-Tutto bene?-
Adam percepì una netta sensazione di tepore scaldargli il petto: si svegliò poco alla volta, mentre il sonno abbandonava lentamente il suo corpo, aiutandolo a tornare cosciente, guidato dalla voce soave del suo idolo, come spesso gli capitava.Quella volta però, si irrigidì subito, prima ancora di aver permesso ai suoi pensieri di tornare del tutto lucidi, senza riuscire ad allontanare completamente quella sensazione di palloncini nella testa, tipica di ogni risveglio.
Sgranò gli occhi, si mise di colpo a sedere: una fitta improvvisa gli trapassò il cranio, annebbiandogli la vista per un paio di secondi. Quando, finalmente, tornò a vedere chiaramente quanto lo circondava, non poté fare a meno di arrossire.James Grover si trovava di fianco al letto sul quale il giovane stava disteso e lo fissava con un'espressione indecifrabile dipinta sul viso.
I capelli scuri gli sfioravano a malapena l'arcata superiore delle orecchie; gli occhi chiari sembravano imperscrutabili, glaciali, eppure suscitavano una strana sensazione di calore nel giovane, che continuava a fissarlo a bocca aperta, oltremodo stupido di quell'inaspettato dono della vita.
Suo padre gli aveva fatto il regalo più bello del mondo!Adam fissò la propria attenzione sulla bocca del suo ospite: le labbra morbide gli rimandavano alla mente una sola parola, ma il ragazzo lottò con tutte le forze contro se stesso per evitare anche soltanto di pensarla. La mandibola di James sembrava donare al suo viso una linea decisa, senza la quale l'interno volto, probabilmente, sarebbe apparso meno severo, più fanciullesco e ciò era sensualmente accentuato dalla curata, corta barba che la incorniciava. Indossava una camicia bianca sopra dei pantaloni neri, dal taglio elegante: più che un pasticcere, al giovane parve di stare al cospetto di un sex symbol capace di campeggiare sulla copertina della rivista dedicata all'uomo più bello dell'anno senza problema alcuno, spodestando con facilità ogni concorrenza di quel tipo.
Adam ricordò del loro incontro clandestino di qualche notte prima e il suo imbarazzo crebbe sino a farlo sentire soffocare.Per sua fortuna, James Grover non poteva leggere tra i suoi pensieri, quindi quell'episodio rimase perfettamente al sicuro dentro la sua testa.
-Dove sono?- domandò Adam confuso, cercando di nuovo di mettersi a sedere: quella volta ci riuscì, anche se con un po' di fatica.
-Nella mia camera d'albergo. Ti ho portato qui dopo che sei svenuto poco fa-
-Svenuto?- balbettò Adam.
James avvicinò una sedia al letto e prese posto, poggiando una mano sul materasso, pericolosamente vicino al fianco di Adam.
Nella sua camera d'albergo, aveva capito bene? Era nel suo letto?! James aveva già dormito tra quelle lenzuola?
Quindi aveva intuito bene: si trovavano all'interno di un albergo, le lezioni del corso erano state organizzate lì. Non avrebbe avuto senso trasportare il giovane, svenuto, da qualche altra parte, quindi era probabilmente che Grover lo avesse spostato da un piano all'altro, lasciando la cucina in favore della sua stessa stanza.Il giovane spalancò gli occhi, fissando quella mano, senza potersi impedire di ricordarla intenta in ben altre attività… che poi tutto quello fosse accaduto soltanto nella sua mente, era assolutamente secondario. Il suo corpo lo aveva vissuto come una cosa reale e sembrava che stesse tornando a rispondere a quella vicinanza, a maggior ragione che quella volta era del tutto reale.
Deglutì un paio di volte.
-Sicuro di sentirti bene?- domandò James, fissando i suoi occhi di ghiaccio in quelli scuri dell'altro. Adam si limitò ad annuire piano, certo che la sua voce non sarebbe potuta correre in suo soccorso in quel momento.
-Sono contento di saperlo. Stavo per chiamare un'ambulanza, ma se stai bene, vorrei evitarlo. Anche perché, non avendo idea di che fare, ti ho portato qui e non vorrei che qualche paparazzo venisse a conoscenza di questa storia, ricamandoci sopra qualcosa che non è-Quelle parole, senza un motivo apparente, spensero di colpo tutte le fantasie del giovane: Adam annuì.
-Mi dispiace- mormorò.
-Non scusarti. Cose del genere non sono prevedibili. Adesso io tornerò dalla mia classe. Quando ti sarai ripreso potrai raggiungerci, oppure presentarti direttamente alla prossima lezione-
-Va bene- rispose Adam, abbassando gli occhi sul lenzuolo che lo copriva a malapena sin sopra la pancia. Eppure non sentiva freddo: era probabile che la stanza fosse riscaldata in modo artificiale.-Ti ho lasciato un dolce- disse James alzandosi dalla sedia: la mise a posto, prendendo dalla scrivania, che si trovava ai piedi del letto, un piattino di ceramica e una forchettina che poggiò delicatamente sul comodino più vicino ad Adam, senza che quelli, scontrandosi con la superficie, emettessero alcun rumore.
Adam sgranò gli occhi.
-Magari hai avuto un semplice calo di zuccheri- continuò l'uomo.
Il giovane fissò il piccolo dolce ricoperto di cioccolato: sembrava che avesse puntato addosso decine di fari tanto era lucida la glassa. Granelli di noccioline tostate lo abbracciavano in tutta la parte inferiore e una briciola di foglia d'oro era stata adagiata sul ricciolo di crema, anche quello al cioccolato, che lo sormontava.
Era così bello che, per un attimo, dimenticò persino il suo ribrezzo per il cioccolato.-Mangia, non fare complimenti. Offre la casa- disse ancora James, avvicinandosi alla porta della stanza.
-L'ha fatto lei?- domandò Adam con voce tremula.
James si fermò con una mano già sulla maniglia della porta. Si volse nella direzione del ragazzo e le sue labbra si incurvarono in un sorriso.
-Naturalmente. Non mangio dolci fatti da altri, io. E quello era per me, ma preferisco che lo mangi tu. Mi scoccerebbe non poco terminare la mia prima lezione con uno studente in meno. Rovinerebbe la perfezione d'insieme- disse l'uomo e Adam tornò ad arrossire, leggendo tra quelle parole qualcosa che, probabilmente, esisteva solo nella sua mente.
-Ma…- balbettò il giovane.
-Potrei arrabbiarmi- lo interruppe James. -Non sprecare il mio dolce, Steel- e detto quello, uscì dalla stanza.Adam si alzò di colpo dal letto: il movimento improvviso lo costrinse a trovare appoggio sul comodino, in attesa che il nuovo capogiro che lo aveva colto passasse, cosa che accadde nel giro di qualche secondo. Il giovane tornò in posizione eretta piano, concedendosi brevi respiri. Quando si fu calmato del tutto, si permise per un istante di ripensare alla situazione assurda all'interno della quale si trovava.
"Calma, Adam. Adesso sa che esisti, grandioso! Ma questo non cambierà di certo le cose tra di voi. E poi potrebbe rivelarsi un grandissimo stronzo e il tuo mito andrebbe a farsi fottere nel giro di poco", pensò e si avvicinò al piattino di ceramica, puntando gli occhi sul dolce che conteneva: se si sforzava appena un po' a decifrare le immagini riflesse sulla glassa, poteva persino riconoscere la sua stessa sagoma, deformata.
"Che arrogante! Non mangia dolci preparati da altri", pensò ancora, prima di decidersi di afferrare la forchettina poggiata di fianco al piattino e iniziare a mangiare.La prima cosa che percepì fu l'odore: troppo dolce per i suoi gusti e gli rimandava quella sensazione tipica di dessert appena uscito dal frigo. Era strano da spiegare a parole ed era un odore tipico di quei dolci preparati da dei professionisti, quasi impossibile da riprodurre in casa, dove ogni cosa che si cucinava sembrava assorbire il calore dell'ambiente familiare in cui veniva preparato.
Deglutì leggermente disgustato: bellissimo, profumato e… al cioccolato!
Non aveva intenzione di far arrabbiare James Grover e così si decise a mandare giù il primo boccone, cercando di ignorarne il sapore, ma quello giunse immediatamente a solleticare le sue papille gustative, dapprima corteggiandole appena: percepì la dolcezza e il delicato retrogusto amaro del cioccolato, che lo sorprese, insieme alla morbida consistenza in netto contrasto con la croccantezza delle noccioline che, non solo erano tostate, ma anche abilmente caramellate.Quasi si commosse a quel primo assaggio, lasciandosi stregare, oltre che dall'aspetto mozzafiato, anche dall'incredibile talento del suo creatore. Non era un esperto nel senso stretto della parola, ma adorava i dolci: erano il vero e unico capriccio che si permetteva di tanto in tanto. Sino a quel momento aveva consumato soprattutto quelli di una piccola pasticceria italiana che si trovava nello stesso quartiere dove lui viveva, e che vendeva la propria merce a prezzi non troppo esorbitanti, sicuramente di molto inferiori rispetto a quelli che si potevano trovare fuori dalla loro zona: se fino a qualche secondo prima lo avessero interrogato a riguardo, avrebbe risposto senza indugio che, tra tutti quelli che aveva gustato nella sua vita, i dolci di quella pasticceria erano, per lui, i migliori al mondo.
Fino a quel momento, appunto.
Trasse un profondo respiro, per poi iniziare a mordicchiare piano i rebbi della forchettina, guardando il piattino ormai vuoto: quando sarebbe finito quel sogno? E come avrebbe fatto a tornare alla normalità, alla sua scialba vita, dopo che si era trovato a toccare da vicino tanta meraviglia?

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CHOCOLAT
RomanceAdam ha due grandi passioni: i dolci e James Grover. La sua vita è complicata, piena di rinunce, ma non è una persona triste: ha accettato il suo destino cercando di trarre forza da i suoi stessi sogni - quasi tutti decisamente poco casti. Eppure...