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La sua prima lezione da insegnante era già terminata da un po': James rientrò in albergo dopo essere stato fuori a fare un po' di spesa. Aveva richiesto e ottenuto una stanza in cui era presente anche un piccolo cucinino: era essenziale per lui avere a disposizione una tale opportunità. Era un uomo quasi privo di vizi e capricci, ma l'unico che si concedeva giornalmente era il consumo di un dolce a fine giornata e ci teneva a prepararlo personalmente: mai in compagnia di qualcuno, mai a opera di un'altra persona qualsiasi, fosse quella anche un suo collega. 

Si fidava soltanto di se stesso, delle sue capacità: in molti lo tacciavano di essere arrogante e James, allora, si limitava a stringersi nelle spalle nel sentirsi rivolgere di tali accuse, assimilandole senza mai ricevere anche il colpo. Ne era consapevole e la sua arroganza si era sviluppata, quasi incattivita nel corso del tempo, crescendo con lui.
Dopo avere riposto le sue compere, si guardò attorno, analizzando ogni particolare della stanza, stando attento che tutto fosse perfettamente a posto secondo la sua idea meticolosa di ordine.

Non era soddisfatto della sua prima lezione da insegnante: era arrivato in ritardo; aveva dovuto prendersi cura di quell'idiota che aveva avuto l'ardire di svenire. Il ritardo si era protratto a dismisura a causa di quell'imbecille; i suoi studenti si erano da subito rivelati degli incapaci e persino Jen, sua sorella, aveva fatto di tutto per mettergli i bastoni tra le ruote, assumendo un atteggiamento irriverente nei suoi confronti, rivelando a tutti sin da subito quale tipo di rapporto li legava. 
Sbuffò spazientito, guardò l'ora segnata sul suo orologio da polso e sentì lo stomaco chiudersi: era ora di cena, ma lui aveva perso l'appetito. 

Infastidito, si decise a uscire di nuovo, recandosi direttamente nel ristorante dell'albergo: trovò la sala abbastanza affollata, anche se tutti i tavoli erano separati tra di loro da finte pareti fatte di piante rampicanti che si innalzavano verso l'alto, aiutate da delle reti spesse, senza che, però, arrivassero a toccare il soffitto. Piccoli lampadari di cristallo illuminavano individualmente i tavoli; le sedie erano tutte rivestite di impalpabili stoffe di colore avorio. Il pavimento della sala era lucidissimo, tanto che a ogni passo l'attrito tra quello e le suole delle scarpe produceva un fastidioso rumore.
Le pareti erano state tinteggiate con un caldo colore salmone, che bene si sposava con quelli tenui della tappezzeria e quello scuro dei vari mobili di legno massello che riempivano la grande stanza.

James si sentiva sempre a disagio in luoghi come quello: da un lato lo affascinavano, lo riempivano d'orgoglio – dopotutto, si era guadagnato il diritto di potersi permettere di alloggiare, di organizzare un corso affittando parte delle cucine di un posto come quello. D'altra parte, era la semplicità quella ch'era in grado di metterlo a suo agio, di farlo sentire a casa – anche se non metteva piede nella sua da più di un anno, impegnato com'era stato sino a quel momento a girovagare per il mondo, supervisionando l'apertura delle pasticcerie che aveva inaugurato in diverse città.

Puntò dritto verso l'angolo bar: prese posto su uno degli sgabelli dalla seduta imbottita e richiamò l'attenzione del barman, sollevando appena due dita nella sua direzione. Ordinò uno scotch, che gli venne servito nel giro di pochi secondi: si trovò con il bicchiere poggiato sul ripiano lucido del bancone, tra le mani, e rimase lì a fissarlo per un tempo indefinito, senza degnarsi di berne neanche un goccio.

-Ti rovini il palato?- gli chiese qualcuno e anche se James non si voltò nella sua direzione, riconobbe immediatamente la sua voce. Si portò il bicchiere alle labbra e bevve velocemente il suo contenuto, più per ripicca che per una reale voglia di bere.
-Non ci trovo nulla di male, Thomas- ribatté, volgendo lo sguardo in direzione del collega.
Thomas Black si trovava a un paio di passi di distanza da lui: indossava un elegante completo da sera, anche se la linea era andata perduta, accogliendo diverse spiegazzature. Teneva le giacca abbandonata su di una spalla, i primi bottoni della camicia erano fuori dalle asole e la cravatta era stata allentata intorno al collo.

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