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capitolo trenta

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capitolo trenta.

È strano come il gesto di una persona possa influire su quelle che gli stanno attorno. È strano come sembra che sia io quella a soffrirne di più. Hero se ne sta rannicchiato sulla piccola panca di pelle sotto la finestra della sua camera, imbambolato a guardare il cielo notturno e stellato. Esco dal bagno, facendo attenzione a non fare rumore. Non vorrei disturbarlo in questo momento di quiete momentanea, soprattutto dopo ciò che ha dovuto superare... Tuttavia, mi avvicino con cautela a lui, tenendo ben saldo tra le mani un kit di pronto soccorso. Lui sembra non accorgersi della mia presenza, troppo interessato a guardare oltre i due spessi e pesanti vetri. Apro la scatola bianca, tirando fuori alcuno disinfettanti e altre cose che potrebbero servirmi, prima di lanciare una discreta occhiata al suo braccio.

Mi viene difficile ammetterlo, ma ho avuto paura. Quando l'ho trovato disteso nell'acqua leggermente sporca di sangue ho creduto che fosse morto. Se non fossi arrivata in tempo, probabilmente lo sarebbe. Ispeziono con decisione i tagli ancora freschi presenti sul suo braccio chiaro e candido. Fortunatamente non sembrano essere troppo profondi dal non poter guarire in qualche giorno. Hero sembra risvegliarsi dal suo momento di tranquillità interiore e, quando posa l'attenzione su di me, ho un sussulto. Socchiudo gli occhi con fatica, cercando di eliminare dalla mia mente l'immagine del suo volto completamente ricoperto d'acqua, le labbra tendenti al blu. Non so di quanto tempo necessiterò prima di poterlo guardare senza che i ricordi di quella terribile scena mi assaltino come bestie impazzite.

Hero lancia un'occhiata perplessa sulla scatola che ho appoggiato accanto alle sue gambe, poco ci vuole prima che sul suo volto spunti una smorfia di disaccordo. Senza badare alla sua reazione, prendo un piccolo dischetto di cotone e lo impregno di disinfettante, alzando successivamente lo sguardo verso di lui.
«D—Dammi il braccio» borbotto con una leggera ansia nel corpo, ma con altrettanta decisione nelle parole.
Il ragazzo scuote leggermente la testa, tirando indietro il braccio per cercare di impedirmi la visuale. Mi mordo il labbro inferiore e socchiudo nuovamente gli occhi.
«Hero... Non fare il bambino. Devo almeno disinfettarli» annuncio con dolcezza, allungando la mano verso di lui.

Continua a scuotere la testa. Nei suoi occhi intravedo tutto il dolore che sta provando in questo momento. Sembra che sia totalmente vulnerabile e svuotato di energie. Sta tremando, lo vedo, lo percepisco. Come se una parte di lui si vergognasse in modo spaventoso di farsi vedere in questo stato da me, si rannicchia ancora di più su sé stesso.
«N—Non voglio, Josephine. Non voglio che tu li veda...» annuncia con la palpabile tristezza nella voce, con talmente tanta intensità che per poco non perdo l'equilibrio.

Non mi aspettavo una frase pronunciata con tutta questa sincerità, da parte sua. Scuoto la testa con decisione, senza lasciar cadere la mano che tengo tesa verso di lui. Li ho già visti, purtroppo. Cerco di scacciare nuovamente l'immagine dalla mia testa e ricaccio indietro le parole che vorrei dirgli, perché non ho intenzione di ferirlo nuovamente. Nonostante questo, gli sorrido.
«Non preoccuparti, è tutto okay. Però permettimi di fasciarti il braccio, Hero. Potresti stare ancora peggio, altrimenti...» sussurro in modo dolce, accucciandomi davanti a lui e guardandolo come, solitamente, si guarda un bambino.

Ed è quello che sembra quando allunga il braccio tremante verso di me, lasciandomi vedere alla perfezione gli spessi e lunghi tagli che lo abitano. Deglutisco con fatica prima di prendere la decisione di cercare di rimanere il più calma possibile. Tampono leggermente le ferite con il dischetto intriso di disinfettante, cercando di pulire il sangue ormai divenuto secco. Avrei tante di quelle domande da fargli, ma non ne trovo il coraggio. Perché ti sei ridotto in questo modo, Hero? Perché hai pensato che fosse la decisione giusta? Se non fossi arrivata io... Ti saresti lasciato andare? Quanto dolore stai provando dentro di te?

«G—Grazie...» Lo sento sussurrare con indecisione, tanto che il suo tono nervoso mi costringe ad alzare gli occhi verso di lui. Sorrido dolcemente, non riuscendo a trovare una possibile risposta al suo ringraziamento. Grazie, per cosa? Per averti salvato la vita? Per essere ancora qui con te, nonostante lo spavento che mi sono presa? Hero continua a guardarmi con uno sguardo dolce ma pieno di tristezza, di sofferenza. Quando incrocio i miei occhi per incastrarli nei suoi, vorrei davvero che tutto il suo dolore si trasferisse dentro di me. Magari io potrei riuscire a superarlo, a differenza sua. È sempre stato una persona dal carattere forte e competitivo, ma in questo momento mi sembra totalmente il contrario.
«Io... Se non fossi arrivata tu, probabilmente non sarei riuscito a riprendere fiato in tempo. N—Non ne avrei avuto le forze...» sussurra ancora, facendomi tremare ogni singola parte del corpo.

Lo guardo intensamente, tanto che il dischetto di cotone mi cade dalle mani tremanti. Cerco un barlume nei suoi occhi che mi faccia credere che stia mentendo, che le sue parole siano solamente delle menzogne, ma non ne trovo. Non riesco più a reggere il suo sguardo, in questo modo. Scuoto la testa, cercando una distrazione nel prendere le bende dalla cassetta del primo soccorso. Con le mani che tremano, riesco in poco tempo a fasciare quasi l'intero avambraccio, evitandogli così di poter riscontrare un'infezione. Come se già non fosse messo male. Mi alzo cercando di mantenere l'equilibrio nelle gambe, cosa che mi risulta alquanto difficile. Dio, perché mi sembra tutto così complicato? Mi passo le mani nei capelli, cercando di non pensare al suo sguardo penetrante.

«Non hai... Nessuna domanda?» mormora con difficoltà, cercando successivamente di mettersi seduto in un modo più comodo sulla panca. Mi giro di scatto a guardarlo, come se avesse detto la più grande delle stronzate, ma non riesco ad esprimere tutto ciò che sto provando in questo momento. Una. Una sola domanda mi rimbomba nella testa come se fosse una pallina impazzita, non mi lascia in pace.

Mi avvicino nuovamente a lui, rimanendo questa volta in piedi e a debita distanza dal suo corpo tanto fragile quanto vulnerabile.
«T—Tu... Ti saresti lasciato morire, Hero? Era... Questa la tua intenzione?» Riesco a sussurrare, cercando di rimandare indietro le lacrime che vogliono uscire. Lo esigono. Il mio corpo ha bisogno di esternare tutto lo stress che ha accumulato nell'arco di poche ore, ma io non glie lo permetto.

Hero sembra rimanere sorpreso dalla mia domanda, prima di abbassare gli occhi sul pavimento. «S—Sì...» sussurra soltanto, e questo basterebbe per far crollare il mio mondo. «E—Era la mia intenzione, Josephine... Volevo morire...» mormora ancora, dando il colpo di grazia alla mia anima che, sconfitta, cade davanti ai miei occhi in mille piccoli pezzi.

» mormora ancora, dando il colpo di grazia alla mia anima che, sconfitta, cade davanti ai miei occhi in mille piccoli pezzi

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