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Hitsuku's pov

Spalancai gli occhi di colpo, un altro incubo... Dove Jungkook piangeva sul mio corpo morto. Fantastico.

Mi misi a sedere e mi guardai intorno, persa... Notai che tutte le lettere e tutti i libri, che avevo letto ieri, erano stati sistemati sul "comodino"... Notai, anche, un biglietto.

Lessi il contenuto velocemente e, alla velocità della luce, mi fiondai sulla porta... Aprendola.

Cercai per tutta la casa la cucina e quando, finalmente, la trovai incrociai lo sguardo del ragazzo biondo... Era molto profondo e di un colore ambrato al sole, che filtrava dalle finestre della cucina... Erano le uniche senza sbarre e si affacciavano sul bosco, ho sempre amato i boschi ed era una vista spettacolare.

Aveva una maglietta bianca a maniche corte, eravamo a dicembre, i suoi pantaloni neri e i suoi anfibi... gli stavano bene. Sono onesta.

Era intento a bere un caffè da una tazzina, di porcellana, bianca con fantasie, tipiche, inglesi.

<Ben svegliata... Vuoi prima lavarti e poi mangiare o... Il contrario? Decidi tu.>

Mi sedetti su uno degli sgabelli, alti e neri, del tavolo in marmo, bianco.

La cucina, fino ad adesso, era la stanza più moderna che avevo visto. Aveva due colori principali: il bianco ed il nero.

Il parquet era uguale in tutto il piano, l'unico che avevo visto, comunque.

<In bagno ti ho preparato un cambio e beh... Prenditi tutto il tempo che vuoi... Il capo sarà assente per due o, al massimo, tre giorni.>

Annuii disinteressata.

<Non parli.>

Era un'affermazione invece, che, una domanda.

<Non parlo con i rapitori bastardi.>

Dissi, indifferente, afferrando il latte con cattiveria.

Una lieve risata lasciò le sue labbra.

<Te l'ho detto... Non ho scelta, potrei benissimo fare un'altra cosa invece, di fare il babysitter ad una ragazzina.>

Controbatté, continuando a bere il suo caffè senza, mai, spostare il suo sguardo da me.

<Anche io.>

Appena finii di mangiare, mi avviai nel bagno... Dopo feci una lunga e calda doccia, cercando di calmare i miei nervi, ma ovviamente, fallendo miseramente.

I miei pensieri raggiungevano ogni santa volta: Jungkook.

Pregavo qualsiasi Dio, che, mi trovasse ma, anche, che non lo facesse... Avrebbe assistito alla mia morte, ed era l'ultima cosa che non volevo.

Appena finito uscii dalla doccia e osservai i vestiti che, quell'essere, mi aveva portato: pantaloni, corti, da basket; una maglietta bianca, semplice; dei calzini neri e della biancheria, femminile.

Uscii dal bagno con i capelli bagnati e lo trovai, sempre, in cucina che guardava il panorama, dalle finestre della stanza.

Si girò di scatto, nella mia direzione.

<Non ti sei asciugata i capelli.>

Constatò, fissandomi con gli occhi assottigliati.

<Sei un genio, capitan ovvio!>

Dissi sarcasticamente, incrociò le braccia al petto e si avvicinò a me.

<Intendevo che ti devi asciugare i capelli... Siamo a dicembre e se ti ammali sono cazzi miei.>

ALPHA (Jeon Jungkook)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora