𝐔𝐧 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐨 𝐬𝐨𝐫𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐬𝐨𝐥𝐢𝐭𝐮𝐝𝐢𝐧𝐞

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°•°𝐀 𝐬𝐢𝐩 𝐨𝐟 𝐬𝐨𝐥𝐢𝐭𝐮𝐝𝐞°•°

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°•°𝐀 𝐬𝐢𝐩 𝐨𝐟 𝐬𝐨𝐥𝐢𝐭𝐮𝐝𝐞°•°

Si adagiò delicatamente sullo sgabello morbido della cucina: una gamba a penzoloni sembrava scandisse i secondi mentre disegnava cerchi concentrici sulle tavolate in legno, qual'era il pavimento. Prese tra le mani un calice di stelo fino, quasi inesistente, volteggiandolo in aria come fosse un piccolo fiore di campo. Si distese malamente sull'avanbraccio, schiacciando la guancia contro il palmo dello stesso arto, senza staccare gli occhi dal bicchiere cristallino. Si chiedeva come potesse un così sottile filo di vetro, sostenere una grande quantità di cabernet ogni sera, non correndo il rischio di rompersi.

La stanza attorno era buia; una semplice abatjour di un giallastro tenue illuminava il grande bancone dove era posato Taehyung, un ammasso di movimenti scordinati ed ubriachi.

Il ragazzo allungò una mano verso la nuova bottiglia di Cabernet Sauvignon lì all'angolo, inserita comodamente nel suo personale porta vini di vecchia annata. Lesse varie volte l'etichetta, sfiorandola con il polpastrello del pollice, potendo captare rialzamenti dell'adesivo - Regione di Bordeux, 1996.

La sua voce calda e roca pronunciò con estrema calma il nome del vino, stappandolo con un cavatappi tra le dita e gettando il pezzo di sughero alle spalle. Curava quel recipiente come se fosse suo figlio o una persona amata. Non si definiva un "ubriacone da sbarco", piuttosto un individuo distorso dal pensiero comune del soju.

Un colore rosso rubino intenso scivolava sulle pareti del calice: sembrava non ci fosse attrito a fermarlo. Posò nuovamente la bottiglia fredda nel tentativo più chiaro di sollevarsi dal bacone. Con la classica camminata sensuale che caratterizzava le sue serate, raggiunse le grandi finestre dell'attico, le quali, riflettevano le luci natalizie della città in festa.

Caricò tutto il peso del corpo su una sola gamba, finendo con l'ancheggiare incosapevolmente, facendo svolazzare la grande camicia a righe grigie che a mala pena copriva il suo inguine. Gli piaceva assai sentirsi libero in casa: molto spesso girava solo indossando l'intimo, con la scusa che nessuno gli facesse visita.

- Sei così strano Taehyung.- si disse chiudendo gli occhi ed allungando il collo per poi divaricare le labbra di pochi millimetri, facendo scricchiolare le vertebre del collo. Puntò il suo sguardo alle luci colorate, al grande albero decorato al centro della piazza, alle persone che sembravano piccoli puntini nello spazio più sconfinato. Scrutava ogni particolare con occhi felini e veloci, occhi disgustati e nauseati, occhi stanchi, lucidi e brilli.

Passò sotto alle narici il suo amato bicchiere, respirando a pieni polmoni il "selvaggio" profumo -o almeno era quello il significato del nome- del tanto amato liquido rosso. Mirtilli, ribes nero, erbe alpine, tabacco e ciliegie sotto spirito lottavano nelle papille gustative del grigio, come invidia ed inflessibilità facevano sul suo stesso volto candido e puro.

Prese un altro sorso, lasciando cadere una maestosa goccia dal lato della bocca. Essa scivolò sul suo collo sino a sporcare il colletto del tessuto in lino. La mano sembrò più leggera mentre le falangi definivano la forma del calice.

- Quanto odio il Natale.

𝗦𝗽𝗿𝗶𝗻𝗴 𝘀𝗻𝗼𝘄𝗳𝗹𝗮𝗸𝗲 ; 𝗍𝖺𝖾𝗄𝗈𝗈𝗄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora