forse non era ancora tempo di firmare gli accordi di San Francisco.

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