Capitolo 10

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Raul's pov.

Il disagio di Diana è tale, che si potrebbe toccare con un dito. Non volevo arrivare fino a questo punto e sputtanarla davanti alle amiche. Si vede lontano un chilometro che loro non sapessero nulla di questa storia. Ma sono un coglione e non ci ho pensato prima, troppo accecato dalla gelosia.

Mi sta fulminando con lo sguardo, in silenzio. Si alza dalla tavola e va a chiudersi in camera. La mia testa gira per osservare ogni suo movimento, devo ammettere che mi sento un po' uno schifo.

Guardo le ragazze che, nel frattempo, si sono alzate e hanno seguito Diana nella sua stanza. A quanto pare non hanno ottenuto troppe informazioni e sono subito rientrate a mangiare. Entrambe con facce preoccupate, mi guardano, fino a che Denis mi incita ad andare in camera di Diana e mi viene in mente di portarle il piatto che ha lasciato praticamente pieno.

Davanti alla sua porta busso, ma non ricevo alcuna risposta. Al terzo tentativo decido di entrare.

<<Diana, sono io..>> Provo a dire, ma la sua attenzione è catturata dallo schermo del suo telefonino.

<<Diana?>> Riprovo a dire.

Lei alza il suo sguardo verso di me: mi colpiscono due occhi spenti, tristi e pieni di lacrime.

<<Che sta succedendo?>> Chiedo allarmato e, nel frattempo, mi avvicino, poggiando sulla scrivania il piatto.

Non mi risponde, si allontana ed io non potrei sentirmi più ferito in questo momento. Provo ad avvicinarmi nuovamente e stabilire un contatto con una semplice carezza sulla gamba sinistra, lei si sposta velocemente, come se fosse spaventata. Riprovo a guardarla in viso, in cerca di spiegazioni e ha la stessa espressione della famosa sera in camera mia: credo che stia avendo un attacco di panico.

<<Lasciami stare, ti prego!>> Mi dice con voce tremante.

No, non la lascio stare, non così. Non quando ha più bisogno di aiuto!

Lei si alza dal letto e si mette con le spalle poggiate sulla porta. Porta le mani al viso, in modo da coprirlo e, piano piano, trascina il corpo a terra. Ora è seduta con la testa tra le gambe e con le mani tra i capelli. Sussurra qualcosa, credo che stia ripetendo a se stessa di respirare, in seguito a dei numeri.

<<Inspira.. 1, 2 , 3, 4, espira>> prende e butta fuori l'aria.

Mi sento così impotente, che cazzo!

Cerco di avvicinarmi, mi siedo di fronte a lei, le prendo le gambe e le metto su di me, le prendo le mani e gliele accarezzo. Lei mi guarda, fatica ancora a respirare. Ma voglio un contatto maggiore e la trascino su di me, come per prenderla in braccio. Con mio grande stupore, lei si lascia andare e mi cinge il collo con le sue braccia, mentre io la stringo in un abbraccio.

Sono ancora ad accarezzarle i capelli, attendo a capire se i battiti del suo cuore si siano calmati, quando mi rendo conto che sta di nuovo piangendo, silenziosamente.

<<Quando vuoi parlarmi io sono qui, non c'è fretta>> Le sussurro.

Lei fa cenno di sì con la testa.

La tiro su e la porto a letto, le levo le scarpe e la faccio stendere sotto le coperte, mentre io rimango seduto sul bordo a fianco.

<<Ti sei ripreso dall'ospedale?>> Sento dire d'un tratto con voce bassa.

Mi giro a guardarla in viso e le rispondo: <<Si, quasi del tutto>> Le sorrido.

Il suo telefono inizia a squillare, glielo passo e, con malavoglia, scopro che la chiamata proviene dal numero di Pierre. Mi viene in mente il messaggio di prima che stava leggendo Diana e se poco poco scopro che era da parte sua, gli stacco la testa!

Dopo una breve conversazione in cui Di rispondeva solo a monosillabi, capisco che ha rimandato il film che avrebbe dovuto vedere a casa sua, dicendo che non si sentiva bene.

<<Vuoi parlare di quello che è appena successo?>> Provo a chiedere

Lei, impaurita, mi risponde: <<No! Non ne voglio parlare!>>

Va bene, non è il momento, allora decido di aprirmi io a lei e iniziare a parlare.

<<Sai, ci sono rimasto malissimo quando ho scoperto di te e Pierre..>> Lei non risponde, ma mi guarda attenta a capire cosa voglio dirle.

<<Ero anche triste perché nell'ultimo mese ho perso la mia migliore amica e questa cosa non mi piace. Mi manchi, mi manchi davvero tanto!>>

<<Lo so, hai ragione, ma avevo bisogno di allontanarmi e stare in altri giri. No, non perché tu abbia fatto qualcosa di sbagliato, assolutamente. Anzi ti devo chiedere scusa perché nei tuoi confronti mi sono mossa malissimo. Mi dispiace>>.

<<Tranquilla, ti ho già perdonata. La prossima volta ti chiedo solo di non sparire, per favore. Io ci sono per qualsiasi cosa>>.

<<Lo so, grazie Raul>>.

Mi invita a stendermi a fianco a lei e le avvicino il piatto in modo tale che possa mangiare qualcosa. Mi dice di aprire Netflix e vederci un film.

Siamo entrambi sdraiati, lei ormai ha finito di pranzare e si posiziona meglio accanto a me, mentre io la cingo con un braccio. E' una sensazione così bella sentirla vicino a me.

Hai proprio perso la testa.

Si, probabilmente si, sto perdendo la testa per questa ragazza, ma è meglio che le cose rimangano come stanno: semplici amici.

Diana's Pov.

Apro gli occhi e mi accorgo di essermi addormentata. La mia gamba sinistra avvolge il corpo di Raul e la sua mano destra è posizionata sul mio ginocchio. Ho la testa sulla sua spalla e il suo braccio che mi stringe a sé. Questa situazione è tanto piacevole quanto strana. Che sta succedendo?

Alzo lo sguardo e vedo che anche lui sta dormendo, profondamente direi. Era da tempo che non vedevo i lineamenti del suo viso così rilassati. La mia mano si muove da sola e inizia ad accarezzargli la guancia, è così bello.

Diana tu esci con Pierre.

Cazzo! Ma che sto facendo? A me di Pierre non frega nulla! Guarda Raul, il bene che voglio a questo ragazzo è inspiegabile, ma che cosa dovrei fare adesso?

Il solo gesto che fanno le mie dita in questo istante nel seguire delle linee immaginarie sul suo volto, provoca in me una sensazione provata davvero poche volte nella mia vita.

Lo guardo dritto negli occhi, lo trovo sveglio a fissare anche lui i miei. Faccio per ritirare spontaneamente la mano, nella maniera più veloce possibile.

<<No.. cosa fai? Continua ti prego, è così rilassante >> Mi incita lui a continuare, stringendo un braccio intorno alla mia vita.

Così, con una mano tremante mi riavvicino al suo viso, ma prima che la mia mano potesse toccare di nuovo la pelle ruvida per colpa della barba che stava ricrescendo, Eva bussa alla porta.

<<Dimmi>> Mi affretto a rispondere, allontanandomi da Raul, sollevandomi mettendomi seduta sul letto.

<<Ha appena citofonato Pierre, ti conviene far uscire Raul prima che faccia i 10 piani in ascensore>>

<<Merda!>> Urliamo allo stesso tempo io e il metro e 90 disteso al mio fianco.

<<E adesso cosa faccio?>> Mi chiede con un tono preoccupato Raul.

Attacco di panicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora