Prologo

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Camminò tranquillo sulla punta dei piedi, il cornicione era fino, ma lui riusciva sempre a stare in equilibrio in tutti i posti possibili.

Alle volte si era chiesto come mai la natura aveva fatto quei cambi negli esseri che popolavano la terra.

Alcuni dicevano che erano stati gli "Dei", esseri superiori, quelli egizi che erano mezzi uomini e mezzi animali, ed altri che avevano il corpo totalmente animale, e la loro unione con gli uomini, avesse creato loro.

Per i nativi americani erano shamani, per gli europei creature da usare come schiavi, per gli orientali dei demoni, gli indigeni dell'Australia forse erano gli unici che li trattavano come persone non diverse da loro.

Ok erano diverse, avevano orecchie e coda, e alle volte canini che uscivano dalle loro labbra più simili a quell animali che a quelle umane. Ma erano comunque creature pensanti.

Fece uno sbuffo, stava scappando dall'ennesima famiglia che aveva tentato di legarlo, ma lui era un gattoide, era difficile affezionarsi fermamente a qualcuno. Un gattoide era un mezzo gatto e mezzo umano, ogni creatura mutevole, prendeva il nome dall'animale primario. Perchè le loro evoluzioni, come animaloidi, portava ad una casualità del dna, ora per esempio un lupoide, poteva fare figli con un orsoide ed avere un figlio gattoide. Più o meno ciò che era successo a lui.

Camminò ancora un poco sul cornicione per poi saltare, senza far quasi rumore, sul tetto della casa vicino. E così fece con quella dopo e dopo ancora.

Quella "famiglia", non lo aveva preso con se per fargli sentire il calore di un posto, ma come "giocattolo" per la figlia, che continuava a fargli dispetti a tutte le ore. Era mezzo gatto quindi notturno, e la ragazzina continuava ad infastidire il suo sonno, innervosendolo e finendo spesso a soffiarle. La coda scattò innervosita al solo pensiero dei genitori che invece di prendere le sue difese, lo attaccavano mettendolo in futili castighi, come chiuderlo in una stanzetta buia. Dove poi per ore miagolava per infasidirli. Per tutta la notte.

Sorrise divertito.

Sapeva esattamente ciò che faceva, non era stupido. Loro lo punivano per i sbagli della ragazzina, e lui faceva passare intere notti a tutta la famiglia svegli. Volevano il gioco duro e lui glielo serviva, non era la prima famiglia che tentava di mettergli un guinzaglio. Un pseudo psicologo per animaloidi, aveva detto che era così per il calore, che lo rendeva psicolabile. E che quindi andava castrato.

Non avevano capito un accidenti, era così perchè la loro figlioletta gli rompeva le palle dalla mattina alla sera, provassero loro a non dormire per mesi.

Quindi, in un momento che non lo avevano rinchiuso, era scappato, e ora si ritrovava a passeggiare sui tetti sperando di non incontrare più gente simile.

Voleva trovare il modo di andarsene da quel paese, e di fuggire in Australia, dove gli animaloidi avevano diritti come tutti gli altri.

Ma senza soldi o una famiglia che ti curasse, alle spalle, era difficile quel viaggio.

Sospirò.

Aveva sentito parlare di un associazione animaloidista, che salvava le creature come lui e le mandava in quel paese a vivere libero.

Il difficile non era sapere di quell'associazione, ma saper dove trovarla.

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Si rifugiò in una casa abbandonata, qualche giorno in quel posto. Giusto per riposarsi, aveva bisogno di dormire.

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-Peter...dove stiamo andando?-

La voce di un ragazzino lo risvegliò dal suo sonno. Le orecchie si tesero all'ascolto mentre la coda saettava come una frusta.

-Sta zitto e muoviti...-

-Peter...ti prego lasciami andare, devo andare a casa...-

-Ti ho detto di stare zitto...-Gridò la voce di quello che doveva chiamarsi Peter. -Farai ciò che devi e poi sarai libero...-

-Io...io...non voglio...-Piagnucolò la sconda voce.

-O fai quello, o finisci all'ospedale...-Sibilò la voce.

Avrebbe dovuto ignorarli e nascondersi, ma il rumore di una zip che si apriva e il ragazzo che scoppiava a piangere più forte, lo mise sull'attenti.

-Togliti i pantaloni...-Gridò ancora quella bestia.

-Peter...non....voglio...ti prego...-

Un basso ringhio gli uscì dalla gola. Quel ragazzino stava per essere violentato.

Fece alcun passi, ed iniziò a ringhiare e soffiare.

-Che cazzo...-Sibilò il tal Peter, mentre lui gli saltava addosso graffiandogli la faccia.

-Provaci con me brutto stronzo...te la prendi con i ragazzini...-Soffiò con denti vicino alla sua gola mentre le unghie passavano sulle braccia segnandogli la pelle.

-Lasciami bastardo di una feccia...non sai chi sono...-

-Mi stai minacciando? Povero idiota...- Le unghie entrarono nella carne dell'altro facendolo piagnucolare come un bambino. -Hai tentato di violentare un ragazzino, e cerchi di manacciarmi? Sai cosa potrei farti senza che nessuno sappia nulla? Sei in una casa abbandonata, e ci siamo solo noi...vuoi morire sfidandomi?-

Quello che aveva attaccato, ora piangeva e scosse la testa. -Non voglio morire...-Pianse.

-Se oserai toccare un altro essere vivente in quel modo...io ti troverò e non ci sarà nessun posto possibile a tenerti nascosto da me...- Parlava e soffiava mentre le orecchie erano indietro in una posa di attacco. -Ci siamo capiti? Io ti troverò...-

Saltò via dal Peter piagnucolante,, mettendosi davanti al ragazzino che tremava.

Quando sentì i passi abbastanza lontano ritrasse gli artigli e si voltò verso il giovane dietro di lui, che fissava la sua coda come fosse ipnotizzato.

Gli venne una risatina sulle labbra.

-Stai bene? Non ti ha fatto del male?- Gli chiese guardandolo e allungando una mano facendogli una lieve carezza sui capelli.

-Io....gr...grazie...- Di slancio lo abbracciò tremando ancora.

Era strano, ma era il primo contatto fisico con un umano che non lo infastidiva.

-Come ti chiami?- Chiese a quel ragazzino che si era finalmente calmato, non aveva più odore di paura, ora era tranquillo. -Daniel..Daniel Malerson..e tu...sei un gattoide...sei...sei...-

Emise uno sbuffo spostandosi e allontanandosi dal ragazzino. -Strano?-

Daniel scosse la testa. -Bellissimo...io...a me...io...-Balbettava imbarazzato. -A me piacciono gli animaloidi, credo siano creature al nostro pari...se esistono vuol dire che sono come noi...coda e orecchie a parte...- Disse arrossendo. -E qual'è il tuo nome?-

-Mi hanno dato molti nomi, ma nessuno è mai stato mio...- Gli disse.

Il sorriso di un gattoide era qualcosa che di rado si vedeva, coinvolgeva tutto il corpo, la coda si scosse tremolante le orecchie erano attente e le labbra lievemente spostate dai canini più lunghi di quelli umani, spostò la testa di lato.

-Quanti anni hai?- Chiese il gattoide.

-14 e tu? Anche se non so che nome hai...ancora...-

-Che nome mi daresti?-

-Blue...ti chiamerei Blue...per il colore dei tuoi occhi...-

Il gattoide gli si spostò lentamente con il suo passo felpato avvicinandosi dolcemente e docilmente al ragazzo. -Puoi chiamarmi Blue...- Un lieve suono che non poteva frenare, e non gli interrssava farlo, provenne dalla sua gola.

Daniel gli sorrise dolcemente, posando le mani sulle sue guance per poi passarle vicino alle sue orecchie.

-Quanti anni hai?-

Nel continuo ronfare si perse nelle dolci e lievi carezze dell'altro. -Ne ho quasi 15...-

Daniel si alzò allungando la mano verso di lui.

-Vieni...-

Blue parve confuso e sorpreso. -Dove?-

-A casa...-

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