Pensa se si potesse volare. Pensa alle sensazioni che proversti. La libertà assoluta, la felicità, l'ansia di cadere da un momento all'altro. Quella volta che l'ho baciato, ecco, è stato come volare.
Capitolo 1 -Pensa se si potesse volare...-
Non dico niente su di me. Lo scoprirete. I miei difetti, i miei pregi, le cose che fanno me una persona diversa sono inutili perchè tanto tutti faremo la stessa fine. Diventeremo un corpo morto su cui piangere, poi della cenere dimenticata da tutti. Che senso ha differenziarsi dalla massa se poi nessuno ci ricorderà più? Per questo non dico niente di me. Imparete a conoscermi ascoltando la mia storia breve.
Quel giorno stavo camminando sotto la pioggia, dalla stazione alla scuola. Le gocce scendevano sul mio viso come lacrime e la gente mi osservava e poi passava lo sguardo sulle cose che mi circondavano. Ero una persona come le altre all'epoca, un filo d'erba in un campo. Non sapevo che sarei diventata il fiore in quel campo per qualcuno.
Insomma, la gente mi guardava. Alcuni soffermavano lo sguardo di più, altri più timidi di meno. I capelli ricadevano umidicci sul mio collo e si incollavano ai lati del mio viso. Passeggiavo per strada e le macchine passavano veloci. Le mie Vans finirono dentro una pozzanghera e imprecai. Alcuni si voltarono a guardarmi ma non dissero nulla. Forse era normale invocare Dio in mezzo al marciapiede. Sorpassai una coppietta che si stava baciando appassionatamente seduta su una panchina e mi venne da vomitare. Non avevo un ragazzo e non lo volevo. Volevo solo finire la scuola e andare di paese in paese, viaggiando, scoprendo luoghi nuovi senza mai affezionarmi alla gente del posto. Facendo così sarei rimasta sola, ma non mi importava. Le cuffiette smisero improvvisamente di funzionare, e poi ricominciarono alterando la canzone. Sentivo tutto metallico, così staccai le cuffiette dal telefono e ascoltai il mondo che mi circondava. I ragazzi seduti sulla panchina ansimavano, la gente parlava al telefono oppure conversava fra loro. E poi c'ero io, da sola, senza amici, senza musica e con un paio di Vans fradice. Svoltai la strada che avevo fatto milioni di volte e mi ritrovai la scuola davanti alla faccia. Orde di studenti stavano entrando dalla porta principale, mentre la maggior parte stava chiacchierando lateralmente. Ignorando le occhiate che ogni giorno sfioravano il mio corpo come lame affilate mi diressi verso la scuola con passo pesante. Spinsi la porta e attraversai con fatica il corridoio principale, annaspando fra la folla di adolescenti che si accalcavano davanti agli armadietti.
Il mio era in fondo al corridoio principale, così ci misi un po' per arrivare. La solita combinazione, il solito scricchiolio dell'anta che si apriva e la solita confusione dentro quel benedetto armadietto, che era il raccoglitore di tutti quegli anni di scuola superiore. I quaderni erano buttati alla rinfusa e i bigliettini del mio ex erano ancora là dentro. "Devo assolutamente buttare tutto" mi raccomandai. Così presi i libri per le ore successive e i quaderni stracolmi di cuoricini che mi fecero salire la bile. Ero così "bambina" in prima superiore? Mi ripromisi di bruciare tutto appena sarebbero finite le scuole, così mi diressi verso la classe che era già piena di studenti nonstante fossero le 7.57 di mattina. Il mio piccolo banco pieno di scritte e incisioni fatte col compasso mi faceva pensare. Pensare a quanto gli oggetti che avevo mi rappresentassero. Il mio banco pieno di tagli, come me. Il mio quaderno pieno di cuoricini a rappresentare il fatto che nonstante sembrassi fatta di pietra, avevo anche io bisogno di amore. Le Vans lasciavano le impronte mentre camminavo per tornare all'armadietto. Avevo dimenticato il quaderno di algebra dentro. Camminavo di fretta, sicura di arrivare in ritardo, così non mi accorsi di lui finchè non ci andai addosso. Non è successo quello che succede nelle scene dei film in cui due ragazzi si scontrano e ad uno cadono i libri e l'altro gli da una mano a tirarli su. Quando mi sono scontrata contro di lui, gli ho fatto cadere i libri di mano e i fogli pieni di appunti sono volati sotto le scarpe umide di tutti gli studenti presenti. Stavo pensando di chiedergli scusa, quando lui mi mandò a fanculo. Addio alle scuse. Lo scansai con un braccio e andai verso l'armadietto. Mi capitava spesso di essere insultata, ma non so perchè ma mi aveva infastidito quell'insulto così inappropriato. La serratura scattò e il maledetto quaderno di algebra arrivò sano e salvo sul mio banco. La professoressa entrò come tutte le mattine e cominciò la tortura. Spiegava cose che il mio cervello non riusciva a capire, così ci rinunciai. Presi la mia matita preferita e un foglio bianco. Iniziai a disegnare sul foglio linee incomprensibili, ma che pian piano presero forma.
Avevo disegnato Micheal. Mi capitava sempre più spesso di sognarlo o disegnarlo, ma era andato ormai. Scomparso. Svanito. Andato. Non sarebbe tornato di sicuro, anche se era più o meno a due banchi di distanza. Tutto mi ricordava lui. Ogni margherita che spuntava sul giardino dell'appartamento di mia madre, la bruciavo. Era il primo fiore che mi aveva regalato e da allora è diventato un incubo. Sono diventata margheritofobica penso. Sempre se esista. Ma lasciamo perdere le margherite. Le parole della professoressa scivolavano sulla mia pelle come se fossero una corrente d'aria fredda e basta. La campanella suonò, puntuale e finalmente potei uscire da quella stanza che sapeva di ormoni e croccantelle al pollo. Andai in bagno come sempre e mi chiusi dentro. Tirai fuori le sigarette e presi l'accendino dalla tasca. Feci scattare la rotellina più di qualche volta ma la fiamma non usciva. Seccata come non mai decisi di mettere via il pacchetto e comprarne uno uscita da scuola, in fondo mancavano solo tre ore circa. La folla in bagno era qualcosa di scioccante. Un'orda di puttane che si stavano spintonando per cercare uno spazio di specchio per sistemarsi il makeup. Infastidita ancora di più sgomitai per uscire in mezzo alla folla che c'era fuori dal bagno. Sentivo qualcosa che grattava sotto la scarpa mentre camminavo, così mi guardai attorno e vidi che non c'erano molte persone vicino all'armadietto. Abbassai lo sguardo verso terra e vidi una cosa che mi rimase impressa nella mente. Era un foglio di appunti, di geografia penso, tutto stracciato e bagnato e affianco il suo padrone che mi fissava.
STAI LEGGENDO
Fly With Me
Romance"Respirai il suo profumo dolcissimo e seppellii il mio viso sulla sua felpa morbidissima. Lui cominciò ad accarezzarmi leggermente la schiena e sentii le lacrime scendere senza sapere il perchè. Quando trovai la forza di sollevare il viso dalla sua...