Prologo

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-Ricordate, non è semplice culinaria. Non si tratta soltanto di arte, né di scienza. Ogni cosa deve essere equilibrata, nulla può essere lasciato al caso poiché una cosa non esclude l'altra, e dove risiede la bellezza assoluta potete essere certi che ci sia anche un accurato calcolo delle dosi. Tutti gli ingredienti collaborano tra di loro in maniera sinergica. La pasticceria è l'unione perfetta tra arte e scienza, passione e rigore- 

Adam rimase come incantato nell'udire quelle parole: le immagini provenienti dallo schermo della televisione  rimandavano tenui fasci luminosi di impalpabili colori, riflettendoli su ogni superficie che incontravano all'interno della stanza, altrimenti buia. Ciò che più di tutto sembravano illuminare e catturare nel loro effimero abbraccio, però, era proprio il volto del giovane che, come vittima di una potente malia, non era in grado di staccare gli occhi dall'immagine dello schermo.
L'immagine in questione era quella di un uomo: lo stesso che aveva pronunciato quelle parole seducenti, e non di uno qualsiasi poiché si trattava proprio di James Grover, uno dei più rinomati e famosi pasticceri, riconosciuto come tale a livello internazionale. 

Nel suo piccolo appartamento di periferia, sito in un quartiere di New York che non possedeva mezzi per fornire ai suoi abitanti chissà quali opportunità di successo, il giovane passava ogni momento libero a cercare sui canali televisivi, dedicati alla culinaria, di beccare proprio programmi che avessero per protagonista il famoso pasticcere. 
Era diventata una specie di ossessione, la sua: un modo, buono come un altro, per ritagliarsi dei momenti di pace, subendo il fascino incondizionato che aveva su di lui la voce milliflua di James Grover e dell'estrema sensualità manuale che l'uomo possedeva. Sembrava che quello accarezzasse ogni cosa come se fosse di estremo valore, preziosa, con fare quasi reverenziale, magico: i suoi gesti apparivano sempre misurati, ma così eleganti e delicati; sembrava che se si trovasse a toccare ogni cosa così come avrebbe potuto fare con il corpo di una donna, durante un intimo incontro. 

Adam arrossì pensando a quanto sarebbe stato bello sentire quelle mani su di sé: ormai, da diverso tempo, era come se quell'uomo fosse riuscito – in modo del tutto inconsapevole, dato che neanche era a conoscenza dell'esistenza del giovane –, a fare breccia nei suoi più reconditi pensieri; molti dei quali poco avevano a che vedere con la pasticceria e meno che mai si potevano considerare casti e puri.
-Ancora davanti alla TV? Lo sai che spreca luce? E la luce si paga!- sbraitò Karen, sua madre, entrando nella stanza: in contrasto con quanto aveva appena affermato, fece scattare l'interruttore della luce della stanza, illuminando l'ambiente, ma spegnendo la TV.
Adam rimase a fissarla stranito, aggrottò la fronte, ma preferì rimanere in silenzio: sino a quando sarebbero stati i suoi genitori a mantenerlo, sapeva che non avrebbe potuto muovere grandi proteste riguardo il loro modo di gestire i consumi di luce elettrica.
Trasse un lungo sospiro, mentre sua madre si aggirava per la stanza cercando di mettere ordine: la vide riporre il secchio dello straccio nel ripiano più basso del frigorifero – quello dove erano soliti tenere le bottiglie d'acqua –; mise i panni sporchi, che aveva usato per spolverare, nel cassetto delle tovaglie; si avvicinò al divano dove stava seduto il figlio e prese a battere i cuscini tra di loro. Li sollevò restando a fissarli per qualche secondo, per poi lasciarli cadere sul pavimento e correre fuori dalla stanza, improvvisamente catturata da un pensiero fugace e per il povero Adam del tutto incomprensibile.

Il ragazzo sospirò ancora, iniziando a mettere davvero le cose apposto all'interno della stanza, cercando di rimediare alle follie di sua madre.
La donna, ormai di molto avanti con l'età, sembrava che si stesse giocando il cervello con la vita e che perdesse contro di lei giorno per giorno, assumendo comportamenti sempre più strani e insensati.
Lei e il marito erano divenuti genitori del giovane Adam soltanto venticinque anni prima, quando ormai la donna si stava avvicinando pericolosamente ai cinquant'anni: anziché diventare nonna, come troppo spesso accadeva nell'era moderna, era diventata mamma e il ragazzo si era trovato presto a doversi dividere tra i suoi doveri di figlio in relazione alla vecchiaia dei suoi genitori che avanzava sempre più minacciosa, caricandolo di responsabilità.
Suo padre cercava di aiutarlo come meglio poteva, nonostante fosse più giovane di Karen soltanto di cinque anni, prodigandosi a mantenerli, mentre il figlio restava in casa per prendersi cura della madre.

Non navigavano nell'oro, non potevano permettersi qualcuno che restasse vicino alla donna ventiquattro ore al giorno e non volevano trovarsi costretti a rinchiuderla da qualche parte, con il timore che venisse maltratta o peggio – senza contare che non potevano permettersi neanche di pagare una struttura di ricovero per anziani. 
Così Adam stava rinunciando ad ogni esperienza giovanile – a qualsiasi cosa ogni ragazzo della sua età era solito sperimentare, favorito dall'essere nato in una delle più grandi metropoli al mondo –, per prendersi cura di sua madre.

Proprio mentre stava tirando fuori il secchio dal frigorifero, la porta di casa si aprì e suo padre rincasò, beccandolo mentre ultimava quell'azione. 
Johnathon, il padre di Adam, fissò il figlio per un paio di secondi, sollevò un sopracciglio rivolgendogli una muta domanda alla quale l'altro rispose con un'alzata di spalle.
-Bene- borbottò l'uomo e si inoltrò nel corridoio in cerca della moglie. 
Adam rimase a fissare per qualche secondo il punto dove sino a poco prima si trovava suo padre: si guardò la mano che reggeva il secchio e ripensò a James Grover. Ancora un paio di ore e anche quella giornata si sarebbe conclusa e lui sarebbe potuto correre a buttarsi sul suo letto, abbandonando la stanchezza, spegnendo i pensieri, lasciandosi condurre all'interno dei suoi bollenti sogni dal bel pasticcere.

Arrossì a quel pensiero e si prodigò affinché le tante cose che aveva da fare lo aiutassero a riempire il tempo, aiutandolo a restituirgli un'apparenza di velocità nel suo scorrere, sempre più di corsa verso i suoi sogni: l'unica cosa che la sua scialba vita non era ancora stata in grado di strappargli via.

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