Capitolo 10

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-Ed è grazie a questa innovativa tecnica pubblicitaria che i nostri clienti aumenteranno del 30%. Sam, mostra la simulazione.-
Sbadiglio nascosto dietro ai miei appunti. Terribilmente noioso, come ogni singolo meeting che ho dovuto sopportare nell'ultima settimana. Quante riunioni serviranno a una decina di uomini d'affari per cambiare il mercato? Sembrava una barzelletta. L'unica cosa che mi tirava su erano le infinite passeggiate serali, l'occasionale shopping e il cibo delizioso. Jeon mi aveva persino promesso che se fossi stato paziente mi avrebbe portato per musei alla fine dei suoi appuntamenti. Questa ricompensa era riuscito a tenermi buono per almeno sei giorni. Spero solo che finisca presto. Jeon prende appunti pigramente, mentre io disegno fiorellini sul bordo del mio foglio bianco, sognando ad occhi aperti la cena indiana che ci aspetta.

Guardo fuori dalla finestra davanti a me: sta piovendo. Le gocce d'acqua corrono sui vetri, e il rumore soffocato della pioggia mi culla, rendendomi un po' assonnato. Piove quasi ogni giorno qua a Londra, è a dir poco deprimente. Il cielo è grigio e nebuloso, e l'aria pungente. I nostri completi di lino e cotone sono poco adatti alle temperature del luogo, qualche giorno fa siamo dovuti correre ai ripari e comprare due cappotti imbottiti d'emergenza. Giovedì, al contrario di tutti gli altri giorni, era stata una bellissima giornata: dopo pranzo avevamo fatto una passeggiata a Camden Town e avevamo potuto toglierci le nostre giacche eleganti. Il sole splendeva e le pozze di bagnato che sporcavano le strade si asciugavano a vista d'occhio. I negozi del quartiere stavano esponendo i loro stand esterni, e Jeon lasciò che mi fermassi a guardarne alcuni. La temperatura si era alzata al punto da costringermi ad allentarmi la cravatta e aprire i primi due bottoni della camicia durante la riunione del giorno, sperando che Jeon non se ne fosse accorto. Mi avrebbe sicuramente sgridato, dicendo che era poco professionale. Potevo chiaramente sentire le gocce di sudore scendermi sulla nuca e bagnarmi la fronte, probabilmente avevo pure le guance rosse come due mele. La pausa pranzo arrivò in mio soccorso, permettendomi di uscire dalla quella stanza stipata di persone e rinfrescarmi. I colleghi di Jeon si riversarono nei corridoi bianchi dell'edificio, promettendosi di incontrarsi nuovamente dopo una breve pausa, per agguantare qualcosa per riempire lo stomaco.
Noi due ci limitammo a scendere al secondo piano con l'ascensore, raggiungendo la piccola mensa allestita per l'occasione. Afferrammo due panini imbottiti e dell'acqua prima che la folla entrasse e finisse ogni cosa commestibile. Jeon sembrava stranamente teso, nonostante non riuscissi a capire cosa ci fosse che lo disturbava. Evitava il mio sguardo, sembrava estremamente concentrato su qualsiasi cosa che non riguardasse la mia faccia. Una volta seduti a uno dei piccoli tavolini di plastica, tentai di carezzargli il dorso della mano con un dito, in modo discreto, chiedendo sottovoce:
-C'è qualcosa che non va Padrone?-
Scosse la testa, evitandomi per l'ennesima volta. Mi avvicinai ancora di più e sussurrai preoccupato:
-Ho commesso qualche errore?-
Ero stato attento a non combinare disastri, speravo di non averlo fatto arrabbiare senza volerlo.
-No, non hai fatto nulla....smettila di preoccuparti e mangia. Non ho niente.- mi rispose stizzito. Si muoveva a disagio sulla scomoda sedia, continuando ad accavallare le gambe, prima con la destra, e poi con la sinistra. Iniziava a far innervosire anche a me, era orribilmente irrequieto. Anche lui sembrava soffrire il caldo, seppur meno di me: aveva il viso lucido e arrossato. Seguii il suo ordine come mi era solito fare e scartai il mio pranzo, addentandolo subito dopo. Avevo indecentemente fame, ma i miei pranzi consistevano principalmente in acqua frizzante e panini mollicci, e quello che tenevo fra le mani non faceva eccezione. Non ero particolarmente eccitato del mio pasto. Avevano spalmato una quantità decisamente eccessiva di maionese, che aveva reso il pane bagnato, e continuava a colare ovunque. Cercavo di mangiare nel modo più dignitoso possibile, ma era praticamente impossibile, sentivo la salsa densa colarmi sul mento ad ogni morso. Dopo quattro morsi e due fazzolettini accartocciati a lato del piatto, beccai Jeon a fissarmi imbambolato, con il suo pranzo quasi intoccato fra le mani. Strappai l'ennesimo pezzo di carta dal distributore per potermi pulire, e alla vista della sua espressione da pesce lesso non riuscii a trattenermi dal ridacchiare con un sorriso malizioso:
-Non si faccia strane idee, lo vedo cosa si sta immaginando! Si concentri sul suo pranzo.-
Le sue guance si tinsero definitivamente di bordeaux e per poco non si strozzò con il boccone che stava masticando da dieci minuti. Le sue gambe sotto al tavolo si agitarono ancor di più.
È sicuro che non ci sia niente che non va Padrone?- mormorai nuovamente sporgendomi sopra ai nostri piatti, questa volta con gli occhi rivolti verso il basso. Nonostante cercasse di coprirla in ogni modo, era piuttosto chiaro che avesse un'erezione. Alzai un sopracciglio e subito dopo il mio sguardo sul suo viso imbarazzato e accaldato. Si alzò di scatto, tenendo la giacca davanti allo stomaco per coprire il suo vergognoso segreto e mi sibilò frustrato:
-Seguimi...-
Sparì dietro all'angolo nel giro di qualche secondo, riuscivo a malapena a stargli alle calcagna. Accelerai il passo fino a riuscire a braccarlo davanti alla porta del bagno. Ci si infilò, e tentò di sciacquarsi il viso con l'acqua congelata. Non so cosa mi fosse preso, ma vederlo così scomposto era una grossa novità per me e non volevo che finisse subito. Mi avvicinai a lui, lasciai che il mio stomaco coincidesse con la sua schiena e gli accarezzai il petto tremante fasciato nella camicia sussurrando:
-Posso prendermi cura io di quel problemino stasera...-
Il suo sguardo si scurì improvvisamente, si girò di scatto e mi spinse con forza nel cubicolo subito dietro di me. Rimasi sorpreso dalla sua reazione, non pensavo si arrabbiasse! Indietreggiai spaventato, ma Jeon era tutto tranne che innervosito dal mio comportamento. Anzi...sembrava eccitato. Respirava pesantemente, le sue mani cercavano febbrili ogni pertugio nei miei vestiti per potervisi infilare e toccare la mia pelle, le sue labbra chiedevano le mie, poggiandosi alla cieca e sperando in una risposta. Era completamente impazzito.
-P-Padrone...ho detto stasera, non avrà intenzione di farlo qui...- dissi lamentoso. Ero terrorizzato che qualcuno potesse entrare da un momento all'altro, ma allo stesso tempo...la situazione mi stava facendo scaldare terribilmente. Vederlo in quello stato a causa mia era estremamente piacevole: sembrava un animale, accecato dal desiderio.
-Non riesco a resistere...preferisci che ti scopi sul tavolo, nel bel mezzo della riunione, davanti a tutti? Non credo. Ora fai silenzio e sbrighiamoci prima che entri qualcuno.- sussurrò gemendo. Anche i miei pantaloni avevano iniziato a farsi stretti, pregai soltanto che soddisfacesse anche me.
Mi abbassai ben volentieri sotto ordine della sua mano, facendo attenzione a non sgualcirmi il completo, e slacciando immediatamente la sua cintura e i suoi pantaloni. Mentre io lavoravo velocemente più in basso, lui si teneva una mano sul viso, mentre tutta la tensione accumulata si scaricava. I muscoli delle gambe, inizialmente tesi, si rilassarono sotto alle mie mani carezzevoli. Tenevamo un orecchio teso per controllare che non entrasse nessuno. Dopo pochissimo mi fece alzare, penso fosse già al limite, e mi girò, facendomi poggiare le mani contro al muro grigio. Mi abbassò i pantaloni quel tanto che bastava per agevolarsi e si accovacciò a sua volta. Girai la testa e, oh Dio, che vista da capogiro. Il suo viso era affondato nella mia intimità, mentre mi preparava sapientemente con la lingua e due dita. Mi morsi il labbro in un tentativo di fare silenzio, ma un leggero gemito mi scappò in ogni caso.
-Hey, fai silenzio, mi raccomando...- mormorò alzandosi e posizionandosi dietro di me, baciandomi il collo. Iniziò immediatamente a colpire il mio punto debole, riducendomi ad un ammasso di respiri e tremore. Un leggerissimo scricchiolio ci fece fermare sul posto: era entrato qualcuno. Sentimmo l'acqua di uno dei lavandini accendersi per breve tempo, e poi una seconda porta aprirsi, vicino a noi. Molto vicino. Fissai Jeon scuotendo lentamente il capo, ma un sorrisino schifoso fece la sua comparsa sul suo viso. Scandii la parola "no" con le labbra, inutilmente. Jeon ricominciaò a spingere, estremamente lento, per non far schioccare la nostra pelle l'una contro l'altra. Sentivo chiaramente qualcuno muoversi nel cubicolo vicino e....desideravo gemere ancora più forte. Volevo che mi sentisse. Ma Jeon me lo impedì, riempiendomi la bocca con la mia stessa cravatta, mentre dava le ultime botte. Sentirlo venire dentro di me mi diede il colpo di grazia, e finii a mia volta nella sua mano. Se la leccò lussurioso guardandomi negli occhi mentre mi rivestivo. Attendemmo che l'altra persona se ne fosse andata per uscire a nostra volta e lavarci nel lavandino. Finimmo con l'arrivare in ritardo al meeting, e tra imbarazzo e scuse campate per aria ci sedemmo al nostro posto, ancora rossi di vergogna e scomposti.

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