Capitolo XVI - Suspectum

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N.d.A. Ricordo l'allert "Per adulti" di questa storia. Buona lettura!




A Sergio parve di impazzire. Nella penombra del cubiculum, Camilla ansimava sotto di lui, la pelle di luna resa cangiante dal sudore, i lunghi capelli neri sparsi sul cuscino, i seni turgidi che si sollevavano e si abbassavano ritmicamente e affannati. Poco prima, lui aveva chiesto alla sua sposa cosa desiderasse e Camilla, nonostante il leggero rossore che le aveva imporporato le guance, non aveva dimostrato alcuna timidezza nel dirgli dove e come volesse essere toccata e baciata. Sergio non si era risparmiato nell'accontentarla, anzi; le aveva mostrato che esistevano modi ben più intimi ed eccitanti da amare, da leccare, succhiare e mordere.
Camilla li aveva accettati e assecondati tutti, con quel misto di leggero timore e curiosità che la animava. Infine lo aveva accolto dentro di sé, smaniosa, artigliando le unghie nei muscoli della schiena di Sergio. E quando, in un impeto inaspettato, dalle labbra di lei fuoriuscì un ansito di profondo piacere, Sergio non resistette oltre e liberò la sua eccitazione nel ventre di sua moglie. Ancora scosso dagli spasimi, si era scostato da lei per poterla guardare meglio. Il suo animo ringraziò gli dei di quella benedizione che aveva ricevuto. Camilla sospirò rilassata e sorrise, lasciando che gli occhi di Sergio indagassero le sue fattezze, essa stessa meravigliata di quanto i loro amplessi fossero così naturali, nonostante per lei quelle fossero le prime volte che giaceva con un uomo. Allungò una mano ad accarezzare la guancia di Sergio, appena ruvida di barba. Lui non smise un solo istante di rimirarla con desiderio; il suo membro, ancora stillante e rigido che richiedeva ulteriore soddisfazione. Notò il suo seme che imperlava l'intimità di sua moglie e le posò una mano sul ventre. Un'immotivata ondata di emozione lo investì in pieno e si morse la punta della lingua con gli incisivi. Quanto era cambiata la sua vita in una manciata di settimane? Quanto quella ragazzina dolce e caparbia lo stava mutando? Allargò le dita sul ventre di Camilla e in cuor suo sperò che un giorno desse frutto, come la terra che, seminata in inverno, donava spighe di biondo grano maturo in estate.

Camilla sussultò e Sergio aprì gli occhi di scatto, coi sensi di soldato allertati da quel movimento. La luna era ancora alta, la domus avvolta dal silenzio notturno. La ragazza gemeva, come se provasse dolore, e il tribuno la strinse a sé, preoccupato. Dopo alcuni istanti, un ansito allarmato svegliò Camilla. La ragazza prese a fare profondi respiri e si portò una mano alla fronte, imperlata di sudore. Incontrò lo sguardo bruno e rassicurante di Sergio Sestio e parve tranquillizzarsi.
"Era un brutto sogno" le mormorò lui "Va tutto bene".
Anche al buio, le iridi blu di Camilla brillarono: "Ho sognato che...".
Sergio le posò un dito sulle labbra: "Non importa. Qualunque brutta cosa tu abbia sognato, dimenticala. Sei qui con me, al sicuro".
Camilla annuì appena. Eppure nella sua mente vorticava ancora la visione onirica di lei che scappava lungo un pendio erboso, inseguita dai pretoriani dell'imperatore. Pretoriani che riuscivano a raggiungerla e ad afferrarla, i volti nascosti dagli elmi. Elmi che svanivano come nebbia, lasciando vedere i tratti del viso di suo fratello Publio che infieriva su di lei con violenza.
Represse un brivido e i suoi occhi furono attraversati dalle lacrime. Sergio la baciò dolcemente e scostò il lenzuolo, lasciando entrambi nudi. Attese che i baci calmassero sua moglie, per poi succhiarle un seno e infilarle la mano tra le cosce morbide. Pareva non saziarsi mai.
La porta dell'alcova si aprì e i due coniugi furono rischiarati improvvisamente dalla luce di una lucerna.
"Handal!"
La voce stridula di Camilla penetrò fastidiosa nelle orecchie del tribuno, il quale, repentinamente, recuperò il lenzuolo per coprire le nudità di sua moglie. Poi si sollevò in piedi, nudo e col membro ancora in erezione.
"Schiavo! Cosa credi di fare?".
"Il tribuno Peregrino. Nell'atrio" grugnì lo germano.
Gli occhi chiari dello schiavo si piantarono in quelli bruni del tribuno, per niente turbati dallo sguardo irato di Sergio.
Lui afferrò una tunica e se la infilò per la testa, in fretta: "E' un tuo schiavo" disse, rivolto a Camilla "Tocca a te punirlo" e uscì imprecando.
Camilla, seduta e col lenzuolo stretto addosso, guardò lo germano e represse un sorriso: "Nessuna punizione, non hai fatto nulla di grave" gli disse "Ma la prossima volta, bussa alla porta e attendi l'invito ad entrare".
Handal la fissò col suo solito sguardo imperscrutabile e Camilla aggrottò la fronte: "Se ti dessi una moneta per tutte le volte che volessi sapere cosa pensi quando hai quell'espressione, potresti comprare la tua libertà in pochissimo tempo" e rise.
"Non sono pensieri che ti piacerebbero, domina" sentenziò lo germano. E uscì, mettendosi a guardia come era solito fare, con le braccia muscolose incrociate al petto e l'ampia schiena appoggiata contro gli stucchi colorati.
Poco dopo, vide Camilla uscire dalla stanza con indosso una semplice veste chiara, diretta verso l'atrio. La visione del corpo nudo di lei, sovrastato da quello dalla pelle abbronzata del tribuno Scaptio gli balenò nella mente, vivida, come se la rivedesse nuovamente. Si morse l'interno della guancia finché non assaporò il sapore del sangue.

Le imprecazioni di Sergio Sestio Scaptio, Claudio Decio le sentì arrivare ben prima di vedere lui.
"Perdonami, amico mio" prese a dire in tono sommesso "Sei ancora in licenza matrimoniale e mai avrei voluto disturbarti di notte, con una giovane e bella sposa nel letto...".
La voce bassa e il viso contratto del compagno, turbarono Sergio: "Cosa è successo?".
"Flavio, mio figlio... è scomparso".
"Scomparso? Spiegati meglio".
Claudio, curvo nella lorica impolverata, si umettò le labbra: "Nel pomeriggio di ieri... La schiava che si occupa di mio figlio, ha riferito che mentre rientravano dal Campo Marzio è stata fermata e circondata da due uomini che le chiedevano cibo o soldi per comprare da bere. Lei teneva per mano Flavio ma lui si è divincolato per correre verso altri bambini che giocavano poco distanti. Quegli sconosciuti parevano non voler lasciare andare la nostra serva" il tribuno fece una pausa, per riprendere fiato. Sergio ebbe l'impressione che stesse per mettersi a piangere.
Continuò: "Quando finalmente si sono allontanati, è corsa verso il gruppetto di bambini ma di Flavio non c'era traccia. Uno dei bimbi le ha raccontato di aver visto un uomo incappucciato che prendeva per mano Flavio e lo portava via".
Camilla entrò nell'atrio, il viso già preoccupato per le ultime parole udite: "Ma è terribile!" esclamò.
"Camilla Sestia*" chiamò Claudio, non appena la vide "Non vi avrei disturbato in piena notte se non fosse stato per una questione così grave".
La ragazza lo raggiunse e prese le mani del tribuno tra le sue: "Ho ascoltato le tue parole. Non hai nulla di cui scusarti, hai fatto bene a venire qui. Ti aiuteremo. Troveremo tuo figlio, vedrai".
Claudio non parve rincuorato da quelle parole, anzi, il suo sguardo si fece più severo. Strinse le mani di Camilla e dopo aver gettato uno sguardo fugace al suo commilitone, la fissò negli occhi: "So che possiedi un cuore buono e tutt'altro carattere rispetto al senatore Maecia, ma mia moglie Annia ha dei sospetti".
"Sospetti?" intervenne Sergio "Di cosa stai parlando?".
"Un paio di settimane fa, il senatore Maecia è andato da mia moglie per..." e si interruppe.
Camilla lasciò le mani di Claudio e si strinse le braccia al petto con un'espressione delusa sul viso: "So tutto, Claudio Decio. Mio marito mi ha raccontato ogni dettaglio, degli usurai e dei soldi... anche della relazione di mio fratello con Annia Peregrina. E mi dispiace".
Claudio scrollò il capo: "Non dolertene, Camilla, tu non hai alcuna colpa. Ma mia moglie mi ha riferito di quanto lui fosse arrabbiato con me, Sergio e Tito. Rabbia che si è acuita dopo che Annia lo ha rifiutato e ha messo fine alla loro relazione".
"Stai insinuando che il senatore Mecia abbia fatto rapire Flavio?" chiese Sergio, incredulo.
Camilla restò immobile, lo sguardo fisso nel vuoto e col cuore a pezzi, sospeso tra quelle parole d'accusa. Publio, il suo adorato fratello dall'indole difficile, che non vedeva dal giorno in cui era andato via, indignato dal suo matrimonio con Sergio, tanto da non partecipare alla cerimonia, nonostante lo avesse perdonato. Chiuse per un istante gli occhi, in preda ad una dolorosa nostalgia, ricordando la loro infanzia, i giochi da bambini e il luminoso sorriso che Publio aveva solo per lei. Immagini dolci, che vennero sostituite da quelle violenti e brutali delle percosse subìte, che la tormentavano anche in sogno. Le mancò il fiato.
"No" disse debolmente "Non posso credere che sia arrivato a tanto... che la sua anima si sia persa al tal punto da strappare un bambino innocente ai suoi genitori".
"La tua è un'accusa grave, Claudio" dichiarò in tono greve Sergio "Ricorda, inoltre, che Maecia è e resta un senatore di Roma".
"Non sto accusando nessuno" obiettò deciso il tribuno "Sto solo riportando un sospetto".
Lo scalpiccio di un cavallo che giungeva al trotto, annunciò l'arrivo di Tito Fabio Corvo e di un altro uomo alla domus degli Scaptii. Mentre l'altro restava fuori, il tribuno entrò a grandi passi nell'atrio dalle pareti riccamente decorate, illuminato da poche lucerne e, quando vide Claudio, gli andò incontro per abbracciarlo.
"Grazie per aver risposto subito al mio messaggio" mormorò Claudio, la voce attutita dall'abbraccio.
"Ho già comandato alcuni dei miei liberti più fidati di perlustrare l'area del Campo Marzio" rispose il biondo.
"Farò altrettanto" intervenne Sergio "Sarà complicato di notte... Ma non possiamo perdere tempo. Organizzeremo una pattuglia anche noi. Ci divideremo le aree da setacciare, come facciamo durante le campagne militari".
Camilla, rimasta in silenzio fino a quel momento, gli occhi blu che dall'angoscia erano diventati quasi neri e vacui, strinse i pugni scossa da un leggero tremore: "Io andrò da mio fratello".
Sergio Sestio aggrottò la fronte, contrariato: "Tu non ti muoverai di qui".
"Andrò da Publio. Devo sapere se lui c'entra in qualche modo" dichiarò perentoria.
"No!" disse alzando la voce il tribuno "Anzi, sarebbe il caso che tu andassi subito a dormire"
Camilla gli si parò dinanzi per affrontarlo: "Invece andrò! Ho bisogno di dimostrare che i sospetti su di lui sono infondati!".
Sergio l'afferrò per le braccia, irritato dalla testardaggine di sua moglie: "Hai già dimenticato cosa ti ha fatto?" le disse "Se dovesse farlo di nuovo, io..." e si zittì, mordendosi la lingua.
L'immagine del sangue sul volto tumefatto di Camilla gli comparve dinanzi agli occhi. Non avrebbe potuto dire così apertamente che lo avrebbe ucciso se solo avesse osato alzare nuovamente una mano su di lei.
"L'accompagnerò io" intervenne Corvo "Tua moglie ha ragione. Se dimostrerà di essere all'oscuro di questa brutta storia, potrà aiutarci con le sue conoscenze alla Suburra. Il senatore Maecia è in debito con noi.".
Camilla guardò il giovane tribuno con gratitudine, poi si rivolse nuovamente a suo marito: "E porterò anche Handal con noi. Vedi? Sono in una botte di ferro. Andrà tutto bene".
Sergio Sestio cacciò l'aria dalle narici, come un mantice, e si avvicinò a Tito fissandolo negli occhi: "Ti affido la cosa più importante che ho" gli disse, quasi sottovoce.
Gli occhi azzurri di Tito si illuminarono in un breve sorriso: "Lo so. Puoi fidarti di me. La terrò al sicuro".

Sergio Sestio e Claudio Decio si erano già avviati, quando Camilla uscì dalla sua stanza. Si era rivestita in fretta e furia, e camminò veloce, sistemandosi la mantella sulle spalle e il capo. Prima di imboccare l'uscita dove era attesa da Handal, Corvo e dall'altro uomo che lo accompagnava, decise di deviare per il piccolo giardino interno, un angolo verde e silenzioso, che era diventato il suo posto preferito nell'opulenta domus degli Scaptii. Si avvicinò alla piccola e antica fontana con la vasca decorata con pesciolini di mosaico, immerse le dita nell'acqua gelida, si inginocchiò e si segnò la fronte col segno di croce.
"Mio Dio e mio Signore" mormorò tra le labbra ad gli occhi chiusi, i palmi delle mani aperti e rivolti al cielo "Fa che l'anima di Publio non sia stata corrotta per sempre".
"Sei cristiana".
Camilla represse un singulto di spavento e si voltò verso la voce che aveva parlato. Poco distante da lei, il tribuno Tito Fabio Corvo la fissava; sul volto aveva dipinta un'espressione sorpresa e al contempo severa, così come il tono di voce che aveva usato nel proferire quell'affermazione. La fanciulla si sollevò in piedi e fece alcuni passi nella sua direzione, il cuore che batteva talmente forte da sentirlo pulsare in gola.
"Sì" esalò.
Era inutile nasconderlo, Tito l'aveva vista e aveva capito. I suoi erano gesti inequivocabili.
Tito Fabio parve non scomporsi, ma la sua espressione restò accigliata: "Sergio ne è a conoscenza?" volle sapere.
Camilla annuì: "Mio marito ne è al corrente. Pratico il culto in privato e da sola, come hai potuto costatare".
Aveva parlato in tono sommesso, cercando sul giovane volto del biondo tribuno una qualche tipo di emozione che potesse tradirne il pensiero. Non conosceva bene Corvo da poter sapere se fidarsi o meno. Da ciò che aveva potuto capire di lui, anche attraverso le parole di Sergio, Tito Fabio Corvo era un ragazzo dall'animo dolce e sensibile, dall'indole mite e gentile. Ma era pur sempre un soldato di Roma ed era stato anch'egli assegnato alle missioni di cattura e arresto dei cristiani. Camilla non seppe che altro aggiungere, oltre a quella breve spiegazione.
Tito fece un passo verso di lei: "Conosci a quali compiti siamo stati assegnati io, Peregrino e tuo marito?".
"Lo so da ben prima che incontrassi direttamente Sergio e sapessi chi era colui che sarebbe divenuto mio marito" disse, con la voce incrinata dal rammarico. Il trauma della sua fuga da Sergio Sestio e dai soldati, quella notte sull'Appia, tormentava ancora il suo riposo.
Camilla vide il tribuno sospirare indolente e passarsi stancamente la mano tra i corti capelli biondi.
"Non è il momento adatto per discuterne. Inoltre hai detto che Sergio lo sa...". Poi prese per mano Camilla "Andiamo. C'è un padre che cerca disperatamente il suo bambino. E io voglio che si riuniscano".
"Tieni molto a Claudio, vero?".
Le labbra del tribuno si arcuarono in un sorriso amaro: "Più di quanto immagini, mia cara Camilla".


*Claudio chiama Camilla Camilla Sestia. Col matrimonio, Camilla ha "perso" il nome della gens dei Veranii per acquisire quello da sposata, in questo caso quello della gens dei Sestii. La questione dei nomina romani è incasinatissima e prima o poi dovrò rivederla per non incorrere in errori grossolani. Ricordo che sia i personaggi che i loro nomi sono inventati (tranne l'imperatore Gallieno e papa Stefano, comparsi e nominati nei capitoli scorsi).

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