20 aprile 2019
Londra
CAP 9
Harry entrò nella stanza seguito da Louis ed io in tutta risposta mi girai dall'altra parte del letto.
- Niall svegliati su! – la voce di Louis fu tagliente come un coltello – Ti abbiamo preparato la colazione, scendi da quel letto – esordì togliendomi le coperte di dosso.
Obbedii senza proferire parola perché sapevo che se l'avessi fatto mi avrebbero sicuramente rotto le palle più del dovuto.
Uscii dalla stanza insieme a loro e quando arrivai al bancone della cucina trovai una colazione continentale da urlo che mi fece sospettare che Louis aveva qualche strana richiesta da farmi.
- Come sta Freddie? – domandai a Louis. Purtroppo con quello che era successo non avevo avuto grandi opportunità di vedere suo figlio spesso ed ora aveva già tre anni.
- Molto bene ed è per questo che sono qui, per Freddie – si schiarì la voce prima di continuare, ed io sorseggiai il mio cappuccino con fare preoccupato, le mie previsioni erano corrette: quella colazione buonissima era il pretesto per aver qualcosa
– Infatti ti volevo chiedere se potevi occuparti di lui per qualche settimana -
Mandai giù velocemente il sorso che avevo agguantato e per poco non mi strozzai rimanendo senza fiato.
Iniziai a tossire un po'. – Che cosa? – alzai la voce ponendo la domanda, speravo di aver capito male o cos'altro.
Louis invece era molto serio, si sedette sullo sgabello della cucina di Harry con fare speranzoso.
- Briana ha perso la causa in cui eravamo coinvolti e Freddie dovrebbe rimanere con me questo mese qui in Inghilterra ma io posso occuparmene solo per due settimane perché ho dei concerti fissati in Asia da tempo e non posso spostarli. Mi chiedevo se ti andava di occupartene? Saranno due o tre settimane massimo – scandì bene ogni parola e mentre parlava mi domandai che diamine gli passasse per la testa. Non ero nelle condizioni di badare a me stesso, figurarsi un bambino.
Ci fu un minuto di silenzio nel quale guardai negli occhi sia Louis che Harry.
Sapevo che era stata un'idea di Harry quella. Ci potevo quasi scommettere.
- Louis, con tutto il rispetto, io non credo di essere nelle condizioni adeguate per badare ad un bambino, ti ringrazio per la fiducia riposta in me davvero, è un gesto memorabile, ma non saprei neanche da dove cominciare – esclamai, abbassando lo sguardo più del dovuto.
- Secondo me invece è proprio quello che ti ci vuole, un marmocchio in giro – precisò Harry che stava ascoltando tutto dall'inizio. – Me ne sarei preso cura io ma sono quasi tutto il giorno in studio di registrazione lo sai – continuò Harry pur sapendo che quella era una scusa, perché sicuramente passava le giornate in studio ma molte altre giornate le passava a casa quindi quella era una frottola bella e buona.
- Beh Niall hai qualche giorno per pensarci, non preoccuparti – esclamò Louis facendomi un sorriso.
Ero veramente grato di avere degli amici del genere e non mi rendevo neanche conto, all'epoca dei fatti, che stavano facendo tutto ciò per il mio bene.Il giorno successivo, il 21 aprile, ritornai dallo psicologo.
Ora prendevo due psicofarmaci differenti: il Seropram e Dropaxin, quest'ultimo in via del tutto provvisoria.
- Probabilmente ti farà aumentare di peso il Dropaxin ma è normale, dovrebbe aiutare con l'ansia e gli attacchi di panico – disse Edward seduto su una poltrona bianca, in stile moderno.
Io ero seduto di fronte a lui sul divano in pelle.
- Mi spiace per l'ultima volta – pronunciai a fatica, ma Harry aveva insistito, dovevo scusarmi perché Edward ce la stava mettendo tutta per farmi migliorare –Non volevo peggiorare le cose ma è che a volte mi sento così inutile e pieno diproblemi, non faccio altro che pensare a come sarebbe potuta andare se avessi fattoqualcosa – mi confessai, pareva d'essere in chiesa.
- Ognuno di noi ha dei problemi, chi più e chi meno e quello che ti è successoti sta dando il tormento ma capisci Niall, sono passati due anni quasi e lei non avrebbe voluto che tu reagissi così. – si fermò scarabocchiando cose a casosul suo taccuino in pelle poi continuò – Vuoi perdere totalmente il controllodi te stesso o vuoi rialzarti? - mi chiese ed io rimasi a fissarlo intensamenteperché una risposta pronta non ce l'avevo.
- Mi vorrei rialzare Edward, dico davvero, ma mi sento colpevole all'80%, mi sento un assassino e ne abbiamo già parlato, tu dici che non devo sentirmi così perché non è la verità ed io non ho commesso nulla ma nel mio cervello... nel mio cervello diamine, io sono lì che la guardo e la lascio al suo destino -
Edward sospirò.
Sapevo che voleva farmi recuperare e farmi stare meglio.
Ma non sapeva nemmeno lui da dove cominciare.
Dopo un lungo silenzio parlò.
- Hai delle novità da dirmi? – cambiò discorso e gliene fui estremamente grato.
- Ehm si, Louis mi ha proposto di badare a suo figlio per qualche settimana -
- E? -
- E ho risposto di no -
- Come mai? -
- Perché ho paura di non saperlo gestire in un momento come questo.
Ho sempre amato i bambini ma ora non riesco a trarre gioia e felicità da niente e nessuno, non vorrei fargli avere brutti ricordi – esclamai, ed era vero.
Ho sempre desiderato avere figli il prima possibile.
Sangue del mio sangue.
Ma ora non sapevo più cosa volevo.
Ero in balia di qualcosa, aspettavo chela mia vita si sistemasse senza ovviare nulla.
Rimanevo lì, in una costante accozzaglia di variabili negative che avevano stravolto tutto, senza trovare pace.
- Per me invece sarebbe una bella idea. Da quanto ne so Freddie è un bambino che si adatta a tutto, non ha grandi pretese e ti farebbe svagare un po' -
Per Edward tutto era una bella idea quindi non gli diedi molto ascolto.
Finii la mia seduta di un'ora e mezza imprecando e sperando di non doverlo rivedere un'altra volta quella settimana.
- Ci vediamo la settimana prossima, lunedì alle 4 va bene? -
Annuii ed uscii dal suo studio più veloce di una lepre che balza in apertacampagna. Non ne potevo più di stare seduto a raccontare ciò che provavo ad uno che dei miei problemi non gliene importava niente.
Tornai a casa a piedi.
A Londra pioveva, come ogni giorno, ed io avevo dimenticato l'ombrello così cercai di coprirmi col cappuccio della felpa ma contava ben poco.
Feci delle scorciatoie che conoscevo a memoria.
Nonostante gli anni passati a Los Angeles mi ricordavo ancora benissimo la cartina della città di Londra.
Passai nel retro del quartiere di Mayfair.
Ma nel tornare a casa ci fu il buio.
Il vuoto sotto di me.
Iniziai a sentire freddo, troppo freddo per avere una felpa pesante e un giaccone in lana pregiata, in più avevo messo la sciarpa e Londra quel giorno non era incredibilmente fredda.
Sentii freddo alle gambe e poi agli arti.
Buio.
Mi attaccai ad una ringhiera nera di una casa tipica inglese.
A stento mi reggevo in piedi. Stavo cadendo e mi sentivo impaurito come non mai.
Prima di appoggiarmi a terra presi il telefono, guardai in alto cercando il nome della via in cui mi trovavo. Cliccai sul display ''Harry''.
- Harry – urlai il suo nome per telefono.
- Niall che c'è? – mi rispose allarmato come non mai, dall'altro capo.
- Harry sono a Mayfair, Bourdon Street circa a metà .. penso di avere un attacco di panico, sto malissimo per favore corri -
Feci appena in tempo a finire la frase che mi accasciai completamente a terra.
Avevo infilato la testa nell'incavo fra gambe e petto.
Passarono diversi minuti ma non saprei dire quanti. Potevano essere tanti come anche pochi.
La percezione temporale svanì.
Sentii le voci di tutti.
Ma lì vicino non avevo nessuno.
La voce di Edward, di Harry, di Louis, di Lyudimila e di mia madre.
Mi insultavano, mi chiamavano.
Mi divoravano.
Lyudmila mi accusava di averla lasciata sprofondare nel baratro.
Diceva che non mi aveva mai amato e che ero stato un bastardo senza cuore.
- Hai ragione Lyu. E' colpa mia. E' solo colpa mia -
Stavo urlando spaventato e nemmeno me ne accorgevo.
- Niall Niall cazzo sono qui, sono Harry -
Sentii la voce di Harry che era arrivato lì a bordo della strada.
Mi aiutò a rialzarmi e mi fece sedere nella sua auto, per me era ancora tutto buio.
- Va tutto bene, va tutto bene non ti preoccupare okay? Ora andiamo a casa -
Io continuavo ad avere paura, le lacrime correvano sul mio viso.
Credetti che Lyudmila avesse ragione, ero un bastardo spietato.
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Mirrors
RomanceEstratto dal capitolo due: ''Non avrei immaginato che quel momento sarebbe arrivato. Non sapevo dove andare e cosa guardare perché tutto, ogni cosa, mi ricordava lei. Il tavolo della cucina, dove avevamo fatto l'amore più di una volta. Il divano...