20 Dicembre, 1870

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"Tu ci credi nelle fate?".
Distolgo lo sguardo dal mio libro, fissandolo negli occhi verdi di Harry, per poi scuotere la testa piano.
"Io sì," dice lui, un sorriso tutto fossette, "voglio dire, come li spieghi tutti quegli strani eventi? tipo, che ne so: senti dei brividi lungo la schiena anche se ci sono trenta gradi all'ombra."

Ridacchio leggermente al tentativo di Harry di fare conversazione, lasciando perdere il libro rosso di Hazel e concentrandomi completamente su di lui.

"Senti..." parla lui, dopo qualche secondo di pausa, "io volevo parlare di quella cosa, sai...?"

Lascio andare un sospiro, sistemandomi meglio sul telo steso sulla terra umida, "ci ho pensato tanto, Haz, in questi giorni," gli spiego dolcemente, "ma non posso raccontarti tutto, te l'ho detto. Però abbiamo poco tempo, questo è vero."

Harry sembra confuso, completamente spaesato. "Poco tempo? Che vuoi dire?"

Ripenso alle parole di Hazel: ho solo un mese per fargli ricordare di me, o lo perderò per sempre.
Ma come faccio a fargli ricordare senza dirgli tutto?

"Voglio dire..." cerco le parole adatte, evitando il suo sguardo fisso su di me, "voglio dire che devi farlo da solo, ecco."

Harry sbatte le palpebre e distoglie lo sguardo, fissandolo qualche metro dietro di me; è come se mi attraversasse, come se non ci fossi.
"Credevo che volessi aiutarmi".

"È così!"

"A me non sembra," ribatte il riccio, e sento che sta cercando di contenere qualsiasi emozione per non farla trapelare sul viso, "stai facendo di tutto per sviare l'argomento.
C'è la mia memoria, la mia vita in ballo, Louis, non so se te ne sei reso conto."

Anche la mia, Harry, avrei voluto rispondere.

"Lo so, lo so, forse ho sbagliato, forse sto sbagliando ancora, ma devi capirmi--" mi blocco di soprassalto, spalancando gli occhi.
Come ho fatto a non pensarci prima?
Mi alzo con un po' di fatica dal vecchio telo, tendendo una mano ad Harry "--vieni con me, ti porto in un posto."

Per i primi cinque minuti, credevo che non sarebbe venuto, che mi avrebbe mandato a quel paese e che se ne sarebbe andato, poi, inaspettatamente, la sua mano era nella mia.

Raccolgo il telo da pic-nic e mi incammino, con la mano di Harry ancora nella mia, verso casa.

Hazel ci accoglie alla porta con la camicia da notte ancora addosso --nonostante fossero già le dodici-- e uno sguardo adirato.

"Ma ti sembra modo di svegliarmi? Così, all'improvviso? Di prima mattina poi!"

Harry le poggia una mano sulla spalla con fare apprensivo, "Hazel, è mezzogiorno."

Mia cugina spalanca gli occhi.

Prima di far assistere Harry a una delle sue scenate del tipo "SONO IN RITARDO A LAVORO COSA FARÒ ORA IL MIO CAPO MI SQUARTA", lo trascino di sopra, nella sala da ballo, dove una volta si tenevano gala e incontri importanti, ma che ora non organizzo più.

"Come mai siamo qua? Santo cielo, da quant'è che non la fai pulire?" chiede lui, guardandosi intorno.

Non rispondo e tiro le tende polverose, facendo entrare la luce che questa stanza non vede da tanto.

Harry mi segue in silenzio mentre apro le porte a finestra ed esco fuori nel balcone.

"Quindi, signor Tomlinson" un uomo di carnagione chiara mi si avvicina, un bicchere di champagne nella mano paffuta "un nuovo anno è arrivato, crede esso gioverà agli affari di entrambi?".

Mi appoggio sul muretto in pietra, perdendomi ad osservare la foresta che si estende per kilometri e kilometri e che non vedo da tanti, troppi anni.

Harry non emette un suono, rimane fermo alternando lo sguardo tra me e il panorama, con la bocca socchiusa.

"E io cosa ci guadagno?" chiedo, senza voltarmi a guardare l'uomo "lei potrà acquistare un po' di fama con della mia pubblicità, ma io cosa avrei in cambio?".

Desmond si agita sul posto, cercando una buona offerta.

Fa per parlare, quando una voce lo interrompe:"papà, mamma ti sta cercando".

Sento i miei occhi diventare lucidi, mentre quelli vitrei di Harry si sono fermati, immobili, fissi sulla foresta.

Non ci sono più tornato ad ammirarla, da quando Harry è morto, faceva troppo male.
Nonostante ciò, i suoi occhi mi sono sempre rimasti impressi dentro, quasi come se fossero stati marchiati a fuoco nella mia mente.

"Ti ricordi, Harry?" chiedo con un filo di voce.

Harry non risponde, anzi poggia le mani sul muretto e chiude gli occhi.

"Mi ricordo questo posto," sussurra, "mi ricordo quella foresta di pini, mi ricordo che c'era tanta gente, e che stavo parlando con un uomo".

Le mani iniziano a tremarmi per l'emozione, "e com'era fatto?".

"Era grasso e calvo, e in mano aveva un bicchiere di champagne".

La delusione mi avvolge piano, ma non perdo ancora la speranza, è un buon inizio, no?
"Vedi qualcun altro?" chiedo, mordendomi il labbro.

Lui ci pensa su, ma non risponde.

"Harry, ti ricordi di me?".

Harry apre gli occhi, che sono rossi e quasi liquidi.

"No".

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