9. Il dolore di un amore nascosto

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Quella mattina mi svegliò la tua voce desta mentre la mia, ancora profonda di sonno, farfugliava parole sconnesse.

«Taehyung, sveglia.» ridacchiasti quando mi aggrappai alle coperte e mi girai dall'altro lato, diventando simile al bozzolo di un bruco.

La sera precedente dormisti a casa mia.

Proprio non ce la feci a lasciarti andare dopo un pomeriggio di abbracci scambiati, risate sincere, film visti e schifezze mangiate.

Senza accorgermene stavi diventando importante e, al tempo, la cosa mi terrorizzava.

Ero stato abituato dalla vita a perdere le persone che avrei voluto tenere strette al mio cuore per non lasciarle mai andare.

«Forza dormiglione. Mi sono preso la confidenza di preparare la colazione.» ridesti di gusto appena mi vedesti scattare dal letto come una molla.

«Allora questo profumino non lo stavo sognando.» sorrisi, dirigendomi in cucina con te al mio seguito.

Al centro del tavolo torreggiavano due piatti di crêpes al cioccolato con contorno di fragole e panna.

«Jeon Jeongguk,» le parole mi morirono in bocca alla vista di tale delizia, al loro posto l'acquolina iniziava a crearsi «ma tu sei da sposare!»

Ti abbracciai forte come ringraziamento, per poi sbrigarmi a tuffarmi sul mio piatto senza ripensamenti.

Prendesti posto sulla sedia davanti a me, iniziando a mangiare.

«Wow, devo ammettere che sei un bravo cuoco.» dissi, coprendomi la bocca ancora piena di cibo con una mano.

«Ti ringrazio.» sussurrasti, abbassando la testa prima di pressare le labbra in una linea sottile.

«Beh, io vado a cambiarmi. Puoi usare la doccia se ti serve, ti porto dei vestiti puliti.» ti lasciai a finire il tuo piatto, per cercare qualcosa nel mio armadio che fosse di una o due taglie in più.

Il tempo passò in fetta e presto sentii la tua voce chiamarmi.

«Taehyung?» bussasti alla porta della mia camera appena mi infilai la giacca.

«Sì, sono pronto.» uscii, attento a non sbatterti la porta in faccia «Certo che sei davvero veloce.»

«Sono abituato a ritmi più frenetici.» rispondesti alzando le spalle, infilandoti le scarpe una volta arrivati al pianerottolo.

«Come mai?» misi anch'io le scarpe, alzandomi subito dopo e inciampando in un altro paio a cui non avevo fatto caso.

«Attento!» sentii un tuo braccio avvolgermi da dietro, impedendomi di cadere addosso alla porta d'ingresso e assicurarmi dei lividi.

«Grazie.» ti sorrisi per poi prendere le chiavi e uscire con te.

Per la prima mattina, dopo tanti anni, non presi la bici per andare al cimitero.

«Stamattina scelgo io.» sorridesti, mettendo in mostra i tuoi denti da coniglio, per poi avvicinarti a Suji.

Ti vidi fare ritorno con delle aquilegie in mano, mentre io salutavo da lontano la simpatica fioraia.

Una volta arrivati davanti alle lapidi, posai il bel fiore in quel vaso colmo di colori.

«Grazie ancora per avermi ospitato, Taehyung.» dicesti, prima che potessi iniziare a parlare con mia madre.

«Non è stato un problema. Mi ha fatto piacere averti intorno. Casa mia è sempre vuota.» ti sorrisi sincero.

Ero davvero felice di potermi godere la tua compagnia.

Eri una persona davvero fantastica e, più passava il tempo, più sembravo accorgermene.

«Eppure tu riempi la mia vita così bene.» quel tuo sussurro mi passò inosservato.

Ti avvicinasti a me con uno sguardo che non seppi decifrare.

Troppe emozioni correvano per quelle acque, creando scompiglio anche nella mia testa.

Sembrasti scrutare ogni mio centimetro in un secondo, riuscendo anche a scorgere la mia anima.

Mi spostasti una ciocca di capelli dagli occhi con il gesto più delicato che ti avessi mai visto compiere.

«Perdonami.»

Quello fu l'ultimo sussurro che sentii uscire dalle tue labbra prima che tutto succedesse troppo velocemente.

Prima ancora di realizzare la minima distanza tra le nostre labbra, mi catapultai fuori dal cimitero con le lacrime agli occhi.

Non piangevo perché mi sentivo in dovere di cedere a te, ma perché ero a conoscenza del fatto che lo volessi e non ero riuscito a tenere sotto controllo il panico che mi aveva assalito.

Le lacrime scendevano incontrollate dal mio volere perché, in cuor mio, sapevo che quello ad aver sbagliato fossi io.

Continuavo a ripetermi quanto potessi essere stato stupido a rovinare tutto così facilmente.

Mi chiedevo perché ero convito che l'affetto, in tutte le sue forme, mi avrebbe inevitabilmente fatto del male.

Cercavo di asciugarmi le lacrime senza successo, pensando a quanto dolore ti avessi appena causato e convincendomi di non meritarti affatto.

Avevo così tanta paura di perderti che non mi accorgevo di non averti ancora mai avuto.

Breathtaking ⇔ taekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora