Presto l'imbrunire inizia a fare capolino da dietro le tende chiare, e Jeon mi fa spostare con un buffetto gentile sulla coscia nuda.
-Dovremmo prepararci...- mormora alzandosi lentamente, ma quando faccio per seguirlo mi riaccompagna sul morbido e gonfio cuscino con la firma dell'hotel.
-No, tu resta qui a crogiolarti ancora per un po'...vado a scegliere i nostri abiti.- sorride e si allontana. Rimango quindi con gli occhi chiusi a sonnecchiare ancora per qualche minuto, aspirando a pieni polmoni il profumo della pelle di Jeon dalle coperte. Penso di essermi appisolato per un po' perchè dopo qualche attimo sento le labbra calde del mio padrone sulla fronte e una sua mano che mi scuote dolcemente.
-Tae, ti sei addormentato...ti ho lasciato riposare fino a che ho potuto ma ora dobbiamo davvero andare, scusami.-
Mi rotolo nel letto strofinandomi gli occhi con i pugni chiusi e sorrido sornione ringraziandolo.
-Mi dispiace, non volevo dormire...- aggiungo mentre mi cambio d'abito. Jeon non mi risponde nemmeno, si limita a ridere e carezzarmi il capo dolcemente.
Finiamo di vestirci in silenzio, e una volta pronti entrambi, davanti al grande specchio, il riflesso di Jeon mi sorride e mormora:
-Sei bellissimo.-
Non posso fare a meno di abbassare lo sguardo in brodo di giuggiole, arrossendo gongolante. Ci dirigiamo con il nostro fidato taxi al luogo dell'appuntamento, un lussuoso ristorante francese in centro. Fuori dalla porta ci sono già alcuni dei colleghi di Jeon che attendono il resto del gruppo. Salutiamo i presenti, e dopo pochissimo decidiamo di entrare, causa anche il vento gelido che riesce a sferzare i nostri corpi nonostante i pesanti cappotti. Veniamo accolti da degli impeccabili camerieri in smoking, e fatti accomodare al bancone del bar, dove ci viene offerto un drink nell'attesa. Io mi limito ad un analcolico, che sorseggio con la cannuccia appollaiato su uno degli sgabelli accanto al capo, che si intrattiene invece con un whisky invecchiato. Ne prende un sorso e con le labbra arricciate lo allontana, facendolo scivolare sul bancone.
-Non è buono?- chiedo sottovoce.
-Per niente.- ride facendo una smorfia ancor più teatrale dell'ultima. Afferro il bicchiere basso e largo e lo annuso sospettoso: un odore pungente simile a quello del disinfettante misto all'alcool per pavimenti attacca violentemente le mie narici, e io lascio andare il drink con gli occhi fuori dalle orbite, trattenendo un colpo di tosse. Jeon si copre il sorriso con una mano, ma ha gli occhi ridotti a due strettissime mezze lune. Gli passo il mio analcolico mentre nessuno guarda per lasciar bere un po' anche lui. Mentre aspetto il ritorno del mio bicchiere mi perdo con lo sguardo fra le mille bottiglie poste in fila sugli scaffali di vetro. Sono coloratissime e di ogni forma, sembrano quasi dei giocattoli. Due voci concitate mi giungono all'orecchio, e noto i due camerieri di prima discutere animatamente con un cellulare, per poi di sbatterlo rumorosamente sul bancone.
-Cazzo, non ci voleva...mollarci all'ultimo minuto così. Che idiota.- impreca il primo.
-Dai, non ti preoccupare, ce la possiamo fare anche in due...magari non si presentano tutti e ci va di lusso. Sono poi sì e no cinque portate, abbiamo avuto servizi più pesanti.- lo tranquillizza il secondo. Picchietto con il gomito appuntito il fianco di Jeon, e li indico con un cenno del capo.
-Che sta succedendo?- chiede incuriosito dal baccano.
-Non l'ho capito...ma sembrano nei casini.- commento alzando le spalle.
-Beh, scopriamolo.- conclude risoluto alzando due dita per attirare la loro attenzione. Quello più gentile si avvicina:
-Posso portarvi altro, signore?-
-No, grazie. Io e il mio assistente abbiamo notato dei dissapori dietro le quinte...avete bisogno di aiuto?- chiede improvvisamente cordialissimo con il prossimo. Anche il cameriere rimane un attimo interdetto, e dopo essersi assicurato di non avere nessuno intorno, si sporge oltre il bancone per parlarci fitto fitto:
-Scusateci per il disturbo, ma un nostro collega non si è presentato a lavoro questa sera, ed è un problema perchè era uno dei tre camerieri assegnato a questo gruppo abbastanza grande di uomini d'affari, il che richiede un servizio a dir poco perfetto. Ora siamo rimasti solo in due, e questo potrebbe rallentare l'uscita delle portate sulla tabella di marcia. Accidenti...-
Capiamo immediatamente entrambi che il "gruppo di uomini d'affari" sono Jeon e i suoi colleghi. Senza pensarci troppo mi ritrovo a blaterare:
-Posso aiutarvi io. Sono un cameriere.- per poi zittirmi e balbettare in direzione di Jeon: - S-se il signor Jeon è d'accordo, ovviamente.-
Lui ci pensa su per qualche secondo, e poi annuisce grattandosi il mento.
-Sì, potrebbe funzionare...d'altronde, nessun altro ha portato il proprio assistente, e non averti intorno sicuramente mi aiuta a rimanere maggiormente concentrato sulla conversazione.- acconsente, si rivolge poi al cameriere -Certifico io per lui, è molto bravo a servire. Fa parte delle sue mansioni abituali, quindi non dovrebbe darvi alcun impiccio.-
Il ragazzo è euforico e una nuova luce gli illumina il viso mentre mi apre il cancelletto per andare nelle stanze del personale. Saluto Jeon con la mano prima di venir trascinato dal questo nuovo amico in un piccolo spogliatoio pieno di armadietti azzurri.
-Ora ti cerco subito una divisa, che taglia porti? Una small immagino, sei uno stecco. Hai già lavorato in un ristorante? Immagino di sì. Spero davvero che tu sia bravo perchè oggi dobbiamo davvero correre. Oh, il mio nome è Sam, tu sei?- il ragazzo è un fiume in piena di informazioni e io mi sento già stordito. Scuoto la testa per mettere ordine ai pensieri e poi decido di rispondere solo alla sua ultima domanda:
-Mi chiamo Taehyung. Kim Taehyung.-
-Oh grazie al cielo!- esclama, ignorandomi, alzando un pacco di abiti plastificati sottovuoto -...è l'ultima small. Sei fortunato...ti lascio un attimo per cambiarti, non dovresti aver problemi, è un semplice smoking con il grembiule. Vado ad avvertire il resto dello staff, e poi ti faccio conoscere il cuoco e il mio amico.-
Annuisco prendendo al volo la mia nuovissima divisa, e inizio subito a spogliarmi, mentre Sam si chiude la porta alle spalle. Indosso tutto quanto come indicato. La camicia mi tira un poco sul petto, ma sto zitto e non mi lamento, posso sopportarlo per qualche ora. Ficco la testa fuori dallo spogliatoio alla ricerca di un viso conosciuto, e per fortuna i miei due temporanei colleghi mi vengono incontro con dei grandi sorrisi. Scopro che il cameriere arrabbiato si chiama Ed, e in realtà è un tesoro tanto quanto Sam quando è calmo. Il cuoco è un attempato signore con dei grossi baffi grigi e la pancia grossa, ma sembra innocuo. Mi ricorda un po' Babbo Natale. Ridacchio sotto i baffi al pensiero.
-Taehyung, sono arrivati tutti gli ospiti. Possiamo cominciare.- mi avverte Ed ficcandomi fra le braccia un plico di menù rilegati in pelle rossa. Li distribuisco al mio lato del tavolo, e mi illumino quando noto che Jeon ne fa parte. Gli passo il suo con un occhiata lasciva, e le nostra dita si accarezzano per un brevissimo secondo. Lo vedo scuotere la testa mentre mi allontano, ma sta ridendo.
Trovo presto il ritmo di lavoro perfetto, in sincrono con il resto del team, e le prime portate filano via lisce come l'olio. Mi passano fra le mani così tanti piatti che perdo presto il conto, e gli aromi che escono dalla cucina si mischiano nel mio naso in un inebriante cocktail di bontà. Inizia a girarmi un poco la testa, complice anche il mio pranzo quasi inesistente di oggi. Mi fermo per qualche minuto, mentre i clienti affondano le forchette nel secondo ad un paio di mura di distanza, e mi permetto un bicchiere d'acqua fresca del rubinetto per riprendermi. Resto appoggiato al bancone della cucina ancora per un po', soppesando il bicchiere vuoto. Jeon è particolarmente tranquillo oggi. Troppo tranquillo. Sbuffo annoiato, ripensando alle ultime notti: era sempre troppo stanco per fare qualsiasi cosa, e io iniziavo a stufarmi. Un pensiero tanto malsano quanto allettante si fa strada fino alle mie labbra, che si storcono in un sorrisino furbo. Do un'occhiata allungando il collo al tavolo dalla finestrella della cucina, e noto con gioia che il capotavola e i due posti ai suoi fianchi dal lato di Jeon sono liberi, probabilmente qualcuno dei signori non si è presentato. So esattamente cosa fare. Stasera finalmente mi divertirò a dovere.
Dopo pochissimo mi viene avvicinato il carrello con i dolci, la penultima portata della serata, e decido che questo è il momento migliore per attuare il mio piano. Mi avvio a passo di marcia insieme agli altri colleghi, e indugio per qualche secondo di troppo nel cercare i vari piatti, per rimanere da solo. Quando tutti stanno già tornando ai posti di partenza, picchio dentro al carrello, ormai vuoto, con un gomito, e lascio scivolare la penna che uso per prendere le ordinazioni per terra. Nessuno si accorge di nulla, tutti troppo presi dalla discussione animata. Mi chino sul pavimento e la raccolgo, infilandomela poi nel taschino del grembiule, e dopo un profondo respiro per raccogliere il coraggio, mi infilo come un fulmine sotto la tovaglia lunghissima che sfiora praticamente il terreno, pregando che nessuno noti la mia assenza per qualche minuto. Una volta sotto il tavolo, largo abbastanza in modo che io possa gattonare tra le file di gambe senza toccarne nessuna, cerco con gli occhi le scarpe di Jeon, più vicine di quanto pensassi. Mi siedo sui talloni davanti alle sue gambe, e gli carezzo le ginocchia per farmi sentire. Inizialmente si spaventa e lo vedo saltare sul posto, ma quando infila una mano sotto la tovaglia e incontra la mia testa si agita. Inizia a fare di no con il dito, e cerca di cacciarmi con i piedi. Io mi limito a ridacchiare in silenzio e scuotere con forza la testa per fargli sentire i miei capelli tra le dita. Quando inizio a toccargli il pacco con i polpastrelli, lo sento irrigidirsi e punta i piedi. Si sta trattenendo, che carino...
Gli apro la zip dei pantaloni, e abbasso l'elastico dei boxer quanto basta per far uscire la sua mezza erezione. Mi diverto a sbaciucchiarlo lì sotto, e a torturarlo lentamente, fino a quando riesce a disarcionarmi e a spingermi lontano con un piede. Infila di nuovo la mano sotto la tovaglia e mi fa il dito medio. Ha le nocche bianche da quanto sta stringendo il pugno. Ritengo più saggio riemergere, dopo aver rimesso a posto la sua attrezzatura. Non volevo farlo venire in ogni caso, voglio tenermelo buono per stanotte in hotel. Esco da sotto la tovaglia senza farmi vedere, nascosto dal carrello delle portate, e fingo di rimettere la penna al suo posto, prima di allontanarmi senza che nessuno mi rivolgesse la sua attenzione.
Una volta in cucina, rimetto in ordine il carrello, che ormai non mi serve più, e mi fermo a bere un altro bicchiere d'acqua per pulirmi la bocca. Resto nei paraggi della porta, nel caso dovessero chiamarmi. E dopo pochi minuti vedo Jeon alzarsi chiedendo scusa con un cenno del capo e allontanarsi verso i bagni. Mi fissa mentre cammina e mi gesticola di seguirlo con una mano, cosa che io faccio nell'immediato, baldanzoso ed eccitato. Mi chiudo la porta a spinta alle spalle, e do un'occhiata veloce ai cubicoli, per assicurarmi che siano vuoti. Jeon è di spalle, attaccato al lavandino più lontano dalla porta, con la testa incassata. Mi avvicino sinuoso, avvinghiandomi al suo braccio teso. Lascio correre la mano sulla stoffa lucida del completo, i muscoli che guizzano sotto le mie dita, così gonfi che ho quasi paura possa esplodergli la giacca da un momento all'altro.
-Padrone...- gli mormoro nell'orecchio, mordendogli poi il lobo. Ma qualcosa va storto, e io mi ritrovo con la testa appiccicata allo specchio e il corpo spalmato sul muro con violenza, tanta che riesco a sentire i mattoni imprimersi sulla spina dorsale. Uno schiocco rumoroso riempie il silenzio, e la mia guancia inizia a bruciare terribilmente.
-Che cosa cazzo pensavi di fare?!- abbaia Jeon, a pochi centimetri dal mio viso, il fiato caldo e leggermente alterato dal vino che mi schiaffeggia la punta del naso.
-I-io...io non...- balbetto, sentendo le lacrime iniziare a farsi strada e la gola stringersi.
-Che cosa cazzo pensavi di fare?! Spiegamelo, ti prego!- ripete, alzando il tono di voce e puntando il pugno a pochissimi millimetri dal mio orecchio, così forte che riesco a sentire il vetro incrinarsi vicino alla mia faccia. Inizio a piangere in silenzio, non riuscendo più a trattenere il fiume in piena che mi esce dagli occhi, cercando di formare una frase di senso compiuto tra i singhiozzi.
-Vaffanculo...- sbuffa, allontanandosi a grandi passi e prendendo un fazzoletto nel tragitto fino alla porta, per tamponare le nocche spellate. Fa per uscire, ma si ferma sull'uscio e mi rivolge un ultimo sguardo pieno di furia.
-Io non so chi cazzo ti credi di essere, ma cerca di fartela passare immediatamente. Non so cosa ti sia saltato in mente. Non sei tu che comandi qui. Ricordatelo.- sibila, sbattendomi la porta in faccia. Rimango attaccato al muro senza fiatare ancora per qualche secondo, con gli occhi chiusi, i singulti che ancora mi scuotono. Dopo essermi calmato, mi chino sul lavandino per lavarmi il viso, e mi scontro con il mio riflesso, stralunato e con una guancia in fiamme, i segni delle dita di Jeon che iniziano a diventare sempre più visibili in rilievo. Ingoio l'ennesimo singhiozzo, piazzando un pezzo di carta imbevuto di acqua congelata sulla parte lesa. Questa non è una punizione. Non c'era niente di sessuale in quello che ha appena fatto. Il viso è uno di quei punti che avevamo deciso insieme di non colpire mai, così come le mani, i piedi e i miei capelli. È arrabbiato sul serio questa volta, e non come padrone, ma come persona.
Esco dal bagno dopo poco, sapendo di dover tornare al lavoro e sperando che il rossore in viso non sia più così tanto visibile. L'assenza di commenti in cucina me lo conferma. Finisco il mio servizio senza ulteriori incidenti, rimanendo a servire ancora caffè e amari vari, per poi filare con la coda fra le gambe a cambiarmi di tutta fretta negli abiti con cui ero arrivato. Mi faccio trovare già pronto con i cappotti di entrambi davanti alla porta d'entrata ancor prima che arrivino gli altri. Jeon mi strappa la sua giacca dalle mani senza rivolgermi neanche uno sguardo, e quando il capocuoco si offre di pagarmi il singolo servizio, mi zittisce immediatamente e rifiuta l'offerta al posto mio, trascinandomi via prima che io possa dargli contro. Il viaggio di ritorno all'hotel è silenzioso e pesante, mi sembra duri un'eternità. Jeon è tutto preso dal suo cellulare e mi ignora. Cerco di distrarmi guardando i palazzi fuori dal finestrino, ma questa volta non funziona, e finisco con il torturarmi le pellicine delle unghie fino alla carne per tutto il tragitto.
Una volta in camera, Jeon non si toglie nemmeno il cappotto e si dirige subito alle valigie, raccogliendo le nostre cose mentre cammina. Le ficca alla rinfusa all'interno delle borse e corre in giro per la stanza, evitandomi.
-Mi scusi...che cosa sta facendo?- chiedo in un soffio, terrorizzato di ricevere un secondo schiaffo. Lui si ferma dov'è alzando gli occhi al cielo.
-.Preparo le valigie, mi sembra abbastanza ovvio. Torniamo immediatamente a casa, abbiamo il volo per Seoul tra un'ora.- borbotta ancora nervoso.
-M-ma...non aveva finito, il resto delle riunioni...n-non può andarsene così!- cerco di ribattere. Non capisco dove voglia arrivare, ha altro lavoro da fare, non può sparire in questo modo!
-Potresti stare zitto per un cazzo di secondo e non intralciarmi? Grazie. Siediti sulle scale fuori dalla porta e non rompere le palle.- mi sgrida volgarmente, indicando arrabbiato la porta ancora aperta. Faccio come dice, sedendomi per terra come un cane ad aspettare in silenzio. Dopo circa dieci minuti esce, carico di borse, che mi affretto a toglierli dalle mani per non fargli portare tutto, e vado a prenotare l'ascensore. Mentre lui fa il check-out, con qualche problemino a causa della nostra partenza anticipata, io chiamo l'ennesimo taxi per l'aeroporto, caricando poi le valigie nel baule da solo.
Torniamo con enorme anticipo in Corea, trovando la villa completamente deserta. E credo rimarrà così per qualche giorno, dato che tutte le domestiche sono ancora in vacanza. Entriamo in casa trascinandoci dietro i bagagli, subito lanciati in lavanderia insieme a me da Jeon, che mi ordina di riordinare tutto quanto e lavare i vestiti sporchi, chiudendosi poi a chiave nel suo studio. Mi cambio innanzitutto d'abito, andando a ripescare una divisa un po' stropicciata dal cesto della biancheria pulita. Mi dedico poi alle mie mansioni, mettendo un paio di lavatrici a girare, e riordinando il resto nel bagno principale. Pulire mi aiuta a rischiararmi le idee e calmarmi, riuscendo a pensare di nuovo lucidamente. Mi convinco che non sia successo nulla di così grave, Jeon ha soltanto perso la calma perchè era preso dal discorso e probabilmente infastidito dal viaggio in generale. Non mi odia, stasera andrà tutto bene e tornerà tutto come prima. Dopotutto non è la prima volta che mi ignora come punizione, non è mai durato più di 24 ore, sicuramente tra pochissimo cederà e verrà a cercarmi.
Gli servo la cena piuttosto presto, e non appena finisco di pulire i pochi piatti filiamo dritti a dormire, ancora scombussolati dal fuso orario e stanchissimi per il viaggio. Jeon si cambia di schiena, in un angolo della camera, e miracolosamente indossa una maglietta e dei pantaloni di stoffa leggera. Scuoto le spalle, rassicurandomi che sia solo perchè ha un po' di freddo e niente di più. Mi infilo anche io il pigiama, e mi avvolgo subito nelle coperte calde, con un leggero brivido. Jeon si sdraia accanto a me, e spegne subito le luci. Al buio mi sento un po' più coraggioso, e scivolo un po' più vicino, cercando con le mani congelato il suo corpo caldo. Ma la sua grossa mano mi stritola il polso e lo rimette al suo posto, contro il mio fianco, per poi girarmi la schiena ringhiando:
-Allontanati. E non mi toccare per nessun motivo.-P.S.
A REGA', buonasera!
La quarantena mi fa male, mi annoiavo da morire e ho pensato "ma si, proviamo a buttare giù qualcosa" e prima che me ne accorgessi, nel giro di qualche ora, ta-dah! Capitolo fatto e finito!
Sono sicuro che sarete felici di questa novità e, niente, spero che vi piaccia. Non disperatevi troppo per il finale, la situazione migliorerà ;)~L'autore

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MY MASTER -KookV-
Fanfiction-F-fa...male...- gemo quasi senza accorgermene, sentendo la mia pelle bruciare e tendersi. -Stai cercando di dire qualcosa, Taehyungie?- chiede lezioso, allungandomi un altro colpo di frusta. Scuoto la testa stringendo i denti. -Vuoi che ti elenchi...