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capitolo sedici

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capitolo sedici.


Hero e il suo amico stanno giocando alla console che mio padre mi ha regalato quando avevo tredici anni; non l'ho quasi mai usata, se non per guardare qualche film su Netflix o qualche video su Youtube. Sono stata sempre abbastanza negata per quanto riguarda la tecnologia, questo lo si può dedurre anche dal telefono datato che tengo stretto tra le mani con una forza inaudita per cercare di non scaraventarlo contro il muro. Mio padre mi ha offerto parecchie volte di andarne a comprare uno nuovo, ma senza il consenso ufficiale da parte mia. L'unico problema è che è da più di mezz'ora che sto cercando di mandare un messaggio alla donna che mi ha messo al mondo ma, sfortunatamente, ha deciso di bloccarsi in questo momento.

«Ti serve aiuto?» La voce di Hero mi risveglia dai pensieri malevoli contro il mio cellulare. Mi volto verso di lui che mi guarda dall'altra parte del divano, intento a tenere il controller tra le mani. Arriccio le labbra, lasciando cadere il mio telefono sul pavimento senza rendermene conto. Zed scoppia a ridere per la mia espressione scioccata che mi spunta sul viso non appena lo riprendo e lo trovo con lo schermo quasi del tutto spaccato. Hero, invece, si trattiene dal ridere mordendosi il labbro inferiore.

«Dovevo chiamare mia madre...» borbotto in completo imbarazzo, lasciando il cellulare ormai rotto sul tavolino del salotto. Questo sarà sicuramente un buon compromesso per prenderne uno nuovo, per la felicità dei miei genitori che potranno tartassarmi di chiamate e messaggi. Sbuffo frustrata finché un cellulare nuovo di pacca non mi spunta sotto al viso, grazie alla mano piena di anelli di Hero. Lo guardo con un sopracciglio alzato, senza capire le sue intenzioni.

Me lo porge con uno scatto, lasciandomelo tra le mani. «Usa il mio» annuncia tranquillamente, prima di ritornare a prestare la sua massima attenzione allo schermo con raffigurate delle persone armate. Annuisco solamente prima di alzarmi dal divano e rifugiarmi in cucina, con il suo telefono sbloccato tra le mani. Sbuffando ancora, digito il numero di mia madre e attendo che risponda con la sua voce squillante e, non appena succede, lo allontano di poco dell'orecchio per non rischiare di diventare sorda. «Pronto?» pronuncia con tono allegro, facendomi sorridere dolcemente.

«Mamma, sono io. Ascolta, non ti arrabbiare ma... C'è Hero a casa insieme ad un suo amico, spero non ti dispiaccia...» mormoro in imbarazzo, socchiudendo gli occhi per paura di una sua reazione incontrollata. Mia madre ha sempre adorato il mio vecchio amico ma quando mi ha dovuto consolare per la nostra amicizia finita, ha cominciato a coltivare una sorta di odio nei suoi confronti.

«Oh, ma lo so già tesoro! Hero mi ha telefonato poco dopo le dieci, questa mattina, e mi ha chiesto il permesso... — » annuncia velocemente, prendendo una pausa per qualche istante in cui la mia bocca si spalanca. Aveva già pensato a tutto? « — Comunque, non preoccuparti e cerca di goderti questa giornata, Josephine. Stasera io e tuo padre saremo a cena fuori, puoi chiedergli di restare. Hero a bisogno di te, bambina mia...» continua dolcemente, procurandomi un sospiro pesante. «Ma il tuo telefono?» domanda subito dopo.

Hero ha bisogno di me?
«V—Va bene, mamma...» sussurro solamente, prima di ridacchiare per la sua ultima domanda. «È morto definitivamente, per la tua gioia» borbotto divertita, procurando in lei una risata incontrollata. Dopo averla salutata, ritorno in salotto lasciando il cellulare sulle gambe del ragazzo, che alza il viso verso di me. «G—Grazie...» mormoro verso di lui che, stranamente, mi sorride in modo dolce. Torno a sedermi accanto a loro, fissando lo schermo dove si sta svolgendo uno strano combattimento e delle urla riecheggiano nella stanza. Ogni tanto mi ritrovo a guardarlo con la coda dell'occhio, i lineamenti duri per la troppa attenzione che sta porgendo verso il gioco, il sorriso di chi si sta divertendo da matti, gli occhi rossi per la troppa luminosità dello schermo. Mi ritrovo a sorridere come una scema nel guardarlo.

Passano altri pochi minuti dopo la loro morte nel gioco prima che Zed decida di andarsene. Hero mi guarda con uno sguardo dolce mentre se ne sta seduto a poca distanza da me, sul divano. Sento le guance diventare estremamente calde, per questo motivo decido di alzarmi e prendere un sorso della sua birra lasciata sul tavolino di vetro. «Mi fai vedere camera tua? È da un sacco di tempo che non la vedo...» annuncia in modo pensieroso, allargandosi poi in un sorriso mentre io rimango imbambolata per la sua richiesta. «È sempre rosa, come anni fa?» mi domanda ridacchiando prima di alzarsi e cominciare a salire le scale verso la mia camera, mentre io sussurro un flebile e basso no.

Non appena mette piede in camera mia, le sue labbra si schiudono per la sorpresa: ispeziona il letto matrimoniale con il piumone scuro, le pareti tortora passandoci le dita sopra leggermente, i mobili bianchi posti su una sola parete. Le foto appese al muro, le nostre foto di quando eravamo piccoli insieme a quelle della mia famiglia. Si siede sul letto dopo qualche minuto, mentre io rimango ferma a pochi passi da lui, estremamente in imbarazzo per averlo in camera mia. Quando eravamo piccoli non avevo problemi a condividere con lui la stanza, ma adesso qualcosa è cambiato. «Vieni qui?» domanda con voce roca, costringendomi a fare un passo verso di lui.

Non ho il tempo di realizzare quello che succede, le sue mani mi prendono per i polsi e in pochi istanti mi ritrovo sdraiata sul letto con il suo viso a poca distanza dal mio. Il suo respiro è pesante e irregolare, il mio stenta a farmi respirare. Mi guarda come non mi sono mai sentita osservata. I suoi occhi mi scrutano, mi ispezionano. La sua mano sale per il mio braccio, sfiorandomi con le dita e in tutto il tragitto lascia una scia di brividi che mi fanno socchiudere gli occhi per qualche istante. Quando li riapro... Ciò che vedo non fa altro che farmi rabbrividire. Annullo la distanza dalle nostre labbra, sentendo la necessità di ritornare a sentire il loro gusto, il loro sapore. Hero chiude gli occhi, mentre io continuo a tenerli socchiusi per bearmi della sua figura così attaccata a me, al mio corpo. Lascio che le sue mani sfiorino ogni parte di me senza sentirmi in imbarazzo, lascio che mi ispezionino ogni centimetro di pelle. Le mie, inesperte e tremanti, si vanno ad allacciare dietro la sua nuca ed è questo movimento a costringere Hero a spostarsi dalle mie labbra per guardarmi. Mi accarezza la guancia, guardandomi con dolcezza. «Ho un dannato bisogno di te, biondina...» sussurra solamente, e nella sua voce posso sentire una richiesta di aiuto che, però, svanisce non appena le sue labbra sfiorano di nuovo le mie.

» sussurra solamente, e nella sua voce posso sentire una richiesta di aiuto che, però, svanisce non appena le sue labbra sfiorano di nuovo le mie

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