Capitolo 5

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Diana's pov.

Per fortuna l'ospedale dista 5 minuti a piedi dal nostro appartamento. Siamo tutte e tre qui, in una sala d'attesa, dal colore troppo bianco e silenzioso per i miei gusti. A volte si sentono i passi delle infermiere, altre volte dei bip bip di qualche macchinario. Ambienti del genere mi mettono angoscia ed il fatto che non sappia ancora nulla, l'aumenta ancora di più. Den ha parlato con l'infermiera 5 minuti fa e le ha detto che non ci sono novità e che Raul continua incosciente e i medici lo stanno visitando.

Io sono immobile sulla sedia a gambe incrociate dal momento in cui ci hanno riferito di sederci qui. Odio gli ospedali non sopporto non poter fare niente, se non aspettare.

Alzo la testa solo quando arrivano Nacho e Pedro, e Juan. La polizia ha voluto capire cosa fosse successo e non li hanno mandati via prima.

<<È successo tutto così in fretta, Raul era un po' ubriaco, non troppo, ma due ragazzi alti quanto lui hanno iniziato a spingerlo, mandandolo contro Pedro>> Ci racconta Nacho e con voce spezzata continua guardandomi negli occhi <<Tu lo sai com'è fatto: di primo impatto ha cercato di parlargli gentilmente, chiedendogli di fare più attenzione, ma i due hanno chiamato altra gente ed hanno iniziato a prenderlo a pugni. Non abbiamo potuto fare molto, cazzo, erano enormi e Raul non si poteva di certo difendere da solo. Abbiamo fatto il possibile Di, te lo giuro, non mi odiare>>.

Continua a guardarmi con occhi lucidi, mentre sento cadere sul mio viso un paio di lacrime. Decido di muovermi e vado ad abbracciarlo. Non riesco a parlare e non riesco a dirgli che va bene, io non sono arrabbiata con loro. Sono triste e incazzata nera per la situazione. Vorrei solo sapere che sta bene e poterlo abbracciare, parlargli. Nulla di più.

<<Ragazzi, se siete qui per Raul Ocrei, potete passare, stanza 4 B>> Ci informa una infermiera alta e magra, con i capelli neri corti.

Quando ci avviciniamo incontriamo un'altra infermiera uscire dalla stanza. Ci informa che Raul ha subito un trauma cranico, con lesioni cerebrali lievi, insieme a fari lividi e il braccio rotto. Non dovrebbe avere conseguenze gravi, ma comunque sarebbe meglio non entrare tutti e sei e non farlo stancare troppo.

I primi ad entrare siamo io e Nacho. Lascio andare prima lui di me, il mio corpo è ancora scosso dall'idea di stare in ospedale e reagisce in maniera più lenta.

Eccolo lì, sdraiato sul letto mentre con il braccio non ingessato tenta di abbracciare il suo amico. Io rimango in disparte, fino a che i due si staccano e allora sento dire:

<<Di, vieni, avvicinati>> È Raul, che quasi mi supplica di eliminare quella distanza tra noi.

Io non me lo faccio ripetere più volte, mi avvicino e lo abbraccio. Non c'è sensazione più bella e mentalmente ringrazio che sia capitato qualcosa di non eccessivamente grave, così da poter avere l'occasione di parlare ancora con lui.

Nacho è uscito da qualche minuto ed io sono seduta sulla poltroncina blu accanto al letto bianco di Raul. Non ho ancora detto niente e mi perdo nell'osservare tutte le ferite e gli ematomi già evidenti. Ha un occhio nero e uno zigomo e il labbro inferiore rotto, lividi sulle braccia e sulle costole sulla parte sinistra. Fortunatamente, sono stati capaci di rompergli solo un braccio.

<<Ei, devi vedere quello che mi ha fatto questo come sta messo!>>

Alzo lo sguardo sul suo viso e nasce un sorriso sul mio: sempre il solito simpatico. Mi allunga la mano e mi incita a prenderla ed io mi affretto ad intrecciare le mie dita con le sue.

Io non ho ancora detto niente, lui mi fissa con quegli occhioni verdi e profondi, mi vuole dire qualcosa, ma viene interrotto dagli altri nostri amici che entrano.

Io mi affretto a lasciargli la mano.

Raul's pov.

Mi lascia la mano in fretta quando sente entrare gli altri ragazzi che sono venuti a vedermi. D'improvviso mi sento vuoto, non voglio che lei si allontani.

<<Ei Bro, sei una roccia!>> Mi saluta Pedro, seguito da Juan <<Ti hanno rimesso in sesto?>>

Vedo Diana che esce dalla stanza, non mi ha ancora rivolto parola, ma le nostre occhiate bastano per capire quello che prova in questo momento. La porta non si chiude e, mentre i miei tre amici parlano tra di loro, cercando di scherzare sull'accaduto, Di saluta le sue amiche invitandole a tornare a casa, essendo già del 03:45 del mattino.

Quando rientra in stanza chiedo ai ragazzi se, per favore, possono andare a prendere qualcosa di caldo per lei, non un caffè, Diana lo odia, consiglio un tè.

I tre vanno ed io ne approfitto per cercare di tirarmi su e fare spazio a Diana, vorrei che si sdraiasse accanto al mio corpo tumefatto, voglio sentirla vicina ad ogni costo.

<<Ti va di stenderti qui?>> La invito. Lei mi guarda, ma non risponde. Si sfila le AirForce1 bianche e si mette sotto il lenzuolo. Mi guarda, avvicina il mio viso al mio, mentre mi accarezza la guancia, ma poi poggia la sua testa nell'incavo del mio collo.

Una piccola parte di me sperava che mi baciasse, ma devo essere realista, per ora mi godo il profumo dei suoi capelli, mentre cerco di rilassarmi con lei di fianco.

Quando i ragazzi tornano in stanza, Diana si è addormentata tra le mie braccia.

Attacco di panicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora