N.d.A. Alla fine del capitolo, un brevissimo glossario, molto semplificato (senza asterischi, ho lasciato le parole in corsivo). Come ripeto sempre, questo scritto non ha pretese di fine ricostruzione storica, pertanto se vengono riscontrati errori, me ne scuso e mi potete pure sgridare!
PS. Per la vostra gioia, capitolo lungherrimo. Cià.
"La tua famiglia sa che ti aggiri di notte? Da sola?".
Camilla, semidistesa sul suo triclinio, s'irrigidì più di quanto già non fosse: "No".
Le presentazioni, i convenevoli, gli aruspici come voleva la tradizione degli sponsalia, gli invitati presenti al banchetto. E poi il cibo, la musica, l'aroma dei fiori sparsi per la domus, dall'atrio al tablinium, ai peristili.
Non esisteva nulla. Tutto vorticava attorno a lei, ma nulla esisteva.
Tutto si era annullato nel momento in cui Camilla Verania aveva incrociato lo sguardo con quello di Sergio Sestio Scaptio. Per la seconda volta.
Camilla aveva riconosciuto gli occhi scuri e il viso bruno del tribuno che aveva provato ad inseguirla durante la retata contro i cristiani, appena qualche notte prima. Nel vederlo lì, davanti a lei, aveva avvertito il fiato spezzarsi nei polmoni mentre il sangue aveva cominciato a pulsare e a rombare nelle orecchie con un suono sordo e cupo. La paura le aveva immobilizzato le gambe, benché il primissimo istinto le avesse suggerito di muoverle e scappare via.
In un solo istante prese amaramente consapevolezza che quel tribuno imperiale era il suo promesso sposo.
Sua madre l'aveva guardata con apprensione per quanto era sbiancata in volto. Lei era riuscita appena a simulare come cause l'ansia per l'incontro e l'eccessivo profumo di rose sparse in ogni angolo, che la nauseava.
Il giovane tribuno pure era ammutolito. L'aveva guardata e aveva subito capito chi si trovava di fronte. Aveva appena fatto un lieve cenno col capo alla presentazione, senza far trasparire nessuna emozione, nonostante l'entusiasmo contagioso di Gaio Sestio, il padrone di casa.
Cosa avrebbe potuto dire o fare in quel momento? Restare in silenzio era la cosa migliore. Attendere, studiare la situazione. Capire e, forse, accettare quella situazione. Avrebbe potuto accettarlo? Non sapeva come rispondere. Per qualche istante si scoprì totalmente impotente e incerto sul da farsi.
Camilla e Sergio si erano, così, ritrovati a condividere uno stretto triclinio, l'uno accanto all'altra, senza nemmeno capire come, né chi li avesse fatti sedere proprio lì.
"Suppongo quindi che non sappiano nemmeno che sei cristiana" bisbigliò Sergio a Camilla, talmente vicino che lei aveva avvertito il fiato di lui sul collo.
La fanciulla fece scorrere inquieta gli occhi per la sala, temendo che qualcuno avesse sentito quella frase. I commensali mangiavano e bevevano, chiacchierando tranquillamente mentre dei musici li intrattenevano. Fece no con la testa.
Istintivamente guardò nella direzione di Aulo Pollio e Fannia, anche loro presenti al banchetto: la matrona, forse nel vederla in apprensione, le rivolse un sorriso gentile e rassicurante. Camilla lo ricambiò stirando le labbra e pensò che avrebbe dovuto interloquire con loro il prima possibile. I due coniugi non erano presenti all'assemblea e la ragazza si chiese se Aulo fosse a conoscenza del fatto che Sergio Sestio Scaptio era stato a capo della retata che aveva portato all'arresto di molti cristiani.
"Hai intenzione di denunciarmi, tribuno?" domandò poi lei, dopo qualche istante di silenzio.
Sergio si allungò sulla mensa e prese un'oliva: "No".
Quella risposta sorprese Camilla, che dovette costringersi a sorridere per ricambiare l'espressione soddisfatta e maliziosa di sua madre, la quale s'era accorta che i due promessi stavano parlando tra loro. Se avesse saputo qual era l'argomento di quella conversazione...
"Dobbiamo prendere entrambi atto di questa situazione incresciosa" cominciò a dire Sergio "Se ti denunciassi perderei la possibilità di diventare senatore. E distruggerei la gens dei Veranii".
Quest'ultima affermazione ebbe il potere di far gelare il sangue nelle vene della ragazza. Distruggere sua madre e suo fratello. Non aveva mai pensato a questa eventualità. A quel pensiero, un lieve formicolio le pervase la nuca, provocandole un capogiro.
Sergio la spiò sottecchi e gli sembrò che lei fosse profondamente terrorizzata. Molto probabilmente l'aveva spaventata più di quanto già non fosse. Constatò con disappunto quanto fosse ingenua ed incosciente.
Con un enorme autocontrollo, Camilla volse il viso nella sua direzione e piantò il suo sguardo in quello di Sergio. Il tribuno avvertì una strana sensazione; non aveva mia visto in vita sua due occhi così belli e profondi, nonostante in quel momento fossero velati di un leggero terrore. L'ovale perfetto ed eburneo del viso di Camilla era ancora più affascinante di quanto avesse scorto nel buio notturno. Notò alcune piccole lentiggini, che le punteggiavano il naso. E le labbra rosse e piene come ciliegie mature erano un invito che nessun uomo avrebbe mai potuto rifiutare. Tremavano appena, ma restarono serrate. Gli parve che stesse per dirgli qualcosa ma rimase in silenzio.
Erano vicinissimi e la paura di quella fanciulla era così densa che Sergio potè respirarla.
"Non volevo spaventarti. Non ti denuncerò" le disse lui.
A quelle parole, Camilla avvertì i suoi polmoni riprendere aria. Sergio se ne accorse da come la catenella tra i seni appena velati si era mossa, e distolse lo sguardo da quello di lei. Dovette ammettere che era molto più bella di quanto avesse visto alla luce della luna sull'Appia. Un uomo qualsiasi avrebbe ringraziato gli dei per una sposa così, ma Sergio Sestio Scapto era consapevole che non bastava la sola bellezza per avere una buona compagna accanto a sé. E le premesse non erano così allettanti.
Prese un sorso di vino, dopo qualche istante di riflessione: "E poi, francamente, non m'importa a quale culto tu sia devota, se a Venere, a Iside o a quell'uomo crocifisso che venerate come un dio" concluse.
Camilla sbocconcellò un pezzetto di pane intinto nel vino: "Grazie" mormorò, provando a inghiottire a forza.
"Non ringraziarmi" ribatté lui "Da oggi in poi, venera il tuo dio da sola, in privato, così come stabilito per decreto imperiale, perché la prossima volta che dovessi trovarti a celebrare il culto assieme agli adepti di quella setta, potresti non essere più così fortunata".
La ragazza si voltò appena, incontrando nuovamente gli occhi scuri del tribuno, che s'illuminarono in un sorriso compiaciuto. Era giovane e affascinante quel giovane, eppure terribile: "Mi dispiacerebbe che una così bella fanciulla fosse arrestata e messa a morte" concluse.
Sergio notò come gli intensi occhi blu di Camilla ebbero una sorta di sussulto, un tremolio leggero alla luce debole delle lucerne. Si pentì quasi subito delle sue parole. La stava torturando e non capì il perché. Lui non era così, uno che si divertiva a terrorizzare le ragazzine. Si vergognò di sé stesso.
"Una volta sposati, come tuo marito, abiureresti il tuo credo se te lo chiedessi?" volle sapere lui.
La paura che aveva velato l'espressione di Camilla svanì di colpo: "Mai!" rispose decisa, sollevando appena il mento.
Il tribuno annuì: "Va bene. Ripeto: prega qualsiasi divinità tu voglia, ma fallo in privato e da sola. Che non crei problemi, né a te, né a me".
"Io... non voglio che mi si dica cosa fare" provò ad imbastire lei.
"Non pretendo una moglie ubbidiente" precisò lui, con enorme sorpresa di Camilla "Prendilo come un consiglio. Per il bene tuo e della tua famiglia. Anche di quella futura".
Solo in quell'istante, attraverso quelle ultime parole, Camilla Verania prese coscienza che il tribuno Sergio Sestio Scaptio non aveva pensato minimamente all'opportunità di annullare il matrimonio. Avendo scoperto che era cristiana, avrebbe benissimo potuto rifiutare quella unione, pur non denunciandola apertamente. Evidentemente, la carriera di senatore aveva la priorità.
Il suo futuro marito era un uomo opportunista ed avido, quindi. In fondo, non se ne meravigliò. Espirò l'aria stringendo tra le dita con forza un bicchiere di vetro finissimo. Strinse i denti e represse le lacrime che avrebbe voluto piangere.
Fu in quel momento che entrò nella sala, passando quasi inosservato, Publio Veranio Maecia. Camminò con passo incerto, fino a raggiungere sua madre Cornelia e senza degnare di un solo sguardo nessuno dei presenti. Si accasciò sul triclinio e si fece servire del vino da un servo. Camilla ebbe l'impressione che fosse già ubriaco.
Il banchetto proseguì con numerose portate, mentre Camilla Verania e Sergio Sestio non scambiarono più alcuna parola fra loro.
Il banchetto lasciò spazio al momento degli sponsalia, la cerimonia di fidanzamento, preludio alle future nozze. Davanti ai Lari domestici, Publio Veranio Maecia, in quanto pater familias dei Veranii, avrebbe stipulato un contratto in cui offriva sua sorella al tribuno Sergio Sestio Scaptio.
Cornelia Verania aveva preteso quell'antica cerimonia, ormai in disuso, ad affermare non solo l'accordo tra le due gens, ma anche quanto i Veranii fossero tra le stirpi più antiche di Roma, ai quali interessava supportare le antiche tradizioni degli avi.
Camilla, ancora stordita dagli eventi, raggiunse il suo promesso; dietro di lei si piazzò suo fratello Publio, accigliato e visibilmente alterato dall'alcol, che osservava la scena.
Stava accadendo tutto velocemente e Camilla decise di muoversi come un automa, distaccata e indifferente, altrimenti avrebbe ben volentieri assecondato la voglia di fuggire, che non laveva abbandonata un momento.
"Guardami".
Eppure, la voce di Sergio era arrivata alle sue orecchie, nel silenzio ovattato nel quale si stava isolando. Era stato appena un sussurro gentile. Camilla sollevò lo sguardo, incontrando quello di lui. A differenza di lei, il giovane tribuno sembrava rilassato, quasi sereno. Le prese le mani: calde e grandi, accolsero quelle di Camilla, fredde e tremanti.
Quel gesto la sorprese e si sentì quasi confortata. Guardava quel giovane e affascinate uomo, dagli occhi scuri ed espressivi, il naso dritto e le labbra appena arcuate in un sorriso.
Le stava sorridendo. Quella bocca che aveva parlato di condanne a morte, ora le sorrideva in modo affabile e rassicurante. La ragazza si chiese che uomo era in realtà colui che presto avrebbe unito la sua vita con la propria. Che fosse una sorta di divinità bifronte, che modulava la sua espressione, i suoi modi e i suoi pensieri a seconda della situazione più conveniente? Chi era veramente quell'uomo? Poté solo pregare nel suo cuore di avere la forza di accettare ciò che sarebbe stato di lei e di quel matrimonio.
Publio, alle spalle della sorella, cominciò a tossire e a sembrare irrequieto, tanto che Cornelia dovette sussurrargli qualcosa all'orecchio per calmarlo.
Sergio infilò all'anulare sinistro della sua promessa un sottile cerchio d'oro e mentre lo faceva si rese conto che la voleva. Voleva Camilla. Che fosse cristiana oppure no, a lui non importava. L'aveva vista in una circostanza infelice e, senza sapere chi fosse, le si era impressa dentro, come un marchio a fuoco nella mente, lasciandolo insonne per alcune notti. Spesso si era chiesto chi fosse e dove avrebbe potuto magari trovarla. Ed ora era lì, con le mani piccole e tremolanti nelle sue.
Ora che aveva saputo chi era e cosa il destino o gli dei o il dio dei cristiani, semmai esistessero, avevano preservato per loro due, accoglieva quell'unione con animo diverso. Una fanciulla giovane, ingenua ma istintiva e caparbia, bella come una mattina di primavera. E anche fiera, come quel "Mai" detto a riprova di non possedere una debole personalità. In fondo, ciò che le aveva detto poco prima, era vero: non gli interessava a quale culto era devota. L'importante era che non si ficcasse nei guai e, di conseguenza, gli facesse danno.
Quel cerchietto dorato brillò al dito sottile di Camilla. Gettò una rapida occhiata al senatore Publio Veranio Maecia, che in quel momento non dava un gran bello spettacolo di sé. Non lo conosceva, ma sapeva ciò che si diceva di lui. Sarebbe stata una bella gatta da pelare, ma in fondo poco importava.
Con suo enorme stupore, scoprì che gli importava di Camilla. Come già le aveva detto, le avrebbe fatto accettare di pregare il suo dio in privato. Imporle di abiurare non avrebbe portato ad alcun risultato. L'avrebbe protetta. E avrebbe affrontato tutto con curiosità e senso di sfida.
Al termine del rito, le si avvicinò ancora di più. Camilla era impietrita; sollevò appena il viso e chiuse gli occhi. La bocca di Sergio sfiorò appena la sua, con un tocco leggerissimo, come il battito della ali di una farfalla.
L'aruspice decretò come data propizia le none di giugno.
I presenti alla cerimonia lanciarono auguri e benedizioni.
Camilla Verania si ritrovò ad osservare il tribuno Sergio Sestio Scaptio, allontanatosi per chiacchierare con gli ospiti, dopo la cerimonia degli sponsalia. Era alto, bruno e ben fatto, con spalle ampie e i piedi ben piantati a terra, i bicipiti gonfi e, a giudicare da come la stoffa della sua tunica si incurvava sul petto, le braccia non erano le sole parti del suo corpo ad essere in possesso di solidi muscoli. Aveva uno sguardo intenso, con penetranti occhi scuri, che avevano saputo metterla a disagio.
E il bacio... Si era sentita avvampare in viso, sebbene avesse avvertito sulle sue labbra qualcosa di appena percettibile. La mente della fanciulla venne attraversata per un'istante dal pensiero di come si sarebbe sentita quando lui l'avrebbe abbracciata e baciata per davvero. Arrossì violentemente e scacciò via quel pensiero osceno.
Come poteva un'immagine del genere sfiorare la sua mente, dopo ciò che lui le aveva detto? Lungi da lei giudicare il suo futuro marito dopo lo scambio di qualche frase, ma se si fosse rivelato un essere spregevole, oltre che opportunista, non si sarebbe meravigliata. Inoltre lui sapeva del suo Credo e che aveva partecipato attivamente ai riti cristiani e avrebbe potuto utilizzare quell'informazione per minacciarla o ricattarla. Le aveva sorriso in modo gentile e tenuta per mano durante il rito di fidanzamento, ma non lo conosceva, non sapeva nulla di lui. Ripromise a sé stessa di essere cauta e prudente. Si chiese cosa gli aveva attraversato la mente quando l'aveva riconosciuta.
Sollevò gli occhi, quando sentì la risata di Sergio. Era una risata fresca, nonostante il tono profondo che possedeva la sua voce. Poteva un uomo da disprezzare o da temere possedere un sorriso cristallino come quello?
"Camilla Verania!".
La voce di Fannia la distolse da quei pensieri. La donna la strinse a sé e Camilla si sentì finalmente rincuorata, per la prima volta da quando aveva messo piede nella villa.
Aulo Pollio, accanto alla moglie, guardò Camilla con aria greve: "Mia cara, spero che questa unione ti renda felice ma è bene che tu sappia una cosa".
L'uomo sopirò e abbassò il tono della voce: "L'editto di Gallieno è già entrato in vigore...".
"Ho saputo" disse in un soffio Camilla. Pensò di non dire che, se le circostanze fossero state sfortunate, in quel momento lei sarebbe stata in catene, arrestata proprio dal suo promesso.
"Sergio Sestio Scaptio è uomo di fiducia dell'imperatore" riprese a dire l'anziano senatore "E' probabile che a lui venga affidato il compito di mettere in pratica l'editto".
Camilla annuì, stringendo le labbra. Come avrebbe potuto dire loro che Sergio già era coinvolto e sapeva chi era lei? Ma decise di non parlare.
"Sii prudente per ora" aggiunse Fannia "Parleremmo in privato in un'altra occasione".
La fanciulla si voltò a guardare nuovamente Sergio, il quale, poco distante, già la stava osservando a sua volta. Il tribuno le parve per un istante preso in fallo e distolse lo sguardo, quando venne raggiunto da altri due giovani che, vista la larga fascia di porpora che ornava le loro toghe, dovevano essere tribuni laticlavi come lui.
Uno era snello e alto quanto Sergio, dai folti capelli castani e brillanti occhi verdi. Quando sorrise, mostrò una fila regolare di denti bianchi, rivelando un'espressione accattivante. L'altro era il più basso dei, ma dalla fisicità solida e longilinea, dai corti capelli biondi, gli occhi azzurri e il sorriso buono e sereno, di chi sa trasmettere fiducia con un solo sguardo.
Camilla si riscosse quando, da lontano, Sergio si voltò nella sua direzione e le fece segno di avvicinarsi. Non si aspettò quel gesto. La fanciulla raggiunse il suo promesso provando a darsi un contegno austero mentre si sentiva osservata dai due nuovi venuti.
"Camilla Verania, vorrei presentarti due miei più cari amici, che hanno prestato servizio con me sul Reno".
"Quanta formalità, Sergio!" sbottò quello alto e attraente, che poi rivolse un caldo sorriso alla ragazza "Sono Claudio Decio Peregrino e lui è Tito Fabio Corvo" disse indicando il compagno al suo fianco.
"Siamo tribuni laticlavi come Sergio Sestio" specificò l'altro, dai brillanti occhi azzurri.
"E siamo a tua completa disposizione!" esclamò Claudio.
Camilla scoppiò a ridere, sinceramente colpita dai due giovani: "Sono felice di conoscervi, tribuni".
Sergio la osservò. Da quando aveva messo piede nella domus, quella era la prima volta che la vedeva sorridere. Ridere, addirittura. Era dolce quel sorriso, il mare dei suoi occhi brillava, come in estate.
Claudio si portò le mani dietro la schiena, in una posa rilassata: "Spero che non ti sia troppo spaventata, nel vedere Sergio. Purtroppo è un pessimo soggetto".
Sergio gli rivolse una smorfia contrariata: "Come te, del resto".
"Non preoccuparti" intervenne Tito all'indirizzo di Camilla "Sergio è un po' burbero, ma in fondo è un bravo ragazzo".
Claudio rise di gusto: "Bravo ragazzo? Lui?".
Camilla continuò a ridere nel vedere quei giovani punzecchiarsi come commilitoni e partecipò lei stessa con qualche battuta alla conversazione che i due tribuni avevano imbastito. Sergio continuò a guardarla, restando quasi in disparte. Si rese improvvisamente conto che non riusciva a distogliere gli occhi da lei, da quel sorriso che rendeva più puro e dolce il suo viso, lasciando spazio ad un brillante colloquio. La ragazza terrorizzata e sconvolta alla luce della luna, era un lontano ricordo.
Cornelia Verania richiamò la figlia: "Mi spiace, ma devo allontanarmi".
"Di già?" commentò deluso Claudio.
"Spero di rivedervi presto".
"Con immenso piacere, Camilla Verania" salutò affabilmente Tito.
Camilla si allontanò, seguita dallo sguardo dei tre uomini.
Claudio colpì con una manata, la schiena di Sergio: "Sei un fortunato bastardo!".
Sergio non parve accusare il colpo, ma lo squadrò con astio: "Davvero?".
"E' giovane e bella" commentò Tito "E sembra una fanciulla molto dolce ed intelligente anche. Cos'altro vuoi di più?".
"Non mi sembra di essermi lamentato" puntualizzò il tribuno.
"Dipende da cosa vuoi o ti aspetti" disse Claudio, diventato improvvisamente serio "Questo è un matrimonio di convenienza, ma potrebbe rivelarsi una sorpresa".
Sergio aggrottò la fronte, perplesso: "In che senso?
Claudio incrociò le braccia al petto ed inclinò appena il capo a guardare Camilla in compagnia della madre: "Una fanciulla con uno sguardo del genere, ingenuo e fragile, ma profondo e puro, hanno il potere di far impazzire un uomo. Persino uno come te".
Sergio parve riflettere sulle parole dell'amico e Tito sorrise: "Credi che Sergio possa affezionarsi a lei?" chiese, come se il compagno non fosse presente.
"Affezionarsi? Oh, no!" disse Claudio, passandosi una mano tra i capelli "Peggio! Potrebbe innamorarsi sul serio!".
"Sei così sicuro?" chiese in tono sarcastico Sergio Sestio.
"Se continui a guardarla così, non fai altro che confermare il mio pensiero".
"In effetti... osservandoti meglio..." notò il biondo.
Sergio grugnì infastidito ma senza rendersene conto, posò gli occhi su Camilla. Si affrettò a distogliere lo sguardo.
"Devo ammettere Claudio, che stavolta hai proprio ragione!" esclamò Corvo.
Innamorarsi.
Sergio fece spallucce cercando di darsi un tono, mentre gli altri due tribuni ridevano. Poteva ben affermare di non essersi mai innamorato in vita sua, e di donne ne aveva avute a quasi trent'anni d'età. Infatuato? Qualche volta, certo. Innamorato di quell'amore struggente e sofferto di cui parlavano i poeti, mai. C'era anche chi affermava che l'amore era anche felicità ed euforia, ma neanche quello gli era mai capitato.
Le sensazioni che aveva provato prima, durante il rito, quando aveva potuto tenere le mani di Camilla tra le sue? Non sapeva come definirle. Attrazione? Certo; era un uomo caratterizzato da un certo appetito e, quindi, nel trovarsi una ragazza come Camilla Verania davanti, come avrebbe potuto rimanere indifferente? Ma non era qualcosa di esclusivamente fisico. Aveva desiderio di lei, ma anche di qualcosa che non avrebbe saputo definire, come l'istinto di protezione e possesso. Sembrava tutto nuovo.
Prese un sorso di vino, sorrise ai due amici e cambiò argomento.
Annia Peregrina si stava annoiando. Fece vorticare il vino aromatico nella sua coppa, osservando con indifferenza sia l'opulento cibo che veniva servito, sia gli ospiti di quel banchetto di fidanzamento. Aveva dovuto seguire suo marito Claudio Decio Peregrino e avrebbe anche trascorso una serata piacevole in un ambiente a lei congeniale, se solo Claudio le fosse stato accanto. Ma ovviamente lui era in compagnia di Tito Fabio Corvo.
Lo detestava. Odiava i modi affabili ed educati di bravo ragazzo che aveva Corvo, il suo sorriso gentile e accorato, il suo essere una presenza ingombrante nella vita di Claudio e, inevitabilmente, nel suo matrimonio.
Quei pensieri vennero però sostituiti da altro. Poco lontano, il senatore Publio Veranio Maecia si faceva versare altro vino. Lo aveva già notato prima e non solo perché era il fratello della futura sposa; in fondo, un senatore influente raramente sfuggiva alla sua attenzione. Era decisamente intrigante: capelli corvini tirati all'indietro e occhi blu, alto e longilineo, leggero filo di barba trascurata da qualche giorno, bocca dalle labbra sottili spiegate in un sorriso sprezzante. Aveva osservato come questo si fosse unito al banchetto in ritardo, incerto sulle gambe; di come avesse deliberatamente evitato i saluti del padrone di casa e si fosse rivelato alquanto contrariato durante la cerimonia.
Era tra i senatori più giovani di Roma e lo precedeva una pessima nomea. E quando una schiava gli versò il vino, Annia lo vide palpeggiare compiaciuto le natiche della povera serva.
La donna sorrise nel giudicarlo un soggetto interessante. Decisa a svoltare in meglio quel noioso congresso, si levò in piedi, raggiungendo in pochi ed eleganti passi il triclinio dell'impertinente senatore.
Glossario:
Sponsalia: cerimonia di fidanzamento o anche promessa di matrimonio
Lari domestici: divinità del focolare domestico, protettori della casa e della famiglia
Aruspice: sacerdote
None di giugno: il 5 giugno secondo il calendario romano (nel III sec. d.C., era in vigore il calendario giuliano)
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Lux in Tenebris
Historical FictionRoma, 257 d.C., Publio Licinio Valeriano e Publio Licinio Egnazio Gallieno Imperatori Il tribuno Sergio Sestio Scaptio torna a Roma dopo anni passati a combattere per l'Imperatore, con un nuovo compito: dare la caccia ai membri della setta dei crist...