CAPITOLO 10 - IL BALLO

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Quando Hermione si svegliò era quasi sera. Chiamò Draco ad alta voce ma non ricevette alcuna risposta. Dove si era cacciato? Nella sua mente iniziarono a riaffiorare vaghi ricordi. Lui aveva detto qualcosa a proposito che a letto avrebbe riposato meglio e che sarebbe tornato di lì a poco. Nient’altro. Si portò un dito alla bocca, passandolo delicatamente sulle labbra, come faceva sempre quando aveva dei pensieri che le ronzavano per la testa.
Nel momento in cui le sue dita sfiorarono le labbra avvertì un fremito, come se quel semplice gesto le avesse riportato alla mente qualcosa di preciso. Il punto era che non sapeva di cosa si trattasse.
Si spostò in salotto proprio nello stesso momento in cui la porta d’ingresso veniva aperta e un bel biondino di sua conoscenza entrava nella stanza carico di pacchi, scatole e sacchetti vari.
Draco chiuse la porta con un calcio, appoggiando poi gli acquisti sul tavolo. Vedendo che la Grifondoro lo stava guardando incuriosita, si limitò a dire – "Ero sceso a farmi un giro quando ho beccato la figlia della direttrice, non mi ricordo come diavolo si chiama…"
Il buonumore di Hermione passò all’istante – "Grayson. Lucy Grayson" – rispose con voce atona.
"Si, quella lì."
"Tra tutte le persone, proprio quell’arpia doveva andare a incontrare. Beh, però almeno non si ricordava manco il suo nome…" – si consolò la ragazza.
"Comunque, fatto sta che mi ha riferito che per il ballo è richiesto l’abito da sera. Come se un Malfoy queste cose non le sapesse" – aggiunse poi altezzoso, ricordando l’occhiata di superiorità raggelante che aveva scoccato alla ragazza a quelle parole.
"Allora ci andiamo? Al ballo, intendo"
"Boh, si può fare. Non che la cosa mi faccia impazzire dalla gioia, intendiamoci. Un ballo babbano è lontano anni luce da quelli organizzati nel mondo magico, specialmente quelli che si tenevano anni fa a Malfoy Manor. Però l’alternativa è di passare la serata a guardare come due broccoli quella scatola insulsa che chiamate telesivione"
"Televisione, non telesivione" – lo corresse lei, puntigliosa come sempre.
"Quello che è!" – sbottò secco di rimando. Se c’era una cosa che lo infastidiva – e parecchio – era quel suo stramaledetto modo di fare, di voler sempre mettere i punti sulle i.
"Tieni" – disse poi porgendole un paio di sacchetti e una scatola – "Dato che c’ero ho fatto un salto a comprare degli abiti per questo sensazionale evento babbano" – Calcò le ultime parole con pesante ironia.
"Il vestito sono sicuro che ti va. Per le scarpe però non sapevo il numero, spero di averci azzeccato"
"Come fai ad essere sicuro che il vestito mi vada bene?" – domandò lei.
Draco le rivolse un ghigno made-in-Malfoy – "Granger, modestamente ho una certa esperienza in fatto di misure femminili. Devo scendere nei dettagli?" – la provocò con voce sensuale.
Hermione avvampò, prese i pacchetti che lui le porgeva e si limitò a mormorare un imbarazzatissimo "Grazie".
"Non mi devi ringraziare" – ci tenne a precisare il Serpeverde, riprendendo la sua solita aria impassibile – "Non è un regalo. Ho usato i soldi che ci ha mandato Silente"
Hermione fu colpita da quelle dure parole. Certo non si era aspettata che lui le avesse preso un regalo, ma sentirglielo dire con quella voce fredda e distaccata che non udiva ormai da due giorni l’aveva ferita.
"Non mi aspetto certo regali da te. Ti ho ringraziato per il vestito solo perché mi hai evitato di scendere a comprarne uno. Nient’altro."
"Ero già lì" – si limitò a rispondere asciutto il ragazzo.
Indispettita dalla piega che aveva preso quella conversazione, afferrò la busta contenente il vestito e la scatola delle scarpe, tornandosene in camera da letto e sbattendo violentemente la porta dietro di sé.
Draco dal canto suo imprecò mentalmente per dieci minuti buoni, poi si lasciò cadere sul divanetto sbuffando.


Hermione gettò tutto quello che teneva in mano sul letto. La prospettiva di passare una bella serata al ballo era appena stata fatta a pezzi dall’atteggiamento scostante di lui. Poco prima aveva rivisto il solito Draco, quello freddo, impassibile e distaccato. Si divertiva a confonderla? Forse per lui era una specie di gioco, quello. Forse in realtà era il bastardo e arrogante Serpeverde che aveva sempre conosciuto. E lei, stupida, che aveva creduto di essere andata al di là di quella che era solo un’apparenza, e di aver iniziato a intravedere il vero Draco Malfoy.
Stupida, stupida e ancora stupida! – si ripetè.
Ma quando aprì la busta che conteneva il vestito, per poco non svenne. Fissò lo stupendo abito di seta impalpabile con gli occhi sbarrati.
Era lilla.
Di colpo le tornarono alla mente le parole di Draco. Il lilla era il colore che preferiva vedere addosso alle ragazze. E le aveva appena comprato un abito. Lilla. Vide anche una stola, dello stesso colore e tessuto del vestito.
Tutti i pensieri poco carini che aveva formulato pochi secondo prima sul bel biondino si sciolsero come neve al sole, mentre il suo cuore tornava a martellarle come un pazzo nel petto. Cosa diavolo le stava succedendo? Non riusciva più a controllare le proprie emozioni. Bastava una frase secca di lui per farla incupire, e subito dopo un suo gesto gentile aveva il potere di far farle infiammare il sangue nelle vene. Che si stesse innamorando di lui?
Quella piccola verità cominciò pian piano a farsi strada nella sua mente. Come era potuto succedere? Proprio a lei, Hermione Granger, la razionale Grifondoro dai voti impeccabili. E peggio ancora, proprio con lui, Draco Malfoy, l’affascinante purosangue che l’aveva insultata per anni.
Probabilmente stava commettendo l’errore più grande della sua vita, ma la tentazione di sembrare per una volta bella ai suoi freddi occhi argentei era troppo forte. Decise quindi che si sarebbe preparata con cura, senza tralasciare il minimo dettaglio.
Per prima cosa avrebbe fatto una bella doccia. Per andare in bagno doveva tuttavia passare dal salotto, e non se la sentiva di vederlo. Non subito. La consapevolezza di provare dei sentimenti per lui l’aveva già scossa a sufficienza. Poi si ricordò che sia il bagno che la camera da letto davano sul medesimo terrazzo, e si avviò verso la grande portafinestra.
Draco si stiracchiò pigramente, ancora allungato sul divano. Poi intrecciò le mani dietro alla nuca e rimase disteso a fissare il soffitto, mentre i raggi della luna filtravano attraverso le tende scostate. Chiuse un momento gli occhi e subito i suoi pensieri tornarono di colpo alla ragazza che si stava preparando nella stanza accanto.
Hermione Jane Granger. A lui meglio nota come La Mezzosangue. Termine che per anni era stato puramente dispregiativo, con l’unico scopo di ferirla, ma che in quegli ultimi giorni aveva perso del tutto quella connotazione. Tanto da sembrare un banalissimo soprannome. Decisamente, non era da lui. Il fatto che fosse probabilmente l’unico che si poteva permettere di chiamarla in quel modo senza riportare danni permanenti lo consolò relativamente: chiunque altro sarebbe stato schiantato all’istante dalla ragazza.
Senza volerlo si ritrovò ad ammettere che la Grifondoro era snella e sexy, con un’espressione intelligente e vivace negli occhi. E quando camminava la folta cascata di capelli castani che le incorniciava il viso ondeggiava in modo eccitante, seguendo l’oscillazione dei fianchi. Non era una cosa studiata. Solo un trucco di cui la natura l’aveva dotata e che continuava a fargli perdere la concentrazione, quando era con lei. Non sapeva mai se guardare per prima cosa il suo viso o il suo corpo. E, in un modo o nell’altro, continuava a smarrirsi in fantasie a cui non avrebbe dovuto lasciarsi andare. Anche in quel preciso istante il suo corpo reagì, strappandogli un gemito di insoddisfazione.



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