Capitolo XVIII - Miles mortem

245 12 3
                                    

N.d.A. Buon anno a tutti, che il 2021 sia un anno di rinascita e ricostruzione. Avrei voluto pubblicare per novembre ma non ce l'ho fatta.E nemmeno per dicembre, eh. Meglio tardi che mai, sigh! Emotivamente sono abbastanza provata, con questo capitolo se ne va via un pezzetto del mio povero cuoricino.
Buona lettura!


Capitolo XVIII – Miles mortem

Camilla, d'istinto, sollevò una mano e il gruppo si arrestò.
La fanciulla, assieme a Corvo, Handal e all'uomo di fiducia del tribuno, un siro di nome Narcissus, aveva impiegato poco tempo a raggiungere la villa dei Veranii e sin dal momento in cui le alte mura perimetrali della domus erano comparse ai suoi occhi, un senso di inquietudine l'aveva pervasa. Inquietudine che si era acuita man mano che la distanza dall'entrata principale si accorciava. I vecchi e fuligginosi bracieri, che venivano accesi al tramonto e alimentati per tutta la notte ad illuminare le spesse ante di quercia della casa e il tratto di strada antistante, erano spenti e freddi. A quella vista, la ragazza aveva sollevato il braccio a fermare l'avanzata.
"Cosa c'è?" chiese Tito.
"Guarda i bracieri" rispose Camilla "L'ostiarius* serve la mia famiglia da prima che io nascessi... Non è mai accaduto che dopo il tramonto la domus fosse così buia". Afferrò il braccio di Corvo, accanto a lei "Ho una brutta sensazione. Deve essere successo qualcosa".
Il tribuno fece un cenno d'intesa ad Handal e a Narcissus, poi si rivolse a Camilla: "Ci avvicineremo con prudenza allora. Ti prego, Camilla Sestia, di restare in disparte col tuo schiavo, per evitare una possibile situazione di pericolo".
"Permettimi di seguirvi a distanza" replicò lei "E' pur sempre la casa in cui sono nata... E mio fratello potrebbe aver bisogno di me".
Quelle ultime parole suscitarono in Handal un lieve grugnito di disappunto.
Corvo accettò non senza remore e, assieme all'altro uomo, sguainò la propria arma, cominciando ad avvicinarsi furtivo all'entrata. Dietro di loro seguivano Camilla e Handal, a pochi passi di distanza. Lo germano strinse le dita attorno all'elsa del suo gladio e prese per mano Camilla. La stretta, calda e avvolgente, di Handal ebbe un effetto tranquillizzante sulla fanciulla.
"Sono pronta" mormorò con decisione.
Il tribuno, lentamente e con fare guardingo, raggiunse le porte e si accorse che erano appena socchiuse. Con un cenno del capo, avvisò Narcissus e spinse delicatamente: il legno cigolò sui cardini e i due uomini entrarono, silenziosi, seguiti da Camilla e Handal. L'atrio si presentò immerso nella penombra notturna, apparentemente vuoto. Anche i grilli estivi parevano essersi zittiti.
Rumore di passi che si avvicinavano, parole indistinte e biascicate, una risata sguaiata.
Tre uomini, in atteggiamento rilassato, entrarono nell'atrio e furono colti completamente alla sprovvista quando si ritrovarono davanti agli occhi Tito Fabio Corvo e Narcissus. I tre fecero appena in tempo a sguainare le loro armi per rispondere all'aggressione, che sopraggiunse anche un quarto uomo, urlando.
Handal spinse Camilla contro una parete: "Non muoverti!".
La ragazza appiattì la schiena contro il muro e sobbalzò quando vide Handal piantare nella schiena di uno degli uomini la sua lama, con la stessa tranquillità di quando si infilza un pollo con lo spiedo. Stette a guardare in silenzio quello scontro per istanti che le parvero eterni ma non riuscì a trattenere un urlo quando Narcissus cadde sotto i colpi brutali di due uomini.
"Camilla!".
"Publio?" urlò lei di rimando, riconoscendo la voce che l'aveva chiamata "Publio!".
Corse nella direzione da cui era provenuto il richiamo, incurante di altri possibili uomini armati presenti nella casa. Giunse ansimante nel tablinium e vide suo fratello, riverso sul pavimento, con mani e piedi legati. Sanguinava dalla bocca e aveva un occhio pesto.
"Il bambino!" le urlò.
Camilla si piegò su di lui, gettandoglisi addosso e cercando tentoni i nodi delle corde per poterlo liberare: "Il bambino?".
"E' qui, nella domus!" le disse.
"Il piccolo Flavio è qui?".
"Cercalo e portalo via!".
La fanciulla riuscì a districare il nodo che teneva strette le mani di Publio, si sollevò e riprese il corridoio opposto, mentre il senatore, con le mani finalmente libere, armeggiava con la corda che gli stringeva le caviglie.
Senza riuscire a mettere insieme un pensiero logico e lucido, Camilla si affacciò nei cubicula interni alla domus che davano su di un porticato colonnato, fino ad arrivare a quello che era stata la sua alcova, col cuore che batteva così forte da sembrarle voler uscire fuori dal petto.
Lì, su quello che era stato il suo giaciglio, immerso in un sonno pesante, c'era Flavio.
Si chinò su di lui, tastandone braccia e gambe ed esaminandone il viso con le mani che le tremavano. Le sembrò che il bambino stesse bene, seppur molto probabilmente fatto addormentare a mezzo di qualche infuso di erbe soporifere.
Inspirò l'aria a ritrovar la calma e prese tra le braccia Flavio.
Nel momento stesso in cui fece per uscire dalla camera col bambino appeso al collo, si bloccò. La soglia del cubiculum era occupata dalla mole grossa e tozza di un uomo armato di pugnale.
L'uomo fece un passo in avanti, verso di lei, con fare minaccioso, ma venne tirato all'indietro, finendo in terra.
"Helios! Maledetto!".
"Publio!" urlò Camilla.
Il giovane senatore, seppur disarmato, si avventò contrò il greco riuscendo ad assestargli un pugno in pieno viso. Il colpo ebbe l'effetto di far infuriare ancora di più il suo avversario che, ruggendo di rabbia, si sollevò e reagì, pugnale alla mano. Publio, ferito e privo di forze per i giorni della prigionia che lo avevano provato nel fisico, riuscì a scansare la lama di Helios ma barcollò all'indietro e cadde di schiena. Batté la nuca contro una colonna del porticato e perse i sensi.
Camilla, paralizzata dal terrore, strinse a sé il bambino e urlò.
Distratto da quel grido, il greco si voltò e si trovò addosso il tribuno Tito Fabio Corvo, armato di gladio. Il greco quindi si divincolò e provò a colpire a sua volta il giovane con tutta la forza che aveva, con Tito già in posizione, pronto a rispondere al colpo.
Camilla chiuse gli occhi, strinse a sé il bambino e alle sue orecchie arrivarono solo dei suoni orribili, come un cozzare metallico, dei gemiti e poi un rantolo da soffocamento. Riaprì gli occhi nello stesso istante in cui Helios, con la gola squarciata cadeva sulle ginocchia. Il greco si portò le mani al collo, la bocca spalancata in un urlo muto; tra le sue dita un fiotto di sangue nero fluì veloce e continuò a scorrere anche quando questi si accasciò al suolo.
Camilla si accorse che stava trattenendo il fiato ed ebbe un singulto. Senza che se ne fosse resa conto, si trovò Handal vicino e gli diede il piccolo Flavio in braccio.
"Tito?" chiamò.
Il biondo tribuno le dava ancora le spalle ed era rimasto immobile anche quando Helios era finito in terra, ormai morto. Il gladio dalla punta insanguinata gli scivolò dalle dita e finì in terra con un sinistro rumore metallico, che echeggiò nel porticato.
Corvo finalmente si voltò, guardò Camilla con occhi lucidi e distanti, e si portò le mani al ventre, dove il pugnale del greco si era conficcato.
"No!".
Il giovane venne meno sulle gambe e Camilla si lanciò in avanti, riuscendo ad attutire, per quel che poteva, la sua caduta.
La fanciulla strappò la stoffa della tunica che lui indossava e costatò che lama era penetrata a fondo nella carne, fuoriuscendo solo per l'elsa. Il sangue, nero e liquido, si divideva in sottili rivoli scuri sulla pelle chiara del ragazzo.
Handal, che aveva deposto il bambino sul pavimento, si chinò sul tribuno, certo sul da farsi. Nonostante la grave ferita, Tito sembrava avere ancora i sensi attivi e rispose con un cenno di assenso allo sguardo dello germano.
Lo schiavo quindi chiuse la mano enorme attorno alla rozza impugnatura e con un gesto secco tirò via il pugnale. Corvo urlò e Camilla schiacciò i palmi delle mani contro la ferita, nel tentativo vano di fermare l'emorragia.
La vista le si distorse e avvertì le lacrime scorrerle sulle guance: "Ti portiamo via di qui! Subito! Da un medico!".
Handal, con aria cupa, non si mosse e lei si guardò le mani, già sporche di rosso scuro, che teneva premute sul ventre affannato di Tito. Tra le sue dita, il sangue, caldo e vischioso, parve fluire più lentamente.
"Handal!" gridò Camilla disperata "Muoviti!".
Lo schiavo fissò negli occhi la sua domina e fece no con la testa. Aveva visto ferite come quelle innumerevoli volte sui campi di battaglia delle foreste germaniche e sapeva bene che non c'era niente da fare.
"Inutile" sentenziò laconico lui, non senza dispiacere.
Per la prima volta in vita sua, Camilla avvertì una rabbia sordida avvelenarle le vene e rombarle nelle tempie e nelle orecchie: "Corri a cercare mio marito e il tribuno Peregrino" comandò tra i denti "Ubbidisci, schiavo!".
Handal allora ubbidì e solo in quel momento Camilla avvertì le dita gelide di Tito attorno ai suoi polsi. Lo guardò: il bel volto era pallido e i lineamenti contratti dal dolore. Gli occhi azzurri, colmi di lacrime, erano puntati su di lei e Camilla singhiozzò.
"Flavio...".
"Il bambino sta bene" gli rispose lei, col fiato spezzato dai singulti.
Il tribuno le accennò un sorriso: "Claudio... felice...".
"Claudio ne sarà tanto felice perché hai salvato suo figlio" prese a dire lei, piangendo "E io ti ringrazio dal profondo del mio cuore perché hai salvato me e mio fratello".
Le iridi chiare di Tito continuarono ad essere fisse su di lei: "Prega per me il tuo dio" le sussurrò, col respiro che rallentava.
"Sarai sempre presente nelle mie preghiere".
Nonostante avesse compreso che non c'era più nulla da fare, Camilla continuava a premere le mani contro la ferita del ragazzo, senza osare spostarle.
Tito si allungò e le sfiorò, con la punta delle dita, una guancia rigata di lacrime: "Claudio..." sussurrò.
"Io e Sergio veglieremo su di lui" gli disse "Stai tranquillo".
Lui, rincuorato, schiuse le labbra a dirle qualcos'altro ma non ci riuscì e smise di respirare. I tratti contratti si rilassarono e lo sguardo limpido e azzurrino che possedeva il tribuno, si spense.
Camilla gemette addolorata e col fiato spezzato, avvolta nel silenzio della notte.
Poi mormorò: "Mio Dio, ti raccomando l'anima di Tito Fabio Corvo, abbi cura di lui".
Gli posò la fronte sul petto ancora tiepido e pianse disperata.


Glossario:
Ostiarius: schiavo che aveva funzione di portiere.

Lux in TenebrisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora