Dopo quelle parole era calato il silenzio.
Non un silenzio di non detti o di distanza, ma il silenzio. Il silenzio che dà voce a poeti e musichieri. Il silenzio che penetra i vetri quando una stanza ne è troppo colma. Il silenzio di corpi nudi, intrecciati, sudati. Il silenzio di un amore che è appena cresciuto senza invecchiare. Il silenzio di scambiarsi persona. Tu diventi me e io divento te. Forse è questo il suono che fanno due anime che parlano, uscendo fuori, ora da labbra rosse gonfie e voraci che viaggiano senza bussola da nord a sud a est a ovest, ora da mani senza fili che imparano a suonare tutti gli strumenti dell'altro, ora dall'unione scandita da ritmi e respiri.
Il silenzio più intenso che loro abbiano mai ascoltato.
Che perdura anche nel letto sfatto e pregno di due corpi stremati, svuotati, un silenzio di battiti che non accennano a tacere, che si nutrono di quelle dita legate, quei respiri all'unisono, e quegli sguardi identici e vicini che navigano altrove.
Il silenzio dell'amore.
Passano ore così, senza dire una parola che non sia ti amo, e poi si addormentano.
Al risveglio Claudio si trova lo sguardo di Mario addosso. Sorride appena lo vede e un bacio gli arriva tiepido sulle labbra.
"Buongiorno"
"Buongiorno"
Claudio mette a fuoco dietro la testa di Mario, sulle assi di legno che fanno da comodino. Sopra di esse una lampada di sale, un orologio a forma di tavolozza e quello che Claudio capisce essere il disegno accartocciato steso alla meno peggio.
Mario sta seguendo ogni suo sguardo mentre con la mano gioca con la collana Nok. Claudio si sistema per bene il cuscino e torna a guardarlo. Mario si prende un altro minuto e poi fa uscire la sua voce roca appena sveglia.
"Stavo pensando a quello che mi hai detto ieri sera"
Lascia andare la collana e anche lui si mette per bene sul cuscino.
"Hai ragione, mi sono concentrato molto su di te".
"Lo so".
"Ma non devi pensare neanche per un secondo che io me ne penta, o che serbi un qualche rancore nei tuoi confronti".
"No ma..."
"È stato così perché così doveva essere, perché è quello che ti ho promesso, e perché ne avevi bisogno".
"Lo so, ora lo riesco a vedere anche io".
"Mi rendo conto di aver perso l'abitudine a parlare di me, a pensare alle mie di paure, ai miei irrisolti".
Questo fa un po' male ma ormai che senso ha non dire tutto.
"Dovevo farlo io, come tu hai fatto con me".
"Aspetta, fammi finire, perché poi ho pensato. Quando mai l'ho fatto? Mai Claudio, ti rispondo io. Mi sono sempre buttato a capofitto nelle cose per non affrontare le mie, e tu non sei stato diverso".
Mario può scorgere l'effetto che fanno queste parole su Claudio e quindi ha voglia di spiegarsi meglio.
"Tu sei diverso da tutto, soldatino, non ti sbagliare. Anzi, più di ogni altra cosa hai rappresentato lo strumento perfetto per scappare dai miei fantasmi, Claudio, mi hai dato l'amore. E io questo amore l'ho sentito tutto, l'ho vissuto, e l'ho anche usato sì, per mettere a tacere una volta per tutte i miei debiti col passato".
"Io ho fatto il contrario invece".
Mario sorride.
"Credo sia normale quando si è innamorati. È come avere un super potere, tu hai scelto di volare, io ho scelto l'invisibilità".
E su questa metafora si soffermano entrambi a riflettere.
Poi Claudio parla, con un po' di timore ma sereno.
"E di Keyah cosa pensi?"
Mario sorride voltandosi sulla schiena e posando un braccio dietro la testa.
"Di Keyah cosa penso vuoi sapere? Penso di essermi fatto prendere dall'entusiasmo, o dal momento, o dal luogo, l'Africa è stata così intensa. Non so esattamente. Penso che tutti quei mesi in ospedale, anche, Alice e gli altri, vederti stare così, mi abbiano innescato una paura nuova. Quella di lasciare il segno. In una nuova forma per meglio dire, prima la vivevo solo per quanto riguardava il mio segno come artista, poi tu mi hai aperto un mondo di altruismo e realismo. Mi fa sorridere sai, quando parli della mia generosità, del mio esserti venuto incontro, come di un qualcosa di assolutamente speciale. Io l'ho fatto forse a mio scapito, Claudio, ma per la persona che amo, niente di più. Tu l'hai fatto per anni, tra ospedali e missioni, per tantissime vite. L'Africa è stata il mio risveglio dal coma, sono stato ribaltato nel mondo dell'autenticità e mi sono ritrovato a pensare di essere stato completamente inutile per trent'anni. Se a questo sommiamo il fatto che ci siamo giurati amore eterno e che Keyah, beh Claudio, Keyah non me la sono sognata, l'ho trovata per caso seguendo i miei passi. L'ho trovata in quel posto dimenticato da dio, in braccio a quella missionaria, che mi guardava. Mi ha preso il dito, sai, e non lo lasciava più andare e io non facevo altro che pensare che non solo quel dito l'avrei staccato ma che sarei salito su un volo e sarei tornato qua, ad essere quello di prima senza sapere più chi esattamente fosse. Com'era bella, non te lo so spiegare. Ho pensato, Claudio, in questi giorni ho pensato molto. A Rosy, a mia madre e mio padre, alla frase che mi hai detto, penso che tu avessi in fondo ragione anche su quello, non avere un rapporto con loro rende inaspettatamente molto più viva la mia sete di famiglia, chi l'avrebbe mai detto. Non te l'ho tenuto nascosto, semplicemente non lo sapevo. Ti vorrei solo rassicurare che non ho perso del tutto la ragione, per quanto assurda e improvvisa sia stata la mia richiesta, è stata fatta in buona fede. E non mi dimentico di dirti che alla radice di tutto questo c'è sempre stata la mia priorità, cioè quella di renderti un uomo felice. E quando l'ho vista e mi hanno detto che Keyah significava in buona salute, senza fare i dovuti conti ho subito pensato: questo è il regalo più bello che posso fargli, a lui che pensa di non salvare nessuno e salva tutti, me compreso, gli regalo una bambina che salviamo insieme. Dicendolo ora mi rendo conto di quanto suoni un po' folle e sicuramente prematuro, di quanto non sia necessario avere questa fretta e soprattutto di quanto mi fossi scordato di parlarne con l'unica persona che doveva avere voce in capitolo. Quindi scusami Claudio".
Mario esce dal suo flusso in cui, come in una seduta psicanalitica da manuale, ha fissato solo e soltanto il soffitto. Si volta verso destra e trova un Claudio che soffoca il pianto nel cuscino.
"Claudio, cos'ho detto?"
Claudio scuote semplicemente la testa, urla nel cuscino per fermare le lacrime, inizia a ridere e con un ferocemente vero
"Quanto cazzo ti amo"
Si butta su di lui e smette di parlare.
E così, riinizia il silenzio.
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Come balinesi nei giorni di festa
FanfictionSequel di Come zingari nel deserto. COPYRIGHT TUTTI I DIRITTI RISERVATI