Capitolo uno.

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27 luglio 2016

San Pietroburgo – Russia

CAP 1

Guardai i suoi occhi persi nel caos della città, in una realtà che non aveva mai conosciuto a fondo e che non aveva mai potuto vivere.
Lyudmila ed io eravamo seduti in un bar poco distante dall'Hermitage, eravamo usciti da poco dal famoso museo e ci stavamo prendendo un caffè con calma.
Era la mia prima volta in Russia da turista e da due giorni stavamo esplorando la città pacificamente, senza troppe interruzioni da parte dei giornalisti o fotografi.
Lei era la mia vita.
Onestamente parlando, avrei fatto qualsiasi cosa per quella ragazza.
Ed ero affranto all'idea che avrebbe dovuto fare una vita malsana perseguitata dai media per colpa mia. Ciò mi spezzava il cuore perché aveva diritto ad una vita normale e non offuscata dalla pressione pubblica.
Quella ragazza mi aveva conquistato il cuore in una discoteca di Birmingham tre anni prima.
Il motivo per cui mi trovavo in una discoteca a Birmingham è tutt'ora un mistero, probabilmente dopo un concerto avevo fatto un salto insieme alla band a bere qualcosa e l'avevo notata.
Quella sera l'avevo notata e non l'ho mai persa di vista.
Stranamente avevo raggiunto l'obiettivo di chiederle il numero ma non ci speravo più di tanto dato che mi aveva attirato solo fisicamente.
Era alta, i capelli biondissimi e gli occhi color ghiaccio e si, era fottutamente bella.
Bella da vivere tutta la vita che avevo a disposizione.
Contro ogni pronostico fatto quella sera, col passare del tempo la conobbi anche caratterialmente e me ne innamorai come un bambino si innamora dei suoi cartoni animati preferiti.
- Hai un nome così strano – le avevo detto una delle prime volte che uscimmo insieme.
- Sono nata in Russia – mi disse con una punta di timidezza – Mi hanno adottato quando avevo cinque anni – affermò con molta amarezza che non capii nell'immediato.
Era per quel motivo che, tre anni dopo, ci trovavamo a San Pietroburgo.
Da sempre aveva questo grande desiderio nascosto di vedere con i propri occhi la terra che le aveva dato i natali ed io ce l'avevo portata nel periodo del suo compleanno.
Dal momento in cui avevamo messo piede in Russia aveva avuto un sorriso raggiante sulle labbra che non riuscivi a toglierle nemmeno se le facevi un dispetto.
Era contenta di quel regalo che le avevo fatto ed io lo ero insieme a lei.
L'amavo così tanto che l'avrei portata in capo al mondo se me lo avesse chiesto ma il bello di Lyudmila era che non mi chiedeva mai nulla, non pretendeva le cose e non era esigente.
Le cose se le andava a prendere da sola faticando e sudando.
Quel viaggio era la dimostrazione del fatto che non mi doveva chiedere nulla, perché io sapevo cosa le piaceva. Sapevo cosa voleva fare e dove voleva arrivare.
Eravamo così intimi da intenderci senza troppe parole.

- La camera d'hotel ha la vasca da bagno, lo sai vero? – mi domandò con uno sguardo furbo, di quelli che sapeva fare solo lei.
- Che vuoi dire con ciò? – chiesi cliccando sul numero 4 dell'ascensore in cui eravamo appena saliti.
- Che ci possiamo fare un bagno caldo, anche se è luglio qui fa freschino -
In effetti era vero, di giorno si stava molto bene in maniche corte ma la sera faceva freddo e un bagno caldo era quello ci voleva.
Entrammo nella nostra camera, avevo preso la più bella e la più grande dell'hotel.
Lyudmila si affacciò alla finestra per vedere le luci della città di notte.
- E' stupenda – bisbigliò sottovoce
Mi avvicinai piano da dietro e l'abbracciai, le accarezzai il basso ventre e la strinsi forte a me.
Il suo profumo era un mix fra dolce e amaro.
Proprio come la sua personalità.
Mi faceva andare fuori di testa.
Iniziai a sfilarle il maglione pesante color pesca che indossava, poi la t-shirt e il reggiseno.
In poco tempo era completamente nuda davanti alla finestra.
Ed io non mi stancavo mai di vederla così.
La presi in braccio e la portai nel bagno in marmo rosa dove aprii il rubinetto della vasca per far scorrere l'acqua calda.
Avvinghiò le sue gambe al mio bacino per non cadere ed io mi sedetti con lei in braccio sul bordo della vasca.
Iniziai a baciarla lentamente per poi accelerare la velocità con cui la mia lingua si muoveva.
- Come sei romantico stasera  – mi disse a bassa voce, aumentando la sensualità che si stava creando fra noi.
- Voglio renderti felice amore – affermai continuando a baciarla intensamente.
Era nuda sopra di me e si muoveva lentamente.
Stavo perdendo la ragione ma cercai di rimanere il più calmo possibile, reprimendo i miei istinti primordiali.
Notai che l'acqua aveva già raggiunto un'altezza plausibile, di conseguenza bloccai il rubinetto e vicino a tutti i saponi per il corpo vidi diverse bath-bomb, così ne presi una e la feci esplodere in acqua.
Sapevo che Lyudmila andava matta per quelle cose profumate, infatti appena mi voltai la vidi appagata. L'acqua stava diventando di un lilla intenso e prendeva forma a poco a poco una schiuma rosea voluminosa.
La presi in braccio e la adagiai lentamente dentro l'acqua.
Amavo quel corpo.
Quelle forme sinuose.
Le due cicatrici che aveva sulle gambe le conoscevo a memoria, sapevo dove erano posizionate.
Salii più su nell'osservarla, sui fianchi. Erano perfetti. Fatti a regola d'arte.
- La smetti di fissarmi? – la sua voce mi fece sobbalzare nella realtà.
- Oh si.. è che ... - mi bloccai guardando che si legava i capelli in uno chignon alto e avvampai nel giro di un secondo.
- E' che? – domandò curiosa.
- E' che sei troppo bella e mi piaci tanto, come fosse il primo giorno -
In tutta risposta mi fece un sorriso e mi tirò leggermente a sé.
Mi diede due profondi baci.
Si voltò di schiena ed io iniziai a massaggiarle lentamente le spalle.
Anche a casa ogni volta che la vedevo stanca morta le preparavo un bagno caldo e le massaggiavo la schiena.
Mi piaceva un sacco coccolarla e viziarla in quel modo.
Perché dopotutto, chi non vizierebbe la propria donna? Solo un coglione.
Continuai con i massaggi per circa una ventina di minuti poi feci partire della musica rilassante sul telefono e la lasciai da sola a rilassarsi un po'.
- Quando vuoi ti aspetto sul letto – dissi strappandole un lungo bacio.
Dieci minuti più tardi me la ritrovai sul letto che mi fissava gli addominali in modo intenso.
- Posso farti una domanda? – chiesi, sorridendole.
- Me la stai già facendo amore -
- Tu ricordi qualcosa di questo posto? -
Ci fu un lungo silenzio. Come se avessi spezzato una corta il cui nodo era bello stretto da anni.
- Non mi va di parlarne – mi diede una risposta secca, quasi acida.
Mi sentii un mezzo idiota nell'aver toccato un tasto dolente. Le andai molto vicino e notai all'improvviso che se non avessi fatto qualcosa da un momento all'altro sarebbe scoppiata.
Iniziai a baciarla. – Ehi tranquilla, va tutto bene. Ero solo curioso, quando ti andrà di parlarmene sono qui, non abbiamo fretta -
Sentii la sua frustrazione diventare desiderio e affetto in un batter d'occhio.
E' sempre stata molto sveglia anche sotto le lenzuola , non ha mai avuto paura di mostrarsi a me in modo volgare e ciò mi faceva battere il cuore come un matto.
Perché sapere che faceva determinate cose solo con me e per me mi rendeva soddisfatto e fortunato.
Mi sfilò i boxer in poco tempo ed iniziò a giocare col mio amichetto laggiù.
Ogni volta che muoveva le mani su e giù o che apriva la bocca prendendo il mio membro mi sentivo rilassato al cento per cento.
Nessuna prima di lei aveva avuto la capacità di rendermi così.
Ed in quel momento, su un letto d'hotel a San Pietroburgo, mentre facevo l'amore con la ragazza che amavo capii che la vita può essere, al di là di quello che potrà succedere nel suo decorso, tutta in discesa.
Mi infilai il preservativo e comandai io quella sera, avevo una voglia folle di sentirla totalmente mia. Si calò sopra di me inizialmente, strappandomi il respiro per qualche secondo.
I suoi fianchi morbidi e la sua pelle che profumava di cocco mi facevano girare la testa. Non capii più nulla.
Sul lato sinistro del fianco aveva un tatuaggio ritraente un cerchio con due linee.
Lo toccai disegnando le linee di esso.
Ero come in trance.
- Fai tanto la santarellina ma io so chi sei davvero! – dissi mordicchiandole il collo e cominciando a succhiare con forza: avrei sicuramente lasciato il segno.
L'accarezzai nell'unico punto in cui i nostri corpi si univano.
Era fradicia e le mie dita scivolavano.
- Oddio Niall – mugolò.
Continuai a spingermi in lei. I nostri corpi si muovevano insieme in un ritmo danzante perfetto.
Quella era l'ennesima volta in cui facevamo l'amore e ci conoscevamo bene.
I nostri punti preferiti. La lentezza e la velocità con cui arrivare all'apice era in nostro possesso.
- Mi piaci così tanto – sussurrò per poi riprendere – Sei l'unico –
Gettò la testa all'indietro abbandonandosi completamente alla passione, ed io con lei. La sentii sciogliersi sotto di me e fu meraviglioso.
Lentamente mi portò oltre al limite. Entrai ed uscii da lei venendo urlai il suo nome.

Per dieci minuti rimanemmo abbracciati ad ascoltare i nostri battiti accelerati, senza spiaccicare una parola.
- Sei speciale piccola – esclamai rompendo il silenzio.
- Anche tu. Spero di averti rilassato un po' – mi disse e diamine, non aveva idea di quanto ci era riuscita bene.
- Non sai quanto amore –

Poco dopo riprese a parlare, ed io mezzo euforico per aver appena fatto sesso e mezzo addormentato sobbalzai quando iniziò il discorso.
- Prima ti ho detto che non volevo parlarne ma credo che tu debba sapere – cominciò, la luce fioca dell'abat-jour sul comò le illuminava a malapena il volto, ma non c'erano problemi perché lo conoscevo a memoria quel volto, in ogni suo particolare.
Annuii curioso.
- Vedi qui in Russia negli anni '90 gli orfanotrofi erano sovraffollati ed io ricordo bene di averci passato quasi un anno. – si fermò sospirando, si stava agitando nel parlarmene ed fui quasi certo che lo stava raccontando per la prima volta solo a me.
- Ci sono entrata quando avevo poco più di quattro anni e Niall, ho ancora gli orrori di quel posto. Fanno cose qui che in un paese democratico non possono succedere. Non so se al giorno d'oggi le cose sono cambiate ma all'epoca erano posti disgustosi dove i bambini al posto di crescere felici in cerca di una famiglia crescevano disturbati con problemi mentali -
Rimasi a bocca aperta.
Avevo letto qualche articolo che parlava delle condizioni della Russia negli ospedali e orfanotrofi ma mai mi sarei immaginato che quella donna, quel sorriso radiante che illuminava le mie giornate avesse passato uno schifo d'infanzia.
- Dimmi che ti facevano – la esortai, volevo farle sputare fuori tutto, ogni cosa.
- Ho ricordi molto offuscati, non limpidi, sono passati più di venti anni.
Ricordo bene che ogni notte ero costretta a mettere le mie cose, i miei oggetti e i miei vestiti sotto il letto, al sicuro perché è successo più volte che mi sono ritrovata senza cose. – si fermò e mi osservò.
Io le strinsi forte la mano sinistra. La intrecciai alla mia.
- Ricordo che ogni domenica veniva una mia zia alla mattina, ed erano le uniche ore felici perché mi portava a spasso al parco. Rimanevo fuori per quattro o cinque ore, lontano da quel posto infernale. La zia ogni tanto mi comprava qualcosa, ed io ero così felice quando arrivava la domenica che quasi dimenticavo che per il resto della settimana ero in quel collegio -
Iniziò a piangere lentamente e poi scoppiò come una fontana.
Io ero sconcertato.
Non sapevo come gestire la situazione e non mi aspettavo nulla del genere.
Cercai di prendere la situazione in mano, come meglio potevo d'altronde.
- Ehi, vieni qui – la chiamai, si appoggiò al mio petto ancora nudo.
Le accarezzai la schiena e i capelli. Dolcemente, come piaceva a lei.
- Perché non me ne hai mai parlato? – chiesi, stringendola sempre più forte.
- Non l'ho mai detto a nessuno, in pochi sanno gestire una roba del genere ed io non volevo che tu avessi altri problemi -
- Ma al diavolo amore, i miei ''problemi'' sono delle cazzate in confronto a questo.
E la mia vita, il mio essere famoso non deve in alcun modo influenzare la vita di coppia. Sono un essere umano e come tale ragiono, vivo, e ti posso aiutare passo dopo passo -
Ero fermamente convinto delle mie parole, volevo che si sentisse protetta assieme a me.
- Sai quando mi hai detto che saremmo venuti qui in Russia ho tormentato i miei genitori adottivi per farmi dare le carte della mia adozione -
Incredulo la fissai. – Quindi sai dove trovare qualche tuo famigliare? -
- No, c'è solo scritto il nome di mia madre ma per quanto ne so potrebbe essere morta oppure altrove –

Quella notte fu molto intensa per entrambi.
Per me che venivo a sapere una nuova parte di vita della donna che amavo e per lei che, per la prima volta, sputava fuori tutta la sua vita a qualcuno.
Mi raccontò di sua madre che era stata costretta a darla in adozione insieme a qualche altra sua sorella perché non riusciva a mantenerle.
Una vita di stenti nel cercare di sopravvivere nel freddo russo.
- Ricordo che mamma ci preparava dell'acqua bollente col limone per la notte, non avevamo riscaldamenti e a malapena riusciva a sfamarci. -
Mi disse che aveva frequentato solo l'asilo in Russia ma che ricordava poco, qualche lettera in cirillico e nulla di più.
Mi fece vedere le carte della sua adozione dato che le aveva portate con sé, molte parti erano scritte in Russo perciò ci volle un po' per capire cosa contenessero.
Purtroppo la legge impedisce di avere dati certi sui genitori biologici per chi viene adottato e spesso talvolta è impossibile ritrovarne le tracce.


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