N.d.A. Capitolo nove, non lungo come mio solito, di passaggio e di introspezione dei protagonisti e sul loro rapporto. La macro-trama sulle persecuzioni cristiane sembra stia passando in secondo piano, ma non è così eh! Ci saranno sviluppi... ma intanto le cose per Publio si mettono male... buona lettura!
Capitolo IX – Amor deus agit
Fuori dalla piccola stanza che Sergio aveva messo a disposizione di Camilla, dove ora uno schiavo di origini greche la stava visitando, il tribuno osservò Handal: "Raccontami cosa è accaduto".
"Il dominus Publio ha picchiato la mia domina" dichiarò il germanico, laconico.
Sergio granò gli occhi, incredulo: "Stai mentendo, schiavo. Non è possibile!".
Handal incrociò le braccia contro il torace possente e serrò la mandibola. Sergio fu sicuro che non avrebbe cavato nient'altro da quel barbaro.
"Ad ogni modo... hai fatto bene a portarla qui".
In risposta, il tribuno ricevette un'occhiata di sufficienza.
Il medico greco uscì dal cubiculum: "A parte qualche livido su addome, braccia e cosce, la domina sta bene. Servirà un unguento disinfettante per le labbra e un infuso calmante per i nervi, da bere prima di dormire. Necessita di riposo. Tornerò domani mattina a controllare".
Il tribuno entrò nella stanza, trovando Camilla accucciata sul letto. La fanciulla, quando lo vide, si asciugò il viso con le mani e sollevò lo sguardo.
Sergio si sedette sulla sponda del letto, guardandola accigliato: "Il tuo schiavo ha detto una cosa infamante".
"Ho sentito cosa ha detto" rispose lei, tirando su col naso "Ti ha detto la verità".
Sergio Sestio fece cadere gli occhi sullo zigomo sinistro di Camilla, dove una vistosa macchia scura punteggiata di rosso ne deturpava la pelle chiara. Il labbro medicato, era gonfio e violaceo. Avvertì una profonda collera pulsargli nelle vene e nelle tempie.
"Perché lo ha fatto?" chiese tra i denti.
"Era ubriaco" cominciò a raccontare lei "Mio fratello ed io abbiamo sempre avuto un rapporto molto stretto. Per quanto il carattere di mio fratello non sia dei migliori, con me Publio è sempre stato il miglior fratello maggiore che avessi mai potuto desiderare. Gentile, premuroso e protettivo. Non ha mai fatto una cosa del genere, prima".
Il tribuno ascoltava la fanciulla, senza riuscire a calmare la rabbia.
"Ma questa sera è rientrato ubriaco e furibondo per qualcosa... Ha detto di essersi messo nei guai... Non era in sé".
"Stai tentando di giustificarlo?" domandò incredulo lui.
"No... cioè, non lo so...".
La fanciulla si portò una mano sugli occhi e le scappò un singulto sofferente; i lunghi capelli neri, sciolti e ancora umidi di pioggia, a coprirle il viso. A quella vista, Sergio scattò in piedi, in preda alla smania e ad una rabbia latente, frustrato nello scoprirsi totalmente impotente in quel momento. Il senatore Maecia aveva aggredito e ferito Camilla, la propria sorella. Avrebbe provato ira e sdegno anche se non si fosse trattato di lei, la sua futura moglie.
"Devo...".
"Non fare niente" gli chiese lei, le guance rigate di lacrime "Ti prego".
Il giovane cacciò rabbiosamente l'aria dalle narici: "Dovrò parlarci".
"Non approva il matrimonio" gli rivelò "Credo che ti odi".
"Francamente, non ne sono sorpreso".
Le si avvicinò e si risedette sul letto. La vista di lei, ferita nel corpo e nell'anima, gli fece profondamente male. Per tre lunghi giorni aveva fatto monitorare la domus dei Veranii per controllare gli spostamenti di Camilla, dopo quanto accaduto alla Suburra. Per quanto il desiderio di rivederla fosse vivo e presente, ora dopo ora, aveva fatto leva sulla sua forza di volontà per non andare a trovarla. Il giovane tribuno si sentì in colpa e se la prese con sé stesso: forse avrebbe potuto evitare la violenza del senatore nei confronti della sorella. Frenò l'impulso di stringerla a sé: dopo ciò che aveva subìto, avrebbe potuto allontanarlo. Si limitò ad allungarle la destra, in un gesto di offerta. Camilla lo fissò negli occhi e posò la mano in quella di lui, calda e grande. Lui le strinse lievemente la mano, e Camilla né trovò una sorta di conforto. Provava dolore, e non solo per i colpi presi. L'ennesima lacrima le scivolò sulla guancia, finendo la sua corsa sul labbro ferito. Avvertì bruciore.
"Sergio..." sussurrò.
"Sì?".
I profondi occhi blu di Camilla Verania, calmi e liquidi di lacrime, lo guardarono con intensità dolente. Sergio Sestio comprese, in un lampo di lucido slancio, quanto lei gli fosse cara. Era una sensazione del tutto nuova. Fu come il sole che squarcia le nubi, in una giornata incerta.
"Dimmi" le mormorò "Chiedimi tutto ciò che vuoi".
Tutto ciò che vuoi.
Camilla si sentì straziare l'anima. Forse le sue preghiere erano state esaudite. O forse era la gravità del momento e della sua condizione che lo facevano dire quelle cose. Eppure la vicinanza di Sergio Sestio la stava tranquillizzando. Lampi di immagini e sensazioni terribili di suo fratello Publio che le si scaglia contro, erano vividi nella sua mente. Sarebbe impazzita facilmente se la presenza di Sergio lì, seduto a poca distanza da lei, non le stesse trasmettendo un po' di sicurezza.
Lui avrebbe potuto essere indifferente a lei e a tutta quella storia. Invece l'aveva accolta nella sua domus e fatta curare. Voleva far qualcosa per lei.
"Vorrei solo che tu mi abbracciassi" singhiozzò.
Lo vide sorridere, lo sguardo bruno che si addolciva, come mai lo aveva visto prima.
Sergio per un istante ebbe quasi timore di farle male, quindi si limitò ad avvicinarsi ancora un pò a lei e ad aprire le braccia. Camilla gli si accoccolò addosso e, per la prima volta nella sua vita, si fece abbracciare da un uomo che non fosse suo fratello o suo padre, prima che morisse.
Il giovane tribuno le accarezzò la schiena e i capelli, con tutta la delicatezza che poteva, assaporando quel momento. E quando Camilla strinse tra le dita un lembo della sua tunica, quasi a volersi aggrappare a lui, desiderò che quegli istanti non avessero mai fine. Non avendo mai provato qualcosa di simile, si chiese se si stesse innamorando sul serio. La struggente voglia di stare con lei, mista alla volontà di prendere a pugni il senatore Maecia per ciò che le aveva fatto, propendevano per il sì.
La fanciulla respirò l'odore che emanava quello che presto sarebbe diventato suo marito, crogiolandosi al calore che quel corpo solido e rassicurante di giovane uomo le trasmetteva. Si ancorò a lui, d'istinto. Si sentì protetta da colui il quale, lo stesso giorno in cui erano fidanzati, le aveva parlato di arresti e condanne a morte. Quelle parole orrende, tra le sue braccia, scomparvero come neve al sole, per lasciare spazio al ricordo del loro bacio. Camilla Verania si sentì avvampare dall'improvviso desiderio di essere nuovamente baciata da lui. Sospirò e l'indolenzimento per la violenza subìta la fece gemere.
"Ora sei qui con me e ti prometto che non ti accadrà mai più nulla di male" le sussurrò.
Si scostò appena da lei, per cercarle lo sguardo. Camilla Verania lo guardò e il suo respiro così vicino, che si mescolava a quello di lui, le fece credere che davvero l'avrebbe baciata. Lo vide esitare e fece ciò che lei stessa non avrebbe mai creduto di riuscire a fare.
Posò le sue labbra su quelle di Sergio Sestio. Agì senza pensare, ma la ferita al labbro la fece mugolare. Il tribuno, completamente spiazzato da quel gesto, si impose a malincuore di allontanarsi da quella bocca invitante. Avrebbe voluto spogliarla e lenire i lividi del corpo nudo di Camilla con i suoi baci e le sue carezze. Prenderla e farla sua, dolcemente e a lungo, a dimostrarle che con lui avrebbe potuto ricevere solo e soltanto amore. Ma non era quello il momento.
"Dominus".
La voce dello schiavo lo fece girare di scatto. Camilla ammirò il profilo bruno del suo promesso, lo sguardo allerta e attento di soldato, il naso dritto, il mento volitivo, la fronte alta appena accarezzata da un ciuffo di capelli corti. Aveva male ovunque e, nonostante ciò, avvertì la profonda attrazione che quell'uomo, che in fondo quasi non conosceva, esercitava su di lei.
"I tribuni Corvo e Peregrino chiedono di te".
Sergio aggrottò la fronte, interrogativo. Che ci facevano quei due a quell'ora tarda a casa sua?
Camilla Verania gli lasciò la tunica, che ancora stringeva tra le dita, e lui si riscosse.
"Hai bisogno di dormire" le disse "Di qualunque cosa tu abbia bisogno, gli schiavi di questa domus te la daranno".
Fece per andarsene ma si bloccò, esitando: "Se invece vorrai ancora abbracci... e baci...".
Camilla Verania allargò appena gli occhi, imbarazzata. Quell'espressione ebbe il potere di far illuminare il volto del tribuno con un grosso sorriso.
"Per quelli, fammi pure chiamare. In qualunque momento".
"In qualunque momento?".
"Certo. Tutti gli abbracci e i baci che vorrai. E che vorrò io".
Stavolta a Camilla scappò un sorriso.
"Gallieno ci vuole ancora nel suo seguito?" domandò Sergio Sestio, andando incontro a Peregrino e a Corvo.
"No".
La riposta secca di Claudio Decio e il suo sguardo accigliato, turbarono il tribuno. Dietro il compagno, neanche Tito Fabio aveva un'espressione migliore.
"Sono qui a titolo personale" cominciò a dire Claudio "Riguarda una persona con la quale presto ti imparenterai...".
Sergio Sestio fece una smorfia irata: "Il senatore Maecia, per caso?".
"Indovinato".
Tito fece un passo in avanti, scrutando il viso contrariato di Sergio: "E' successo qualcosa?".
"Sì" grugnì il tribuno "Qualcosa di molto grave. E dalle vostre facce, ne deduco che abbia fatto anche altro".
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Lux in Tenebris
Historical FictionRoma, 257 d.C., Publio Licinio Valeriano e Publio Licinio Egnazio Gallieno Imperatori Il tribuno Sergio Sestio Scaptio torna a Roma dopo anni passati a combattere per l'Imperatore, con un nuovo compito: dare la caccia ai membri della setta dei crist...