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capitolo quarantacinque

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capitolo quarantacinque.

una settimana dopo.

«Quando cazzo pensavi di dirmelo?!» L'urlo furibondo di Hero mi arriva alle orecchie e spezza la mia serenità in modo violento, come un fulmine a ciel sereno.
Smetto di piegare i vestiti comprati lo stesso pomeriggio per girarmi verso di lui con un sopracciglio alzato, non capendo verso cosa voglia andare a parare. Schiudo le labbra per l'imbarazzo e per la vergogna quando noto, ben stretto nella sua mano destra, il mio cellulare. Deglutisco con fatica, non sapendo che cosa dire. Lascio cadere sul materasso una maglietta scura scelta dal ragazzo prima di far uscire dalle mie labbra un sospiro frustrato.
È ormai passata una settimana da quando sono arrivata qui, per stare con lui. I miei genitori lo sanno, glie l'ho dovuto dire. Non erano felici, non lo sono tutt'ora, ma anche loro sono dell'idea che Hero non abbia bisogno di essere rinchiuso in quel posto. Diventerebbe pazzo. Mi passo una mano tra i capelli e trattengo a stento le lacrime quando intravedo la conversazione con sua madre. Ci sono altri innumerevoli messaggi che ho visualizzato ma a cui non ho mai risposto. Tutti in cui mi pregava di riportarlo a casa, che sarebbe stato meglio, che sarebbe stato bene. Cerco di dire qualcosa, ma le vene ben pronunciate sul collo di Hero riescono a zittirmi in pochi istanti.
«Perché non me l'hai detto? Perché? Pensavi che non ne dovessi essere a conoscenza, eh? Pensavi che tenermelo nascosto avrebbe migliorato le cose?» domanda ancora, una nota di delusione nella voce. Faccio per avvicinarmi ma Hero mi blocca, lanciando con forza il mio cellulare sul letto. «Cazzo!» urla ancora, passandosi successivamente le mani sul viso.

«Io non...» mormoro con fatica, finendo per spostare il mio sguardo su un punto indefinito del pavimento.
Non riesco a guardarlo negli occhi. So che ci vedrei solamente della delusione all'interno. Sospiro nuovamente. Ero sicura di aver fatto la scelta giusta a tenerlo nascosto, ma adesso, con i suoi occhi color smeraldo a guardarmi in modo così... Deluso, mi stanno facendo ricredere. Avrei dovuto dirglielo? Per cosa?
Deglutisco. Mi sento un'egoista. Ho cercato di tenerlo nascosto perché avevo semplicemente paura che lui decidesse di andare in quel posto, che lui decidesse di abbandonarmi. È davvero questo, ciò che sono? Come ho fatto a mettere davanti a tutto ciò che provo io, e non quello che prova lui?
«Mi dispiace, Hero. Avevo paura di dirtelo, paura che tu te ne andassi. Non hai bisogno di stare rinchiuso in quel posto, dannazione!» esclamo con sicurezza, richiamando la sua attenzione. I suoi occhi guizzano velocemente, guardando ogni centimetro del mio viso. «Non voglio saperti rinchiuso in una specie di manicomio. Non hai bisogno di questo!» Continuo imperterrita, sbattendo il piede sul pavimento subito dopo.

«Che cosa cazzo ne puoi sapere tu di ciò che è meglio per me, Josephine?» urla nuovamente, avvicinandosi pericolosamente a me.
Sento il suo respiro rimbalzare sul mio viso, le vene sul collo pronunciate e gli occhi diventano improvvisamente scuri, quasi paurosi. Rimango con la bocca leggermente socchiusa per l'assurdità di ciò che ha detto, cosa ne posso sapere io? Forse ha ragione, non so esattamente cosa prova, ma so che non ha bisogno di un fuggito manicomio. Ha solo bisogno d'amore e di persone care accanto che, in questo caso, sono io in entrambe le cose.
«Non hai la minima idea di cosa io debba passare ogni giorni, di quanti mostri io debba uccidere lungo il mio cammino per andare avanti. Sei una fottuta bambina del cazzo, Josephine. Dovevi parlarmene. Non avrei mai accettato, per chi mi hai preso?» Continua in modo più tranquillo, avvicinandosi ancora per appoggiarmi delicatamente una mano sulla guancia.
I suoi occhi tornano ad essere per qualche istante quelli di cui mi sono innamorata, quelli capaci di tranquillizzarmi e di farmi sentire al sicuro.
«Mi dispiace aver reagito in questo modo, ma l'unica cosa che voglio e che ti chiedo è di non nascondermi nulla. Non ho bisogno di avere segreti con te, o di aver paura che anche tu mi possa mentire... Ti prego, ti prego Josephine, almeno tu» sussurra con malinconia, con una sorta di tristezza nella voce.

Annuisco sommessamente, sentendo gli occhi farsi improvvisamente umidi. Ti amo, scusa sono le uniche parole che riesco a sussurrare prima di baciare quelle dolci e candide labbra che sembravano bramare solo e soltanto me. Sento le sue braccia che mi stringono forte contro al suo corpo, e sorrido tra le lacrime, perché so che lui non andrà mai via da me, come io non andrò mai via da lui.

perdonatemi per il capitolo più corto del normale, ma non è un bel periodo come alcune di voi sapranno

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perdonatemi per il capitolo più corto del normale, ma non è un bel periodo come alcune di voi sapranno. sto facendo di tutto per portare questa storia avanti in modo costante, mi dispiace se i capitoli non saranno sempre il massimo.
mi sono messa in gioco in un'altra storia, forse è per questo che non riesco a concentrarmi a sufficienza. se voleste passare a darle un'occhiata, la trovate nel mio profilo ad aspettarvi. sarà una storia un po' più matura, ma vorrei davvero sapere ciò che ne pensate.

vi voglio sempre bene.

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