6.

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«Ho pensato che ne volessi una.»
La fa strisciare sul legno fin sotto al mio naso.
«Ma davvero? La mia espressione ti dice proprio questo?»
«La tua espressione non direi. Ma dentro di te sentivo urlare "birra!".»
Alza i pugni in alto e fa un sorso della sua.
«Se sentissi che ho dentro, non avresti avuto il coraggio di sederti. Comunque non posso bere.»
La spingo via.
«Sei incinta?», chiede a bruciapelo.
«Ti sembra il modo giusto per chiedere una cosa del genere?»
Ha un sorrisino del cazzo stampato sul volto.
«Okay, sei incinta.»
«Non sono incinta, idiota. Non posso.»
«Va bene, calmati. Cercavo solo di fare conversazione.»
Continua a bere fino a metà bottiglia.
«Hai un nome?»
«Mi chiamo Alessandra Maria Lucibelli. Ho 22 anni. Abito in provincia di Napoli. Sono na-»
«Ehi, ehi. Non ti ho chiesto mica l'identikit.»
Sorrido portandomi una mano sugli occhi.
«Scusami. La forza dell'abitudine.»
Lo avevo ripetuto a macchinetta almeno un centinaio di volte.
«Sei scappata da un centro per pazzi?»
«Allora siamo in due. Strano che non ti abbia incontrato prima.»
Ride in un modo un po' troppo esagerato.
«Bella questa. Io sono Nicolas. Ma gli altri mi chiamano Nic, Bic, Nano... Un po' come cazzo ti pare, insomma.»
«Va bene Nicolas?»
Si blocca a guardarmi meravigliato.
«Si! Finalmente qualcuno che lo dice! Grazie Alessandra Maria Lucia Paola e non so quanti altri nomi tu abbia!»
«Solo Alessandra.»
«Grazie, Solo Alessandra!»
Mi contagia con la sua risata e per il locale ci sentiamo solo noi. Scemo scemo, è riuscito a farmi cambiare umore. E sto anche lacrimando.
«E tu che mi volevi far bere. Senza alcol mi hai trasformata in una mezza brilla.»
«Mi sa che lo sei naturale di tuo. Io non c'entro niente.»
Le risa iniziano a scemare e mi asciugo gli occhi.
«Mi sa che devo andare.»
«No dai, resta ancora un po'.»
Mi alzo dalla sedia e mi fermo di colpo.
«Oh cazzo!»
«Hai capito che senza di me non puoi stare?»
«Non so come tornare a casa.»
«Ci sono scuse migliori per riuscire ad essere invitate a casa di un ragazzo, ma va bene, dai. Andiamo da me.»
«Sono arrivata oggi. Non conosco la città.»
«Non c'è bisogno che continui. Mi è chiaro.»
«Sono seria, Nicolas!»
Mi giro a guardarlo.
Lui si ammutolisce trattenendo il respiro. Non so se perché abbia detto nuovamente il suo nome per intero o perché sta capendo la gravità della situazione.
«Oh. Non stai scherzando.»
Inizio a tremare e gli occhi mi si inumidiscono.
«Okay, okay. Non ti disperare, troverò una soluzione.»
Bene. La mia vita è in mano ad un cretino sbronzo.
Si inizia a girare attorno come se la risposta gli potesse comparire davanti per magia.
«E se venissi da me davvero? Ci dormiamo su e-»
«Nicolas! Voglio andare a casa mia!»
«Va bene!»
Mi porto le mani fra i capelli. Come cazzo farò?
Prende il suo cellulare dalla tasca e inizia a scrivere in modo frenetico.
Dopo un po' riceve una telefonata.
«Ehi, hai letto il mio messaggio?»
Dall'altro lato sembra essere una voce maschile.
«Passartela? Ma non la cono... OKAY NON URLARE, TE LA PASSO!»
Mi porge il telefono.
«Vuole parlare con te.»
Guardo stranita il cellulare. Lo prendo e lo porto lentamente all'orecchio.
«Pro-pronto?»
«Alessandra! Sono Dario, dove cazzo sei finita?»
Dario. Inizio a singhiozzare senza rendermene conto. In sottofondo sento Cristina che urla disperata a chiedere informazioni.
«Non lo so. Sono in un bar. Non mi sono resa conto di essermi allontanata. Vi prego, venitemi a prendere.»
«Tranquilla, stiamo arrivando. Passami Nic.»

Dopo le tipiche scene da film di abbracci e pianti, ci ritroviamo nel salone a dare spiegazioni a Nicolas. Quante probabilità c'erano che incontrassi proprio uno degli amici stretti di Dario?
«Scusami se non ti ho subito creduta.», dice a racconto concluso.
«Sono solite a farti proposte di sesso così a caso nei locali?»
«Proposte di sesso? Cosa stavi per combinare?», chiede Dario indispettito.
«Non ti scaldare. Mi succede abbastanza spesso e pensavo fosse una delle tante. Non fare il santarellino e ammetti che capita anche a te.»
«Non lo nascondo, ma non ho mai accettato. Tu si?»
Inzia a fare il vago.
«Nic!»
«È capitato una, due volte, okay? Forse di più. Ma non c'è niente di scandaloso!»
«Perché all'improvviso la sua vita sessuale è diventato argomento di discussione?», chiede Cristina stizzita.
«Me lo chiedo anche io.»
Dario lo guarda schifato.
Francesco si avvicina a Nicolas.
«Vèz, mi insegni come fai?», gli bisbiglia.
«Ne parliamo da soli in un altro momento.»
Gli fa un occhiolino e si scambiano una stretta di mano.
Okay, si sta degenerando.
Per fortuna Dario smorza la situazione.
«Va bene, direi che è ora di tornare ognuno nelle proprie abitazioni...»
«Non si può fare un pigiama party?», interviene Francesco.
«... e nei propri letti. Adesso!»
Abbattuti, ci salutano e iniziano ad uscire dalla porta.
«Passo domani mattina. È stata una giornata tosta, cercate di dormire.»
Ci saluta anche lui e ci lasciano sole.

«Avresti mai pensato di finire in una situazione del genere?», mi chiede mentre ci mettiamo il pigiama.
«Scusami. È colpa mia se ci sei finita dentro.»
Mi infilo sotto le coperte e guardo mortificata il piumone.
«Stupida, non intendevo questo.», mi raggiunge, «Da stare in un parco a trovarsi in un'altra città da un giorno all'altro con dei deficienti patentati. Questo intendo. Non ti sembra strano?»
Trasalisco.
«Stai dicendo che Dario mi ha fatto cadere apposta?»
«Ma la smetti di porre tutto sul dramma? Non sto parlando di nessun rapimento e di nessuna spinta volontaria. Devi ringraziare il tuo impeccabile equilibrio se hai premuto il tasto reset. Dico solo che è surreale.»
«Come in una storia su Wattpad?»
«Come in una storia su... Aspetta, come conosci Wattpad?»
«Secondo te, come passavo i momenti vuoti in un letto di ospedale? Prima che puntualmente il cellulare mi venisse sequestrato.»
«Ed io sgattaiolavo a riportartelo.»
Mostra un sorriso trionfante, che subito si spegne. Avrà sperato per un attimo che stessi ricordando. Mi dispiace deluderla.
«Sono molto contenta che sei qui con me.»
Striscio vicino vicino a lei, prendendola per un braccio.
«Non sai nulla di me, come puoi esserlo?»
La voce le esce fioca e smorzata.
«Intanto, se non ci fossi, sarei stata sola in questo momento. E poi, sento una forte connessione, non te lo so spiegare ma sono sincera.»
Esagero un po' ma ha bisogno di sentirsi dire questo e glielo dico.
Tira su con il naso e abbozza un sorrisino.
«Qualcosa mi dice che non sei mai stata così.»
«Infatti. Non so cosa mi stia succedendo.»
Ride nervosa, asciugandosi una lacrima prima che caschi.
Ci addormentiamo così, quasi abbracciate, entrambe con i nostri malesseri.
Ho il sospetto che questo viaggio servirà più a lei che a me.

Like on a roller coaster // Space ValleyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora