CAPITOLO 7

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Rimasero a studiarsi per qualche altro secondo, forse indecisi sul da farsi. Freya avvertiva distintamente il proprio cuore battere forsennatamente contro la cassa toracica e lo stomaco aggrovigliarsi per la tensione; sintomo di chissà quale tragica previsione.

«Scott.» La voce le tremò appena, ma fu abbastanza veloce da impedirsi di battere i denti. Non aveva mai avuto paura di lui, e l'unica cosa che si poteva dire provasse per l'uomo era sospetto, forse appesantito da una punta di fastidio. Ma ora che lo guardava attentamente, non potè che provare un senso di disagio talmente forte da farla rabbrividire. «Cosa...cosa ci fai qui?»

«Facevo due passi. Sai, per schiarirmi le idee.» Le sembrò, per un attimo, che le sue parole avessero un significato nascosto pregno di chissà quale strana verità. Muovendo appena di lato Scott lasciò che la sua schiena si staccasse dal palo della luce e condusse le sue gambe a qualche metro dalle sue. Ricurvo su se stesso, si stringeva le braccia al petto come se ne valesse della sua vita, come se dovesse contenere una forza che rischiava di dilaniarlo dall'interno. «E mi sei venuta in mente tu.»

«Io?» Sotto pelle Freya avvertì il brivido del pericolo che quell'uomo le stava infondendo. «Per quale ragione?» Un'occhiata all'orologio allacciato al polso le fece aggrottare la fronte; non era decisamente possibile che quell'uomo avesse lasciato casa sua alle dieci e un quarto di sera solo per una passeggiata notturna e che, nel mentre, gli fosse balzata in testa l'idea di cercarla. Inoltre, se realmente fosse stato così, come diamine aveva fatto a trovarla? Per quanto la sua fosse una vita di routine era certa che nessuno -quella sera- si fosse aspettato di trovarla al Tosca con altre tre persone.

«Penso che tu sappia già il perché.» Deglutendo rumorosamente, la canadese si affrettò a fare due passi indietro. Possibile che l'avesse cercata per parlare della notte precedente? E, in tal caso, cosa avrebbe potuto aggiungere in sua discolpa? L'idea che Scott volesse semplicemente tutelare la propria immagine era veritiera, ma troppo poco propensa alla realtà dei fatti per alleggerirle lo stomaco.

«Non so di cosa tu stia parlando, e se non ti dispiace, io dovrei tornare a casa. È tardi e domani mi aspetta del lavoro da fare.» Con l'ultimo briciolo di coraggio rimasto, Freya oltrepassò l'uomo con una spallata tutt'altro che amichevole. La sua macchina le apparve come una manna dal cielo, in quel momento.

«Ti sei trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, immagino.» Fu la stretta di lui sul suo posto a fermarla, mentre un lungo brivido le correva lungo la schiena. Le sue dita sembravano essere circondate da tante piccole fiammelle, tanto erano calde. Bruciava come se avesse una forte febbre; quel genere di calore che si assorbe solo stando per tanto tempo vicino al fuoco o ad una fonte eccessivamente calda. «Oppure, già sospettavi qualcosa.»

Strattonandola per un polso, Scott si assicurò la sua completa attenzione. Per quanto Freya tirasse indietro il braccio, però, l'uomo non accennava a lasciarla andare. Al contrario di Amos, lui le fece male. Premette le unghie nella sua carne con forza, fino a strapparle un gemito di dolore.

«Scott, lasciami.» Continuando a negare, la canadese aggrottò la fronte e digrignò i denti, facendolo ridacchiare.

«Tu non dovevi sapere nulla. Nessuno avrebbe dovuto scoprirlo, dannazione!» Un lampo dorato sembrò nascondere il colore pallido dell'iride, mentre il suo viso si distorceva in una maschera di rabbia. «Sapevo, fin dalla prima volta che ci siamo visti, che sarei sempre dovuto stare all'erta con te nei paraggi. Andava tutto bene, tutto fottutamente bene. Perché cazzo ti sei intromessa, eh?» Sentendosi il cuore battere forsennatamente contro la cassa toracica, Freya strabuzzò gli occhi e diede un ultimo grande scossone all'uomo con il braccio libero, riuscendo a sgusciare fuori dalla sua presa.

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