Capitolo 11

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L'indomani era sabato mattina, so cosa ti aspetti caro Spettatore.

La finestra leggermente aperta, da cui proviene una brezza leggera, le tapparelle dimenticate alzate da cui filtrava il primo raggio di sole. Le lenzuole spostate, gambe intracciate. Un comodino impolverato, un orologio che segna l'ora. Uno stallo, un minimo, ma percettibile momento di quiete. Un calore non familiare che mi avvolge e mi fa sentire a casa, come mai a casa mia mi ero mai sentito. Un lieve profumo di gelsomino.

Apro gli occhi, aspetto che la mia pupilla si abitui a quella penombra, un sospiro e lei lì, accanto a me: i capelli arruffati,che lottano per uscire dalla coda che si era dimenticata di disfare,un viso sereno,piccoli grumi di mascare intrappolati nelle lunga ciglia.

Ma no Spettatore, niente con Amaya poteva essere prevedibile, neanche una banalissima mattina di un banalissimo mese di un banalissimo anno.

Mi svegliai di soprassalto, impaurito, con il battito accelerato. Un rumore fortissimo mi risvegliò, un assurdo frastuono mi tolse a Morfeo e mi gettò nella giungla cittadina; inoltre le tapparelle erano state abbassate totalmente e nemmeno un piccolo fascio di luce riusciva ad entrare.
Non seppi cosa fare, aspettai che le mie pupille si abituassero alla mancanza di luce e poi mi alzai e premetti l'interruttore della luce situato accanto al comodino. La mancanza del vestito di lei mi avvolse, come un accappatoio dopo un bagno caldo: totalmente. Piano piano svoltai l'angolo del piccolo e stretto corridoio per addentrarmi nella piccola e stretta cucina.

"Cristo santo" la vidi lì con in mano una padella, pronta a fronteggiare un nemico inesistente.

"Buongiorno anche a te cara" risposi io

"Buongiorno un cazzo" disse lei

"Scusa, ma quello svegliato da un rumore frastornante e incazzato non dovrei essere io?"

"No dovrei essere io ,perchè appena ho aperto il pensile,sono stata investita e sottolineo investita da una marea di pentole equilibriste"

"Mai detto di essere ordinato"

"Mai detto di essere fine ed elegante" disse lei.

"Mi sembra corretto" dissi io e continuai "Quindi cosa stavi facendo esattamente con le pentole?"
"In realtà con le pentole ho finito, le stavo soltanto riponendo, perché non ti siedi con me?"
"Volentieri, sai che potevamo uscire a fare colazione vero? Non era necessario tutto questo"
"Lo era invece, sono piombata da te come una furia e non me ne sono neanche andata, era il minimo in realtà, poi sinceramente non la chiamerei tanto colazione, ma più pranzo"
In quel momento guardai l'orologio appeso sopra la porta e aveva ragione, non era più ora di colazione, era mezzogiorno passato. Strano, pensai io, solitamente non dormo oltre le dieci.
"Tieni"
E Amaya poggiò davanti a me una tazza di caffé, una frittata e dei panini con la marmellata.
"La frittata è con le zucchine, le ultime sopravvissute, comunque ti ho finito quel poco che c'era nel frigo"
"Tanto di solito è sempre vuoto, il pane da dove arriva?"
"Dal panificio qua all'angolo"
"Scusa ma te sei pure uscita?"
"Mi sembra ovvio, mica lo consegnano a casa quello"
"E con la porta come hai fatto?"
"L'ho lasciata aperta ovviemente"
"Stai scherzando spero"
"No" disse lei tranquilla, addentando un panino "Comunque simpatica la signora del panificio"
"Poteva entrare chiunque"
"Non che ci sia molto da rubare"
"Ci avrebbero potuto fare del male"
"Quindi secondo te, qualcuno avrebbe notato una porta socchiusa, al terzo piano di un condominio, circondato da condomini, seguito me dal panettiere, per poi riseguirmi fino da te, per aggredirci? Con lo scopo di rubare cosa? Una telvisione? Mi sembra alquanto ardito non credi? "
"Non proprio"
Come lei facesse ad affrontare la vita, con una tale noncuranza lo capí solo in seguito. Al momento lei mi apparse solo come una ragazza totalmente incurante della sicurezza, leggera, come solo una ragazza di neanche 25 potesse essere. Una piccola adulta.
"Ti ringrazio per il pranzo" le dissi

Nel segno del capricornoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora