Capitolo 5-🌱Passato🌱

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Bakugou aprì gli occhi e si alzò di scatto, facendo cadere sulle proprie ginocchia la pezza bagnata che riscaldava la sua fronte. "Cosa... dove sono?" Mormorò posando la pezza di lato. Non ricordava niente di quello che era successo quella sera dopo che era uscito di casa, tranne di essere incazzato nero e di doversi sfogare su qualcosa.
Alzandosi dal letto su cui era disteso si accorse di essere a petto nudo. "Dove diavolo sono finiti i miei vestiti??" Esclamò cercando per la stanza un qualche indumento da indossare. Mentre cercava urtò qualcosa, che cadendo a terra emise un suono di vetri rotti. "Cazzo... ci voleva solo questa." Era una cornice, abbastanza semplice, contenente una foto. Il vetro era andato in frantumi e la foto era uscita fuori dalla cornice ed era finita per terra in mezzo ai vetri rotti. Bakugou prese la foto, facendo attenzione a non tagliarsi, e notò che la sua mano destra era fasciata, e che gli faceva particolarmente male. "Che cazzo ho fatto, ho partecipato a un fight club?? La vecchia mi ucciderà... merda." Esaminò la foto e i due soggetti al suo interno. Una donna particolarmente bella, e una bambina, probabilmente sua figlia, identica a lei. Si stavano abbracciando affettuosamente, e la bambina aveva un cerchietto con delle orecchie di topo in cima. La donna era stranamente familiare.
La porta scorrevole della camera si aprì, e fece capolino una ragazza, probabilmente la bambina nella foto, con un vassoio in mano.

"Finalmente ti sei svegliato, credevo fossi mor-" ma si arrestò subito, quando vide il ragazzo con la foto in mano. I ricordi tornarono alla memoria di Bakugou, quando guardò in faccia la ragazza, di cui ancora non sapeva il nome ma che lo aveva ospitato in casa sua con insolita gentilezza. "Questa... è tua madre, non è così?" Chiese lui, sorprendentemente calmo. Lei rispose con un cenno del capo. "Dov'è adesso?" Chiese di nuovo, posando la foto sullo scaffale. Il volto della ragazza si rabbuiò. "Beh... lei... non è più qui, ecco tutto." Rispose, posando il vassoio sul comodino vicino al letto. Prese la cornice rotta, e fissando i vetri per terra intensamente, li fece tornare al proprio posto, sotto gli occhi incuriositi del ragazzo. "Qual'è il tuo nome?" La guardò, ancora stordito per la dormita. La ragazza si avvicinò e gli porse la felpa che indossava prima, piegata ordinatamente. "Sono Akira." Disse guardandolo negli occhi. Bakugou guardò l'indumento e lo prese, titubante. "E basta? Non hai un cognome?" Chiese lui con tono sarcastico. Non stava urlando, e non si sentiva nemmeno arrabbiato, era solo... stanco. Era una sensazione strana.
"Tu chiamami così e basta." Non voleva rivelarglielo. Se l'avesse fatto, anche lui come tutti gli altri, avrebbe pensato a lei come una pazza assassina.
Lui la guardò, pensieroso, poi tornò a guardare la foto. "Mei..." disse sovrappensiero. Akira sussultò, sentendo quel nome.
"Hoshiko Kobayashi, Mei da sposata. Moglie del famoso dottore Katashi Mei morta in condizioni misteriose, si suppone sia stato il quirk della figlia, Akira, manifestatosi all'improvviso, catastroficamente." Continuò lui, recitando il titolo di giornale. Akira strinse i pugni, con lo sguardo fisso sul pavimento. "Sei tu, vero? Ne parlarono tutti i giornali. Ne rimasi parecchio colpito." Si rimise la felpa, velocemente. "Perché cerchi di nasconderlo? L'avrei scoperto ugualmente." Lei rimase in silenzio per qualche secondo. "È da quando è successo... che tutti mi considerano un mostro. Quasi nessuno vuole starmi vicino, hanno tutti paura di me e mi disprezzano." Strinse ancora di più i pugni, mentre una lacrima le rigava il viso. "Compreso mio padre." Concluse con amarezza. "Per questo non te l'ho detto. Per un attimo volevo sentirmi una ragazza normale." La sua voce venne spezzata da un singhiozzo, mentre le lacrime scendevano copiose, al ricordo di quella notte dolorosa. Si strinse nelle spalle. "Sei libero di andare comunque, non fare complimenti." Un calore improvviso la pervase, mentre le braccia del ragazzo la avvolsero titubanti. Lui non disse una parola, e stette ad ascoltare silenziosamente i singhiozzi della ragazza sul suo petto.

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