Capitolo XIII - Ubi tu Gaius, ibi ego Gaia

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N.d.A. Si passa la quarantena a scrivere... E siccome l'aggiornamento era fin troppo lungo, ho deciso di dividerlo in due capitoli: questo e il prossimo, che arriverà la prossima settimana. Capitolo leggermente rilassato, ma annunciatore di guai. Come al solito, alla fine del capitolo, alcune precisazioni.
Grazie di cuore a chi passa da queste parti e si sofferma a leggere!

Capitolo XIII - Ubi tu Gaius, ibi ego Gaia

Camilla Verania socchiuse gli occhi, rilassata, sotto il tocco leggero e preciso delle dita di Kara che le intrecciava i capelli. Dopo aver pettinato e diviso in ciocche le lunghe chiome corvine della sua domina, la nubiana aveva cominciato ad intrecciarle con mani esperte, sotto l'occhio attento di Cornelia Verania. In seguito, la schiava fermò le trecce in una bassa conocchia, alla base della nuca, con l'ausilio di piccoli spilloni d'avorio, e le raccolse con una reticella rossa.
I passeri cinguettavano allegri e il sole splendeva già caldo, irradiando di luce il porticato e la camera di Camilla, nella ricca domus degli Scapti.
Quella giornata di giugno era esplosa calorosa, profumata di verbena e maggiorana, e contrastava nettamente con lo sguardo malinconico di Camilla, che già indossava la candida veste nuziale senza orli, così come voleva la tradizione*.
I giorni si erano succeduti veloci, tra gli ultimi preparativi, stavolta seguiti direttamente dalla madre Cornelia, le preghiere intime che Camilla recitava nel silenzio della notte e le visite serali di Sergio Sestio. Anche i segni delle percosse di Publio oramai erano scomparsi e lei, nello sfiorarsi il labbro guarito, si chiese per l'ennesima volta dove fosse suo fratello. Non aveva più ricevuto sue notizie dall'ultima volta che avevano parlato.
La ragazza si sollevò in piedi e Kara le cinse i fianchi con una cintura di lana che assicurò con un doppio nodo.
"Camilla!" esclamò Cornelia, indispettita "Perché questa espressione? Poco fa ho intravisto Sergio Sestio nell'atrio... Era così energico! Mentre tu sembri una condannata a morte!".
"Sono semplicemente tranquilla" le rispose lei, mentre Kara le copriva le spalle con un mantello color zafferano e le posava sulla testa un'acconciatura fatta di fasce di stoffa unite tra loro, dalle quali pendeva un velo rosso, lungo fino alle caviglie e dalla consistenza così leggera da risultare quasi impalpabile.
Aveva detto la verità. Quel mattino di inizio estate si era svegliata con l'animo in pace, come mai le era accaduto nei giorni precedenti. Eppure c'erano alcune cose che avvertiva come sospese ed irrisolte: innanzitutto Publio, che non l'aveva più cercata e con il quale avrebbe voluto ulteriormente chiarirsi; la sua comunità cristiana, tra cui Aulo Pollio e Fannia, che parevano essersi dileguati e con i quali aveva perso completamente i contatti, sin dalla sortita alla Suburra; ed, infine, Sergio. Erano giorni che sembrava irrequieto e sfuggente con lei e non era riuscita a capirne la causa.
Che fosse per il matrimonio?
Il pensiero che un tribuno imperiale serio ed integerrimo come lui potesse essere turbato dalle nozze, l'aveva fatta sorridere.
Il dolce aroma dei fiori d'arancio, intrecciati a ramoscelli di mirto, l'avvolse, quando la nubiana le sistemò sul capo la coroncina nuziale.
"Eppure avete passato del tempo assieme" insistette Cornelia "E' un giovane uomo molto affascinante. Possibile che il bel tribuno non sia riuscito a risultarti interessante?".
Camilla accennò un sorriso ed arrossì: "In effetti... Sergio è molto intelligente e ha buon cuore".
Il rossore che aveva imporporato le guance della figlia sembravano dire ben altro e Cornelia assunse un'aria maliziosa: "Buon cuore, certo. E direi che possiede anche una bocca impertinente, che sa dare molti baci, da quanto ho saputo".
La fanciulla strabuzzò gli occhi e Cornelia, sempre più compiaciuta, continuò: "Spero che il tribuno si sia preso solo dei baci e non qualcos'altro! Che abbia deciso di aspettare questa sera per soddisfare la sua foga. Ma se così non fosse, pazienza! Ti sei almeno divertita?".
"Madre!" esclamò Camilla imbarazzata, rivolgendo poi uno sguardo di rimprovero verso Kara, che abbassò il capo e indietreggiò, con aria colpevole.
In quel momento entrò Sergio. Vestito di tutto punto, la sua sola presenza riempì il piccolo cubiculum.
Cornelia Verania si illuminò nel vederlo: "Questa è la conferma che il tribuno Scaptio è davvero impaziente!".
Il volto bruno di Sergio si accigliò, perplesso, non comprendendo quelle parole, ma cambiò completamente espressione quando i suoi occhi scuri si posarono su Camilla. I tratti del volto si rilassarono e le sue labbra si arcuarono in un sorriso, che gli fece comparire una fossetta sulla guancia perfettamente rasata.
"Cornelia Verania, col tuo permesso, vorrei parlare con Camilla. Da solo" disse lui, senza distogliere lo sguardo.
Una volta soli, Sergio e Camilla restarono così, immobili, a guardarsi silenziosi, finché entrambi non sorrisero, allegri.
Il tribuno si avvicinò alla sua sposa, specchiandosi nel blu del mare calmo e profondo degli occhi di lei, come sempre sconcertato dal potere che aveva lo sguardo di quella fanciulla su di lui. Si riscosse per un momento e mostrò a Camilla un sacchettino di cuoio che aveva tenuto in mano per tutto il tempo.
"Volevo farti un regalo... Ovviamente niente di vistoso. Qualcosa che potesse piacerti e fosse adatto a te".
Camilla prese il sacchetto dalle mani di lui e lo aprì. Tra le sue dita comparvero una collana e un bracciale d'oro, dalle maglie sottili e semplici, tra le quali erano incastonati, ad intervalli regolari, piccoli zaffiri blu traslucidi, dalla forma tondeggiante. Ai due gioielli, facevano il paio una coppia di orecchini, della stessa manifattura e con le stesse pietre pendenti.
"Sergio, sono bellissimi!" esclamò, incredula.
Sua madre Cornelia possedeva molti gioielli, alcuni anche vistosi e appariscenti, che lei aveva indossato in rarissime occasioni, trovandoli pesanti e pacchiani e preferendo ninnoli ben più piccoli e semplici. Quelli che ora brillavano tra le sue mani erano, invece, dei monili raffinati e leggeri. Li trovò meravigliosi e si emozionò nel pensare che Sergio era riuscito a capire i suoi gusti.
"Ti piacciono?" le chiese.
La ragazza annuì: "Aiutami ad indossarli".
Il tribuno prese il bracciale e glielo appuntò al polso destro. Poi prese la collana e, nel fargliela indossare, le sfiorò la candida pelle del collo, restando inebriato dal profumo dei fiori d'arancio della coroncina nuziale.
Gli zaffiri brillarono di una luce blu intensa: "Queste pietre mi hanno ricordato il colore dei tuoi occhi" mormorò.
Infine, prese gli orecchini e li infilò delicatamente e lentamente, accarezzando con lo sguardo e le dita i lobi e il profilo del volto di lei. Così le prese il viso tra le mani e la fissò negli occhi, intensamente.
Lo sguardo di lui, così profondo, Camilla lo avvertì fin dentro di sé, quasi a lambirle l'anima: "Grazie" bisbigliò .
"Ti chiedo di essere paziente con me, se non sarò sempre l'uomo che vorresti avere accanto".
Camilla, con una mano, si aggrappò alla toga di lui: "La prima volta che ti ho visto, ho avuto paura. La seconda, ero terrorizzata!".
Sergio rise e Camilla continuò: "Sono trascorse da allora molte settimane, nelle quali ho imparato a non avere paura. Ho compreso che posso fidarmi di te, come mai ho fatto con nessun'altro".
A quelle parole, lo sguardo del tribuno vacillò e divenne nuovamente sfuggente. Camilla si fidava di lui e presto avrebbe compreso che la sua fiducia era malriposta. Ma non poteva dirle niente. Per il suo bene, doveva rimanere all'oscuro di ciò che sarebbe accaduto quella stessa notte. Lei sarebbe stata al sicuro, tra le sue braccia, e l'imperatore avrebbe avuto ciò che voleva: la testa del sacerdote cristiano, papa Stefano. Sperò solo che lei, presto o tardi, avrebbe capito le sue buone intenzioni.
"Cosa ti preoccupa?" gli chiese lei, notando il suo disagio.
Sergio si strinse nelle spalle: "Andiamo. Ci stanno aspettando".

Quando entrò nel vasto ed opulento atrio della domus, decorato a festa, Camilla si bloccò. C'erano molte più persone di quanto avrebbe mai pensato e la maggior parte erano ufficiali imperiali, alcuni accompagnati dalle proprie mogli. Tra di loro, riconobbe i visi familiari di Corvo e Peregrino, ai quali rivolse un sorriso affettuoso, ricambiata. Tra i volti presenti, cercò anche quello di Publio ma non lo trovò. L'assenza di suo fratello non ebbe su di lei l'effetto che credeva; non si sentì triste, bensì arrabbiata. Evidentemente, Publio era così contrario a quelle nozze da non voler nemmeno presenziare alla cerimonia a cose fatte e ciò le provocò un profondo senso di indignazione. Sospirò rassegnata. Quindi si concentrò nuovamente sugli invitati.
"Temevi un attacco improvviso da parte di qualche tribù germanica?".
Sergio non riuscì a trattenere il riso alla battuta di Camilla: "Esternamente, la domus è persino presidiata dalla guardia pretoriana. Più dei barbari, temevo una tua fuga".
La fanciulla decise di reggere il gioco: "In effetti, oro e zaffiri non bastano a far presa su di me" e rise.
"Che sposa felice e radiosa! Evento raro, questo".
Camilla si voltò verso la voce mascolina che aveva parlato e si trovò di fronte un uomo imponente e maturo, dalle vesti riccamente decorate e dal portamento fiero.
L'imperatore Gallieno.
Rimase impietrita. Aveva di fronte l'imperatore in persona, il cui padre aveva emanato l'editto contro i cristiani. Lo stesso uomo che aveva ordinato la retata, la quale, se le cose fossero andate diversamente, avrebbe comportato il suo arresto e la sua condanna. E semplicemente perché il suo Credo non si piegava a venerare come divinità uomini come quello che aveva davanti.
Gallieno sorrise amabilmente: "Scaptio, la tua giovane Camilla Verania è davvero incantevole".
Sergio Sestio non fece in tempo ad aprir bocca che, sotto lo sguardo interdetto di entrambi, Camilla si allontanò di qualche passo.
"Camilla" chiamò Sergio, con voce allarmata, temendo il peggio.
La ragazza si avvicinò ad un piccolo ulivo che decorava il porticato esterno e, mormorando tra le labbra una preghiera, ne raccolse un ramoscello. Tornò poi sui suoi passi e lo porse a Gallieno. L'uomo, sorpreso, lo prese dalle mani di lei.
"Come simbolo di pace per tutti noi" gli disse.
Gallieno, dopo qualche istante di silenzio passato a rimirare il ramoscello d'ulivo, sorrise e guardò negli occhi Camilla: "Abbiamo tanto bisogno di pace, Camilla Verania, credimi".
Sergio si accorse di aver trattenuto il fiato e, quasi boccheggiante, riprese ossigeno.
"Muoviti, Scaptio!" riprese l'imperatore "Sposa questa fanciulla, prima che divorzi da mia moglie e decida di sposarla io!".
Tra le risate degli astanti, Sergio Sestio prese per mano Camilla per condurla davanti al sacerdote.

Il rito fu breve. L'auspex confermò il favore degli dei a quella unione e invitò Sergio Sestio e Camilla Verania a congiungere le destre**.
Sergio, quando le strinse la mano, ebbe come l'impressione che la sua vita stesse ripartendo da quel momento, quasi che un prima non ci fosse più. Davanti agli occhi aveva Camilla, solo lei. Esisteva solamente lei in quel momento e tutto ciò che ci sarebbe stato assieme a lei, da quell'istante in poi. Le emozioni che cominciarono ad investirlo in pieno gli mostrarono, chiaro e lampante, la verità: si era innamorato.
"Ubi tu Gaius, ibi ego Gaia" dichiarò Camilla.
E dopo aver recitato la formula, sollevò gli occhi verso il suo sposo. Si sentì piccola e allo stesso tempo forte, davanti a quel giovane soldato che era riuscito a conquistarla, nonostante gli eventi fossero contrari, sin dall'inizio. Giorno dopo giorno, si era fatto spazio nel suo cuore, fino a quel particolare istante, in cui gli stringeva la destra, creando un legame importante e indissolubile.
Gli eventi avevano condotto la ragazza che fuggiva spaventata e il tribuno che aveva scelto di non inseguirla, in quel preciso luogo, affinché i loro destini, incrociatisi durante una notte di luna piena sull'Appia, si fondessero definitivamente.
Tra i chiassosi auguri lanciati dagli invitati, Sergio Sestio Scaptio e Camilla Verania si guardarono e sorrisero.
Erano marito e moglie.



*Per la descrizione dell'abito di Camilla mi sono bastata sulla tradizione romana riportata dalle fonti e l'ho descritta per sommi capi, senza entrare troppo nello specifico o nel didascalico. La futura sposa raccoglieva i capelli in una reticella rossa, poi indossava una tunica senza orli (tunica recta), fissata con una cintura di lana con un nodo doppio (cingulum herculeum), e un mantello (palla) color zafferano. Sulla testa un'acconciatura avvolta in un velo color arancio fiammeggiante (flammeum) che copre la parte superiore del viso; sul velo una corona intrecciata di mirto e fiori d'arancio.

** La dextrarum iunctio era la stretta di mano cerimoniale che due sposi facevano al momento del matrimonio. La rappresentazione dei coniugi nell'atto di stringersi la mano destra (dextrarum iunctio inter coniuges) è un tema ricorrente dell'iconografia romana pagana e cristiana, a partire dalla fine dell'età repubblicana sino all'inizio del VII secolo. E' un gesto che si esegue ancora oggi. Se mai avete assistito ad un matrimonio in chiesa, il sacerdote ad un certo punto invita gli sposi con la frase "Datevi la mano destra"

Glossario:
auspex: aruspice, sacerdote
Ubi tu Gaius, ibi ego Gaia: "Dove tu, oh Gaio sei, lì io, Gaia, sarò"; in italiano si può rendere meglio con "Dovunque tu sia, io sarò", è la formula matrimoniale pronunciata dalla sposa allo sposo.

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