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Quella sera stessa, mentre Adam fremeva dalla voglia di andare a dormire, suo padre, durante la cena, interruppe il silenzio quasi morboso,  dentro il quale il loro pasto si stava consumando, con un'improvvisa esclamazione. 
-Ah! Che sbadato!- disse e si alzò dal tavolo allontanandosi dalla cucina. Karen rimase impassibile: Adam, però, non ebbe tempo di porsi grandi domande sullo strano comportamento del padre perché quello rientrò pochi istanti dopo nella stanza, trafelato e con un gran sorriso a illuminargli il volto, nonostante in fondo ai suoi occhi si potesse scorgere un principio di imbarazzo. 

-Buon compleanno!- esclamò rivolgendosi al figlio. Adam inarcò le sopracciglia per lo stupore. -Oggi sono ventisei, eh! Ventisei anni! Volevo prenderti una torta, ma tu sei molto più bravo della maggior parte dei pasticceri della zona nel fare dolci, mi sembrava stupido… e poi un dolce finisce e basta. Quindi ho deciso di farti un regalo, nella speranza che questo possa renderti un po' felice-
-Grazie- balbettò Adam, prendendo dalle mani del padre la busta che gli stava porgendo: era rossa, elegante, sigillata con un fiocchetto dorato. Lo stupore del giovane crebbe maggiormente: suo padre gli aveva fatto dei complimenti, si era ricordato del suo compleanno, presentandosi per giunta con un regalo, a differenza sua che, la ricorrenza di quel giorno, gli era completamente sfuggita di mente. 

Aprì la busta, tirandone fuori un volantino accuratamente piegato: prese a leggere il contenuto di quanto riportava, sentendosi come catapultato all'interno di una folle centrifuga di emozioni. Era entusiasta, poi deluso, poi colmo di gioia poco prima di sentirsi un ingrato. 
-Un corso di cioccolateria- mormorò e Johnathon gli sorrise, soddisfatto di sé. 
-Sei contento?- gli chiese, evidentemente convinto di stare per ricevere una risposta affermativa alla propria domanda.

Adam poggiò il volantino sul tavolo: aveva letto il costo, per loro esorbitante, che campeggiava tra le informazioni, scritto con lettere leggermente più grandi rispetto quelle del resto del testo. Suo padre aveva pagato quasi seicento dollari per iscriverlo a un corso di cioccolateria: come poteva fargli presente che quel tipo di cose poco avevano a che vedere con la sua vera passione? Il cioccolato era importante per un pasticcere, per le sue creazioni, ma essere un cioccolatiere non era esattamente quello che Adam desiderava per sé. Avrebbe di gran lunga preferito potere partecipare a qualcosa di meno specifico, un corso generale di pasticceria,  magari: a essere sinceri, il cioccolato neanche gli piaceva, preferiva di gran lunga i dolci alla crema. 
Eppure, non se la sentì di ferire suo padre, mostrandosi insoddisfatto per quel suo grande dono.

-Non… Hai speso tanti soldi- borbottò, abbassando gli occhi sulla superficie del tavolo.
-Soldi?! Non ne abbiamo!- urlò Karen, battendosi una mano contro una tempia. -Dobbiamo risparmiare! La settimana prossima ci sarà un concerto: ho detto a mia madre che me lo sarei pagata da sola, altrimenti non mi farà andare. Capito Johnny, caro? Dobbiamo festeggiare il nostro fidanzamento- Adam sollevò un sopracciglio rivolgendo la propria attenzione sulla madre, per poi cercare di ottenere chiarezza da suo padre, fissandolo in viso. Johnathon scosse la testa, batté una mano su quella che la moglie teneva poggiata su di una gamba con fare affettuoso, prima di rispondere al suo sproloquio.
-Ma certo, cara, non ti preoccupare. Parlerò io con tua madre e andremo insieme al concerto per festeggiare-
-Bene- rispose sua moglie, fissando gli occhi nel vuoto, smettendo di mangiare. L'uomo si lasciò sfuggire un sospiro e prese a imboccare la moglie, aiutandola a concludere la sua cena.
-Fai tanto per la nostra famiglia, Adam. Non ti concedi mai uno svago, un capriccio. Senza di te non so come avrei fatto sino ad oggi, data la situazione. Sapevo che ti saresti attaccato a quel… particolare, ma non sapevo come fare per nasconderlo senza rovinare il volantino. Però, sono sincero, tesoro: te lo meriti. Non pensare a quanto mi sia costato. Se l'ho fatto vuol dire anche che potevo permettermelo-

Adam si emozionò a quelle parole e si morse un labbro, prendendo a sparecchiare la tavola, cercando di nascondere al padre il rossore che sentiva avergli scaldato le guance.
-Come faremo con la mamma?- chiese, mentre poneva le stoviglie nella vasca del lavello, ponendosi di spalle a suo padre.
Johnathon rimase in silenzio per un po', alla fine abbassò lo sguardo sulle ginocchia, tentando a sua volta di nascondere la propria espressione al figlio: sapeva di non essere in grado, in quel preciso istante, di celare il proprio tormento interiore e non voleva che Adam si voltasse improvvisamente nella sua direzione beccando la tristezza e la preoccupazione sul suo viso. Aveva fatto una follia, ne era consapevole, così come, a sua discolpa, sapeva di aver agito spinto da un desiderio irrefrenabile di vedere il figlio sorridere e impegnarsi in una cosa tutta sua, senza vincoli familiari di sorta. Non poteva immaginare, quando aveva acquistato per lui un posto all'interno di quel corso, ciò che sarebbe accaduto quella stessa mattina.

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