- XIII -

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Seduta all'interno della piccola vettura, Garnet osserva le rocce scorrere fuori dal finestrino. Gli scatti di Gargan sul legno, regolari e ipnotici, evocano una serie di immagini che avrebbe tanto voluto dimenticare.
Presto avrebbe affrontato Brahne, colei che l'aveva cresciuta e accompagnata per tutti quegli anni.
Per quanto si sforzi non riesce proprio a provare rancore per lei. In fondo è sempre sua madre.
Si china in avanti, posando il mento sulle mani aperte.
Quanto avrebbe voluto avere Gidan al suo fianco. Lui avrebbe saputo come cavarsela, lui avrebbe saputo cosa fare e cosa dire.
"Principessa, non vi sentite bene?"
Non puoi cedere, non adesso. Devi essere forte.
"Sono solo un po' tesa."
"Certo, capisco. Perdonatemi."
Lei sorride, passandosi l'orlo della manica sugli occhi.
"Grazie per avermelo chiesto. Lo apprezzo molto."
"Dovere. Anche a me tornare al Castello dopo tutto quello che ci è capitato... insomma, non credo sarà la stessa cosa."
"No, Comandante, non sarà affatto la stessa cosa."
Il grande insetto rallenta e si ferma di fronte ad un altro vaso sospeso.
"Ci siamo."
"E' stato un onore per me combattere al vostro fianco, principessa."
"Anche per me, Comandante."
 La coppia smonta dalla carrozza e si incammina per la lunga scalinata.
"Accidenti, non ero mai stato in questa zona del Castello. Dove credete che ci troviamo?"
Garnet si appoggia alla balaustra del ponte.
"Credo nelle antiche catacombe. Ho letto che venivano usate come rifugio in caso di assedio."
Riprendono ad avanzare, gettando ogni tanto uno sguardo alle centinaia di piccole alcove coperte di edera rampicante.
Giunti a pochi passi dalla scala che avrebbe dovuto portarli al piano delle prigioni, sentono un sottile scatto metallico e un'alta grata emerge dal pavimento, bloccando loro il passo.
"Ma che diamine?"
Garnet fa per voltarsi ma l'emergere di una seconda grata blocca loro ogni via di fuga.
"Li abbiamo presi!"
Tre soldati si precipitano giù, armati di spada e scudo, e si piazzano in formazione di fronte a loro.
"Arrendetevi o saremo costretti a... Comandante? Principessa?"
"Dojebon? Weimar, Haagen, siete davvero voi. Presto liberateci."
Weimar rinfodera la spada e risale la scala, mentre gli altri due si mettono in guardia."
Posate le armi."
Steiner rimane a bocca aperta. Li stanno davvero minacciando?
"Io sono il vostro Comandante, come osate rivolgervi a me in quel modo?"
"Voi avete tradito Alexandria e la Regina Brahne, ora non avete più il diritto di dare ordini. Posate le armi."
"Facciamo come dicono."
"Ma..."
"Comandante, vi prego." lo implora Garnet.
Il cavaliere sbuffa, armeggia con la fibia della cintura e lascia cadere a terra lo spadone. Subito dopo la grata scatta e lentamente rientra nel pavimento.
"Venite con noi e vedete di non fare scherzi. Perdonate l'increscioso inconveniente, principessa."
Weimar si piega in un profondo inchino e le fa cenno di seguirlo, mentre Dojebon e Haagen scortano Steiner verso le prigioni.
Tornare a percorrere quei corridoi e quelle scalinate fa uno strano effetto: da una parte l'impressione che i tre mesi trascorsi in giro per il Continente non fossero stati altro che un incidente, una brevissima interruzione della sua quotidianità, mentre dall'altra la consapevolezza di quanto la sua fuga l'avesse cambiata e le avessero fatto scoprire tante nuove sensazioni: l'avventura, il pericolo, la fatica, la gioia e l'amore.
Già, l'amore.
Weimar sblocca la serratura di una piccola porta decorata con fregi d'oro e si congeda con un ennesimo inchino. "Vostra madre vi sta aspettando, principessa."
La ragazza prende un profondo respiro. Finalmente è arrivato il momento.
"Lo faccio solo per te, Gidan."

"Voi non capite, dovete lasciarmi andare!"
Haagen da uno strattone al braccio del Comandante e lo costringe a proseguire.
"La Regina sta radunando un esercito, si sta preparando alla guerra. Moriranno centinaia di persone, è questo che volete?"
Le due guardie aprono la porta della cella e lo spingono dentro.
"La nostra fedeltà va alla Corona di Alexandria. Se deve essere guerra, seguiremo la nostra Regina fino alla fine."

Garnet muove qualche passo all'interno della stanza del trono. E' tutto esattamente come lo ricorda: il pulpito rialzato, il camino spento, i ritratti dei sovrani precedenti, il lussuoso trono d'oro e avorio.
"Garnet Til Alexandros, figlia adorata e irresponsabile. Spero ti sia divertita durante la tua piccola fuga, perchè io non mi sono affatto divertita!"
Un espressione di rabbia attraversa il volto della Regina. "Hai una vaga idea della gravità delle tue azioni? Ti rendi conto che la tua bambinata ha messo in pericolo l'intero Regno?"
"Io..."
"Silenzio! Tu sei la principessa di Alexandria, ogni tua decisione ha un peso e delle conseguenze."
Stringe i pugni nel tentativo di controllare il fuoco che le brucia nel petto.
"Credevo che con il tempo avessi capito la differenza tra le fiabe e la realtà. Da ora in avanti sarai messa sotto scorta armata e non potrai uscire dalla tua stanza senza un permesso firmato da me in persona."
"No."
"Cosa hai detto?"
"Continuate tutti a trattarmi come una stupida. Io ho il diritto di decidere della mia vita, hai capito?"
"Come osi? Portami rispetto, ragazzina."
"Rispetto? Proprio tu mi parli di rispetto? Tu che mi hai cresciuta come una prigioniera?"
La voce di Garnet si abbassa fino a diventare un sibilo. "Tu non sei più mia madre."
"E così il piccolo passerotto ha imparato finalmente a volare. Fuori dal caldo e sicuro nido però, il suo destino è cadere alla mercè di affamati predatori."
Madre e figlia si voltano verso l'uomo dalla chioma d'argento fermo accanto alla porta.
"Cosa... cosa ci fai tu qui?"
Kuja avanza in direzione della principessa, le braccia spalancate e un inquietante sorriso dipinto sul volto.
"Ho semplicemente onorato la mia parte dell'accordo. Ora sta a voi onorare la vostra."
"Stammi lontano!" Lei corre verso il trono e stringe il grosso braccio di Brahne. La mano della Regina si chiude attorno al suo polso, impedendole di fuggire.
"Madre, vi prego..."
"Io non sono più tua madre."
"No. No, no, no, no..."
"Non c'è bisogno di piangere, piccola mia. Nessuno ti vuole fare del male. Qui sei a casa..."
Il mago allunga la mano e con due dita le sfiora le palpebre serrate. Il corpo della ragazza si rilassa, i suoi singhiozzi si acquietano e il suo respiro si fa tranquillo e regolare.
"Vostra figlia è davvero incantevole, mia Regina."
"Se solo avesse un po' più di buon senso." completò lei. "Ho già fatto preparare il rito secondo le vostre istruzioni."
"Molto bene."
"Siete sicuro che funzionerà?"
"Io mantengo sempre le mie promesse. E poi..." Afferra una ciocca dei suoi lunghi capelli scuri e se la fa passare attorno alle dita. "Se le facessi del male, Gidan non me lo perdonerebbe mai."

Kuja giunge in fondo alla lunga scala a chiocciola e con un cenno del capo spalanca le porte della stanza. Il suo sguardo percorre il basso soffitto a volta e si sofferma sul rosone opaco e sui triangoli rossi e blu che ne costituiscono il motivo.
Per anni hai vissuto sotto l'ombra di Terra, per anni non sei stato altro che uno schiavo.
Entra all'interno del cerchio decorato con simboli e rune ormai dimenticate e vi deposita con delicatezza il corpo esanime della principessa. Che illusi, speravano davvero che la distruzione di Madain Sari lo avrebbe fermato?
Il mago distende la mano sopra la fronte della ragazza, le sei lanterne piano piano perdono il proprio splendore e ogni suono si affievolisce. Per un lunghissimo istante ogni cosa rimane immobile, finchè la sua voce non rompe quell'impossibile silenzio.
"Ombre oltre il più buio Abisso, più profonde della notte più nera,
Sovrani degli Oceani più vasti, più freddi dell'Inverno più gelido,
Re delle Tenebre, che splendete sopra i profondi Mari del Caos, io vi chiamo.
Radunatevi in questo Cerchio e fate echeggiare la vostra voce oltre gli eterni Cieli!"
Le linee scolpite sul pavimento si risvegliano. Sei Stelle Astrali si sollevano e orbitano attorno al corpo di Garnet, avvolgendolo e plasmandolo in una nuova forma.
La principessa spalanca le braccia, i piedi sospesi ad una decina di centimetri da terra. I suoi capelli sono ora di un biondo accecante e arabeschi di luce splendono sulla sua pelle bruna.
"Sì! Alexander, ti supplico, concedi a queste mani indegne la forza di piegare gli stolti che si opporranno al nostro cammino. Accogli il mio potere, accogli il mio corpo e mostrami la tua via."
La risposta dello Spirito giunge simile ad un lamento proveniente dal vuoto oltre le stelle.
"La tua anima è tenebrosa, figlio di Terra. Il potere che possiamo concederti non porterà che sangue, guerra e morte."
"No, ti sbagli. Con il tuo aiuto posso porre fine alla guerra, posso..."
"Tu credi di conoscere e comprendere le strade del Destino ma non sei altro che un bambino senza padre e senza amici che urla, nel tentativo di farsi consolare."
Kuja si porta una mano alla fronte e getta indietro una ciocca di capelli.
"E così saresti disposto a sacrificare le persone che dovresti proteggere? A rimanere ancora nascosto nell'ombra mentre il tuo popolo muore?"
"Le persone muoiono, i regni sorgono e cadono ogni giorno, la nostra leggenda sopravviverà."
"Già, la leggenda del grande Alexander. Beh, mi dispiace ma non mi lasci altra scelta. Agatir gilu'gara, nazado ro'feo."
In risposta alle sue parole, sottili vene violacee si insinuano nell'oro dei capelli di Garnet e ne prendono lentamente possesso.
"Concedimi il tuo potere, Alexander, o lei morirà."
"No."
"Quizada de'gita, beiro no'ceo."
La ragazza rovescia la testa all'indietro ed emette un lunghissimo grido di dolore. Lampi si sprigionano dalle sfere, ora di un rosso minaccioso, e piegano il suo corpo in pose orrendamente innaturali.
"Dammelo." sussurra Kuja, i graziosi lineamenti deformati in una maschera di pura follia. "Ne ho bisogno."
Il lamento che esce dalla bocca di Garnet non ha più niente di maestoso o di profondo. E' il grido di una fanciulla disperata, fatta a pezzi da una forza inarrestabile.
Hai fatto una promessa.
La tempesta si acquieta e la luce irradiata dalle iscrizioni cede il passo a quella più tenue delle lanterne. L'uomo rimane immobile, contemplando il dissiparsi delle ultime scintille di magia.
"Se questa è la tua decisione, allora che guerra sia."

Final Fantasy IX - Lost TalesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora