CAPITOLO 12- "DOBBIAMO PARLARE"

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I raggi sbiaditi del pallido sole invernale che si era levato quella mattina sul cielo di Londra filtravano già attraverso le tende scostate, quando Hermione si svegliò.

Si stiracchiò piano, voltandosi sul lato. L’altra metà del letto era vuota.

Si sentiva un poco stanca, ma era raggiante. Il semplice ricordo di tutte le meravigliose sensazioni che aveva provato tra le braccia di Malfoy bastava a provocarle un brivido lungo la schiena.

La cosa che più la lasciava perplessa era la totale mancanza di sensi di colpa per quello che aveva fatto. D’accordo, non era amore. Era un qualcosa destinato a finire. Ma per qualche strana ragione non se la sentiva di rinunciarvi. Aveva investito anni e anni su Ron, sperando che si accorgesse di lei e poi, quando si erano messi insieme, tutte le sue speranze si erano rivelate delle mere illusioni. Non avrebbe fatto due volte lo stesso errore. Avrebbe guardato in faccia alla realtà, senza fare castelli in aria. La nuova Hermione – come si autodefinì mentalmente – avrebbe fatto a meno delle garanzie o delle promesse eterne. E quando tutto sarebbe finito – cosa pressoché sicura – beh… pazienza. Avrebbe conservato un bel ricordo delle indescrivibili sensazioni che l’affascinante biondino che conosceva – e detestava – da anni le aveva fatto provare.

L’aroma di caffè e brioches appena sfornate giunse alle sue narici. La colazione doveva essere arrivata. Guadò l’orologio sbigottita, pensava fosse più presto e invece erano già le 8,30. Scese alla svelta dal letto, guardandosi allo specchio. Era in una condizione pietosa. I capelli spettinati e arruffati, due occhiaie da spavento e il segno del cuscino su una guancia. Per non parlare delle labbra gonfie a causa dei baci appassionati che lei e la serpe si erano scambiati durante la notte.

"Fantastico!" – pensò, mentre afferrava una vestaglia color porpora dall’armadio.

˜– s —™

La prima cosa che Hermione notò entrando in salotto fu un bel biondino di sua conoscenza seduto comodamente su una sedia davanti a un vassoio stracolmo di brioches, fette biscottate e marmellate di ogni genere e qualità, vicino al bricco del the, del latte e a quello del caffè. Lui era già vestito, un paio di pantaloni scuri e un maglione grigio fumo. I capelli ancora umidi – probabilmente aveva appena finito di fare la doccia – accuratamente pettinati.

Draco stava sfogliando con fare annoiato un famoso quotidiano babbano, che aveva scoperto essere del tutto privo di immagini e fotografie in movimento. In una mano teneva una tazzina di caffè, soffiandovi leggermente sopra per raffreddare la bevanda fumante.

Quando sentì la porta della camera aprirsi sollevò lo sguardo per un attimo, incrociando quello di lei.

"Ciao" – lo salutò Hermione titubante con un sorriso appena accennato.

"Ciao" – rispose lui tranquillo, riabbassando poco dopo gli occhi sul giornale. Finì di sfogliarlo, poi lo ripiegò, appoggiandolo su una sedia libera.

"Temo di non aver sentito la sveglia. Dovevi svegliarmi, abbiamo un sacco di cose da fare oggi"

"C’è ancora tempo" – asserì Draco – "Le biblioteche non aprono mai prima delle nove. Siediti, la colazione si sta raffreddando"

Hermione prese posto di fronte a lui, afferrando l’unica brioches al cioccolato – "Tu non la mangi?"

"No, preferisco quelle alla crema. Detesto il cioccolato"

"Non sai cosa ti perdi. Comunque meglio così, vorrà dire che per tutto il tempo che staremo qui mangerò anche la tua porzione di brioches al cioccolato, tiramisù, biscottini vari al cacao…" – cominciò ad elencare estasiata la Grifondoro.

LA ROSA NERADove le storie prendono vita. Scoprilo ora