capitolo 1

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L'attrito della penna sui fogli riempiva il caldo e accogliente studio di Nicolas. Appena finita l'università aveva deciso di entrare in una scuola come professore di fisica in Germania. Aveva deciso di non tornare più in Italia quando aveva scoperto dello scioglimento del gruppo. Ci era rimasto davvero male dal comportamento di Cesare, come credo tutti gli altri ragazzi. Nelson più di tutti. Aveva bisogno di conforto e nonostante sapesse che Cesare provava qualcosa per lui aveva deciso di dire al cugino, prima di tutti, quella notizia che li spiazzò. Ma lui no. Gli confuse solo le idee peggio di quanto non lo fossero già. Cesare provò più volte a scusarsi ma il riccio non ne sapeva di perdonarlo. Lì in Germania Nicolas si sentiva in un rifugio, aveva trovato la pace. Anche se il cuore batteva sempre per lui aveva provato ad andare avanti.

Anche lui ci provò ma con scarsi risultati.
Dario non ci riuscì.
Si rifugiò nell'illegalità.
Nella droga.
Nell'alcol.
E nel pianto.

Erano cinque anni che non usciva di casa.
Nicolas gli mancava.
Tanto.
Piangeva perché si sentiva solo, incompreso.
Piangeva perché voleva smettere con tutta questa cazzata che si era creato, ma non ce la faceva.
Non aveva più amici, aveva bisogno di qualcuno ma non c'era nessuno.
Tutti si erano allontanati tra loro sempre di più, ma come si dice: sei corpi si separano, sei cuori no.
La penna di Nicolas continuava già da due ore a graffiare sulla superfice liscia dei fogli percorrendo chilometri con la sua scrittura distratta e veloce, la sua mente vagava lontano. Era ancora un ragazzetto, fantasticava molto e soprattutto voleva cambiare. Mentre rispolverava stanze della sua memoria il suo cuore iniziò ad accelerare e il suo respiro iniziò a farsi pesante. Un piccolo sorriso apparve sul suo volto per poi essere sostituito da uno sbuffo usato quasi per sollevare tutti i pesi di una vita con un soffio. Segnò con l'inchiostro l'ultimo punto e chiudse la sua agenda sistemandola per bene. Alzò lo sguardo verso il soffitto, stanco a causa della sua piena giornata di lavoro. Prese delicatamente il computer andando su Skype. Senza rendersene conto andò sul contatto di Dario. Appena la lucidità prese il sopravvento nella mente del ragazzo il suo dito si bloccò a mezz'aria, il cursore sul contatto di Dario e gli occhi spalancati. Ritirò velocemente la mano dal touchpad e la bloccò con l'altra osservandole. Puntò ancora una volta lo sguardo su una foto di Dario appoggiata tipo santino accanto ad una foto di space valley e sorrise alzandosi per prepararsi un thè caldo così da rilassarsi e fare una chiacchierata con il suo migliore amico che non sentiva da ormai cinque anni. Si sedette sulla sedia ed inviò la chiamata.
Uno squillo.
Due.
Nella stanza aleggiava un aroma misto tra thè caldo e tanta, tanta tensione.
Tre squilli.
Nicolas sorseggiò teso il thè guardando il desktop del computer portatile ormai con poche speranze di risposta. Mosse il cursore verso il pulsantino di chiusura della chiamata e portò lentamente il dito sul pulsante del mouse quando il viso di Dario apparve sullo schermo del computer. Aveva il cappuccio tirato su, la testa bassa e tutto attorno a lui era nero. Luci spente e nessun rumore.
«h-hey Dario...»
Un singhiozzo strozzato uscì dagli altoparlanti del computer.
«Dario..?»
«t-ti scongiuro tirami fuori da qui»
Continuava a singhiozzare. Nicolas lo guardò quasi spaventato dalla situazione.
«q-qui dove? Dario mi stai spaventando, se stai fingendo dillo subito»
«CAZZO NICOLAS SCUSAMI»
Il piccolo si morse il labbro inferiore con forza. Non aveva mai visto il suo amico in quelle condizioni
«D-Dario i-io... cosa ti è successo?»
«p-perdonami ti prego...»
Allontanò il thè dal computer e lo guardò comprensivo.
«Dà? Guardami, ti prego...»
Il maggiore alzò lo sguardo e lo guardò. Aveva gli occhi rossi e naso e gote arrossate, le labbra rotte e rosee e il viso solcato dalla stanchezza
«cosa... cosa hai fatto?»
Il più alto non riuscì neanche a rispondere che subito scoppiò in lacrime. Ancora. Nicolas poggiò due dita sullo schermo e guardò tristemente il ragazzo dall'altra parte dello schermo.
«tornerò a Bologna, te lo prometto...»
Il corpo del maggiore continuava a sobbalzare irregolarmente poggiato al tavolo.
«ora riposa...» e con questa frase il moro chiuse a malincuore la chiamata.
Si alzò dalla sedia avvicinandosi alla sua stanza per andare a dormire. Non aveva neanche mangiato, e quel senso di fame che lo assaliva alla fine di ogni giornata stranamente non si era presentato. Si tolse la camicia rimanendo con soli pantaloni e calzettoni. Si guardò allo specchio e si vide cambiato. Non riusciva più a vedere quel 23enne che gli altri ragazzi della valle spaziale ricordavano. Si vedeva un uomo maturato, con una vita. Elegante ma sotto quell'espressione da adulto Nicolas sapeva che si nascondeva ancora il tanto amato "bic". Tolse anche i pantaloni e i calzini e poi si gettò sul letto.
Chiuse gli occhi rivivendo tutti i ricordi di cinque anni prima, sorridendo felice alle risate, gli insulti, i pianti, i segreti, i casini, le cazzate, tutto quello che avevano vissuto insieme. Il suo battito cardiaco iniziò ad accelerare mentre due piccole lacrime solcarono il viso del ragazzo.
«ho bisogno di tornare in Italia...»
La notte passò e Nicolas riuscì ad addormentarsi circa alle due di notte, rimanendo comunque in uno stato di sonno molto leggero dato che quella sera la testa di Nicolas decise di tormentarlo con pensieri che ormai non lo tormentavano più da un pezzo.

Il sonno confusionario ed agitato di Cesare venne interrotto dal rumore metallico della sveglia, che come al solito venne scagliata in modo poco gentile dal ragazzo contro il muro. Quel giorno avrebbe dovuto essere presente ad una cena famigliare, cosa che non sopportava da sempre dato lo stress delle domande poste ogni volta dagli zii indesiderati. In realtà più che da sempre è da quando aveva litigato con Nelson. Si alzò in piedi andando in cucina per prepararsi una tazza di caffè. Finì subito di bere nel silenzio più assoluto e si diresse in bagno per potersi fare una doccia. Tolse il pigiama e i boxer ed entrò in doccia assaporando il tepore dell'acqua sulla sua pelle. Oramai le bollette dell'acqua erano alle stelle, date le lunghissime docce che Cesare faceva ogni giorno. Finito shampoo e bagno schiuma uscì dalla doccia asciugandosi e vestendosi con una semplice maglia larga verdone ed un paio di jeans. Asciugò bene i capelli col phon e si prestò ad abbandonare la casa prendendo le chiavi e il cellulare ma mentre varcava la soglia si soffermò su una foto di due ragazzini di circa vent'anni. Sospirò uscendo di casa e sbattendo la porta. Quella foto raffigurava una delle persone che quel giorno proprio non voleva incontrare: Nelson. Prese il casco della moto, ci salì sopra e partì andando verso casa della zia che li avrebbe ospitati per quel pranzo di famiglia. Sarebbe stato solo e questo lo sapeva. Da quando aveva litigato con Nelson cercava sempre una scusa per saltare quell'incubo, solo che questa volta non trovò nessuna scusa, dato che il suo nipotino Niccolò lo aveva praticamente implorato di venire. Niccolò era il figlio di Nelson, aveva quattro anni ed essendo il più piccolo tra i cugini si sentiva piuttosto solo. Se Cesare era presente con loro a pranzo in famiglia lo era solo per stare con il piccolino, che quasi loda lo zio "perfetto", etichettato così da lui. Arrivato davanti alla porta tolse il casco scombinandosi il ciuffo già disordinato e suonò il campanello.

Nelson venne costretto ad aprire la porta, nonostante stette già lavorando per un progetto che lo avrebbe potuto aiutare a trovare lavoro nuovamente dopo essersi licenziato come aiutante di un parrucchiere. Girò la maniglia e spalancò la porta rivelando la figura possente di Cesare. Il ragazzo dagli occhi verdi lo guardò per qualche secondo poi chinò subito la testa facendosi spazio per entrare in casa.
Appena entrato Cesare venne travolto dal piccolo Niccolò che lo abbracciò. Quel piccolo bambino dai capelli ribelli e gli occhi selvaggi riusciva sempre a sollevare l'umore dello zio.
«zio cesii!!» il ragazzo nominato solleva il più piccolo in un caloroso abbraccio.
«come stai, nanetto?»
«ora benissimo!!»
Cesare sorrise a quell'affermazione. Non riusciva a credere che nonostante la sua vita fosse andata a puttane quel piccolo bambino riusciva a farlo stare bene. Nonostante fosse stato lo stesso Cesare a non volerlo cinque anni fa.

𝒂𝒇𝒕𝒆𝒓 𝒂𝒍𝒍 𝒕𝒉𝒊𝒔 𝒕𝒊𝒎𝒆 ..? - 𝒔𝒑𝒂𝒄𝒆 𝒗𝒂𝒍𝒍𝒆𝒚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora