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Si trovarono presto imbrattati di cioccolato in modo irrecuperabile. Sul viso, sulle braccia, a macchiare i vestiti, a rendere appiccicoso ogni gesto. 
James fece scorrere la lingua sulle labbra di Adam, cercando di raccogliere le tracce del dolce: il ragazzo si protese verso di lui e finì per bloccarlo contro il piano da lavoro. Allungò una mano alle sue spalle, forse con troppa foga, e invece di aggrapparsi al suo maglione, colpì la ciotola con la glassa, rovesciando addosso all'altro quanto ne era rimasto del contenuto. James gli rivolse un sguardo saturo di rabbia e si avventò su di lui, prendendo a mordergli il labbro inferiore, il mento, il collo, più volte, lasciando innumerevoli segni sulla sua pelle del suo passaggio. 

James lo spinse fuori dal cucinino, conducendolo verso il bagno: durante il tragitto si liberarono di ogni indumento, trovandosi ancora una volta pelle contro pelle. 
Senza ricordare come, Adam si trovò dentro la doccia: se ne rese pienamente conto quando l'acqua uscì dal soffione, colpendolo con il suo getto gelido. Si lasciò scappare un urletto sorpreso che subito James corse a soffocare, tornando a baciarlo, cercando, al contempo, di regolare la temperatura dell'acqua: quando quella iniziò a farsi stemperata, Adam non ragionava già più. James l'aveva obbligato a poggiare le palme delle mani contro la parete della doccia, scendendo a baciare ogni centimetro della sua schiena, seguendo i rivoletti d'acqua che lo accarezzavano, come nel tentativo di raccoglierla nella bocca. Arrivò al suo fondoschiena e lo afferrò con forza con entrambe le mani, prendendo a baciare e leccare la sua parte più intima. Adam si morse le labbra, tentando di impedire alla voce di continuare a tradirlo in quel modo, ma presto fallì, sentendosi riempire dal membro dell'uomo. Rovesciò la testa all'indietro, mentre le spinte di James si facevano sempre più decise e profonde: quello prese a mordicchiargli un lobo, poi lo succhiò piano, prima di costringerlo a  incontrare i suoi occhi, per poi riprendere a baciarlo.

-Vieni con me- gli sussurrò James in un orecchio e Adam annuì violentemente, sentendo il piacere crescere sempre di più. -Non…- mormorò l'altro, ma non riuscì a terminare la propria frase, poiché venne colto improvvisamente dal piacere, finendo per soffocare il suo urlo mordendo con violenza un lato del collo del giovane.

Rimasero qualche secondo immobili, cercando di riprendere fiato, ancora uniti: Adam sentiva le tempie pulsare a causa del contrasto tra il calore spropositato del proprio corpo e le fredde mattonelle contro le quali premeva la fronte. La carne bollente di James, il getto dell'acqua che si era fatto di nuovo freddo.
James chiuse il rubinetto, sciogliendo definitivamente il loro intimo abbraccio.

-Intendevo…- disse, schiarendosi la gola, afferrando Adam per i fianchi, per voltarlo completamente verso di sé: fronte contro fronte. -A Londra. Vieni con me- 
Adam sgranò gli occhi stupito dalla proposta del pasticcere: non si era aspettato un risvolto di quel tipo. Non aveva idea di cosa avrebbe dovuto rispondergli. 
-Perché?- gli chiese. 
James si irrigidì immediatamente: gli rivolse uno sguardo carico d'astio, per poi separarsi da lui, uscendo dalla doccia.

-Hai bisogno di un perché, Steel? Allora non hai capito un cazzo. Fai conto che non ti abbia detto nulla-
Quelle parole non piacquero ad Adam che uscì di corsa dalla doccia per inseguirlo: scivolò sul pavimento e quasi cadde in avanti; James, nonostante fosse tanto arrabbiato, si volse verso di lui, afferrandolo al volo, tornando ancora una volta a toccarlo, di nuovo troppo vicino alle sue labbra, ai suoi occhi e il suo cuore prese a battere come un forsennato. 

Aveva ragione Thomas: il suo scudo di arroganza sembrava si fosse incrinato. Aveva subito delle fratture considerevoli e non aveva idea di come fare per ripararle, perché Adam pareva ne avesse già approfittato, insinuandosi tra le fessure, prendendo possesso di lui.

L'espressione del viso di James sembrò sgretolarsi. Adam lo abbracciò, baciandogli delicatamente una spalla.
-Mi dispiace, ma non posso abbandonare i miei genitori, neanche per te. Hanno troppo bisogno di me- sussurrò. Sentì James annuire sotto le sue mani, intente ad accarezzargli i capelli, lasciandosi scorrere le ciocche umide tra le dita: sarebbe rimasto lì ad accarezzarlo per sempre. Si sentiva completo, felice davvero: un gesto tanto piccolo sembrava averlo colmato interamente, sino nel profondo, facendolo commuovere. James non era solo il suo idolo, non aveva nulla a che vedere con qualcosa di così momentaneo e superficiale: ma sapeva qual era il suo dovere. 
In quel momento, il sacrificio che si era auto-imposto gli pesò come un macigno sulle spalle. 
Si separarono ancora, scambiandosi un sorriso imbarazzato. 

La serata si concluse lentamente: com'era prevedibile, nessuno dei due ebbe più voglia di cenare e si limitarono a rivestirsi, asciugarsi i capelli a vicenda, per poi sedersi insieme nella stessa poltrona, coccolandosi un po', cercando di rimandare il loro addio. Quando anche quel momento arrivò, Adam sentì gli occhi riempirsi di lacrime e si impegnò con tutto se stesso per evitare di incontrare lo sguardo dell'altro. James si accorse dell'atteggiamento del giovane e si morse un labbro per cercare di non fargli scoprire il tremore che lo aveva colto. Non si malediva per avere deciso di organizzare quello stupido corso di cioccolateria: aveva contribuito a distruggere le sue difese, ma non avrebbe mai rimpianto quel colpo di fulmine.

Adam si concesse di dargli un ultimo bacio, dolce, lento, delicato: sapeva di cioccolato. Sorrise triste staccandosi da lui, ma poi gli volse le spalle, correndo in direzione degli ascensori, senza più voltarsi indietro.

Rincasando, Adam ebbe un attimo di smarrimento: si rese conto che non avrebbe più rivisto James.
Si lasciò scivolare sul pavimento, tirando le ginocchia al petto, premendo le mani contro le tempie, con forza.
-Adam…- mormorò suo padre, cogliendolo in quello stato.
-Ti prego, papà, niente domande- mormorò il figlio, riuscendo ad articolare a stento le parole attraverso i singhiozzi che gli scuotevano il petto.
Percepì il calore del corpo di qualcuno al suo fianco e con la coda dell'occhio si rese conto che si trattava di sua madre: Karen si rannicchiò vicino a lui, poggiando la testa contro una sua spalla, in silenzio, in paziente attesa che si calmasse.

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